Spagna, allarme peste suina africana in Catalogna: trema il settore delle esportazioni
- Postato il 12 dicembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Da oltre una settimana, in Catalogna non si parla d’altro: alcuni cinghiali trovati morti nel Parco Naturale di Collserola, alle porte di Barcellona, sono risultati positivi alla peste suina africana (PSA). Il parco si trova a poca distanza dal campus dell’Università Autonoma di Barcellona e dal comune di Cerdanyola del Vallès, dove il 25 e 26 novembre sono stati registrati i primi casi. Inizialmente i casi confermati erano sei, ma nel giro di pochi giorni il numero è salito a tredici.
Le autorità – regionali e nazionali – hanno risposto immediatamente con un piano di emergenza: è stata chiusa al pubblico l’area del parco, sospese le attività ricreative, venatorie e forestali, imposto un perimetro di contenimento del contagio (prima un raggio di 6 km, poi esteso con una zona di controllo più ampia di 20km) e attivata una vigilanza massiccia. Volontari, agenti forestali e personale militare sorvegliano la zona, mentre protezioni e divieti di accesso sono stati installati anche per scoraggiare qualsiasi contatto con fauna selvatica. Si teme infatti che il virus possa andare in zone con maggior densità di cinghiali e in regioni di maggior produzione suina.
In parallelo, la Commissione Europea, su proposta della regione, ha ordinato l’espansione della “zona di restrizione” a ben 91 Comuni nella provincia di Barcellona, coprendo circa un terzo dei municipi: le misure comprendono un blocco alle esportazioni di suino fuori da tale area e una serie di “misure di emergenza provvisorie” per fermare la diffusione del virus. Le conseguenze per l’industria suinicola catalana rischiano di essere enormi.
I dati più recenti mostrano che le esportazioni di carne suina da Catalogna verso paesi extra-UE ammontavano lo scorso anno a circa 1.144 milioni di euro. Quelle esportazioni , essenziali per la filiera suinicola locale, sono state praticamente sospese. Su scala nazionale, la situazione non è più serena dal 1994: con questo focolaio, la Spagna perde temporaneamente lo status di “Paese libero da PSA”, e già un terzo dei certificati di esportazione suinicola sono stati bloccati, con effetti ad a catena su decine di mercati internazionali.
Dal lato del mercato interno, l’impatto si vede sulle tavole dei macellai e allevatori. Il prezzo del maiale, già in sofferenza, è crollato drasticamente, scendendo a circa 1,20 €/kg nei listini del mercato all’ingrosso di riferimento, quando il costo di produzione si aggira tra 1,40 e 1,45 €/kg. Alcuni allevatori stimano perdite nell’ordine di decine di milioni di euro solo in Catalogna.
L’importanza del comparto: suini come pilastro dell’economia catalana e spagnola
Il settore suinicolo non è di secondo piano: l’industria suina spagnola è una delle principali in Europa. A livello nazionale, le esportazioni di carne di maiale valgono circa 8,8 miliardi di euro all’anno verso oltre cento paesi. Per la Catalogna, la suinicoltura rappresenta un pilastro dell’economia agroalimentare: la carne suina era prima del blocco una voce fondamentale nelle esportazioni alimentari, coprendo circa il 19% dell’export totale agroalimentare regionale. Inoltre, il settore dà lavoro a decine di migliaia di persone , tra allevamenti, trasformazione, logistica e commercio , e coinvolge una lunga filiera che tocca allevatori, industria, trasformazione e distribuzione. In una dichiarazione recente, la dirigenza del settore ha già chiesto misure di aiuto e l’attivazione di linee di credito d’emergenza per sostenere le aziende colpite.
Cosa sta succedendo adesso e cosa rischia il comparto
Al momento, non sono state rilevate infezioni in allevamenti domestici vicini ai focolai: tutti i casi confermati riguardano cinghiali selvatici. Questo è un dato incoraggiante, ma le autorità mantengono un allarme alto, perché il salto da fauna selvatica ad allevamenti domestici rappresenta sempre un rischio gravissimo. Allo stesso tempo, la chiusura delle esportazioni extra UE, il crollo dei prezzi, la perdita di mercati strategici (come Cina, Messico, Giappone, Sud-Est asiatico e Americhe) e i costi legati ai controlli e alla bio-sicurezza possono trasformare il focolaio attuale in una crisi strutturale per molti operatori del settore. I prossimi giorni, come sottolineato dal governo, saranno cruciali: si deciderà se il focolaio resterà confinato o se dovrà essere dichiarato “epidemia nazionale”, con conseguenze ancora più pesanti.
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