“Spesi bene questi 20k?”: bufera sul video della Scuola Holden rimosso e il racconto dell’ex allieva. L’istituto a FqMagazine: “Per ora siamo concentrati sulle lauree”

  • Postato il 28 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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La Scuola Holden è la più chiacchierata delle ultime ore. Il motivo? Un video postato sui social e poi rimosso che fa dell’ironia sui costi da alcuni giudicati eccessivi a fronte delle reali opportunità lavorative che offrirebbe, e soprattutto la testimonianza di una ex studentessa che ha deciso di raccontare la propria esperienza, non esattamente felice con la scuola fondata a Torino nel 1994 da Alessandro Baricco, tra gli altri.

“Spesi bene questi 20k per la scuola Holden?” è la domanda che campeggia nella clip condivisa su TikTok dalla scuola e poi rimossa (ma salvata da altri profili), “Benissimo perché vedo sorridere mia figlia” risponde una madre, “Dovremmo chiederlo alla nonna” è la replica di un altro genitore che fa intuire che sia stata proprio la nonna a finanziare il percorso formativo del nipote. Il video sarebbe una risposta dell’istituto privato al polverone sollevato qualche giorno fa da una ex allieva che sui social risponde al nome di Kants Exhibition. Il condizionale è d’obbligo, perché FQMagazine ha contattato la scuola per chiedere conto della clip e per un commento sull’intera vicenda, ma l’istituto ha fatto sapere che al momento preferisce rimanere concentrato su un passaggio importante per gli allievi come la cerimonia di laurea di Academy che si è svolta nella giornata di ieri venerdì 27 giugno.

Ma che cosa ha detto l’ex studentessa sulla scuola in questione al punto da scatenare un caso mediatico? Risale allo scorso 16 giugno un lungo post da lei scritto sul proprio blog intitolato “La Scuola Holden e la filiera della creatività a pagamento”. La ragazza specifica di aver frequentato l’istituto – che offre corsi di scrittura, cinema e sceneggiatura – dal 2018 al 2021, prima dell’acquisizione della scuola da parte di Fondazione Feltrinelli. Una precisazione importante perché, come sottolinea lei stessa, oggi alcune cose nell’organizzazione potrebbero essere diverse. “Quanto costa diventare narratori? E cosa succede quando un sogno promesso si trasforma in una macchina di esclusione e silenzio?” si chiede Kants Exhibition, che confessa di essere entrata nella scuola con grandi aspettative e di esserne uscita “con una pergamena, molte domande e una ferita aperta”. Il suo, prosegue, non vuole essere un attacco, ma il resoconto di quel che ha vissuto; non un modo “per distruggere, ma per far emergere una realtà che spesso resta coperta dal prestigio e dalla narrazione istituzionale”. Se ha deciso di parlare solo ora è per “paura di ritorsioni, chiusure, porte sbattute in faccia in un settore dove le porte sono già pochissime e spesso aperte solo a chi ha la chiave giusta”.

A finire sotto la lente d’ingrandimento dell’ex allieva sono numerose questioni, a partire dall’organizzazione dei corsi (“Non esiste un piano didattico pubblico, non ti viene fornito un monte ore, non c’è un programma ufficiale o trasparente”) e dal ruolo dei mentori e coordinatori che, secondo la diretta interessata, non sempre seguirebbero gli studenti come dovrebbero. Perplessità anche sui metodi di valutazione, che in realtà non esisterebbero o sarebbero piuttosto fumosi (“Era una scuola senza voti, quindi l’unico modo per capire se stavi ‘andando bene’ era guardare quanto eri cercato, invitato, inserito, ammirato”) e sul clima che si respirerebbe in istituto (“La competizione non era esplicita, ma onnipresente. Una gara silenziosa, spesso feroce, sotto sorrisi larghi e badge al collo”).

Poi si passa alla questione economica. Il biennio sarebbe costato 20mila euro, ma a fronte di questa cifra il percorso intrapreso alla Holden “non rilascia alcun titolo legalmente riconosciuto. Solo un attestato di frequenza”. La ex studentessa si interroga dunque sul valore che la “pergamena con firma di Baricco” può avere: alcuni compagni di studio, racconta, hanno trovato lavoro, ma si tratterebbe di “attività raggiungibili anche senza un investimento da 20.000 euro”. Altri, invece, avrebbero cambiato radicalmente strada “perché la Holden, più che una scuola, è un sistema chiuso: se ci entri bene, ti protegge. Se sei fuori asse, ti lascia lì. Non è una rete, è un club”.

Tra le storie Instagram l’ex allieva condivide un video del 2022 della scuola Holden in cui ci si chiedeva, sempre in chiave ironica, se fosse frequentata solo da “figli di papà”: “Trasformano un problema reale in contenuto virale” commenta la ragazza. “Questa comunicazione è dannosa ancora oggi. Perché banalizza un problema strutturale, lo trasforma in contenuto virale, e scredita chi solleva dubbi legittimi. Fa passare l’esclusione per folklore, la critica per vittimismo, l’ironia per trasparenza. Ma se ridere serve a evitare il confronto, allora è solo una risata di potere”.

Infine, facendo riferimento alle tante testimonianze di coloro che, come lei, avrebbero avuto esperienze simili, si rivolge direttamente all’istituto chiedendo di aprire un dibattito e rispondere a chi, sulla scia della sua testimonianza, sta condividendo anche la propria. “In maniera seria” specifica, “non a colpi di meme, post ironici o passivo-aggressivi. Perché questa non è più solo la mia storia. È diventata la storia di molti”.

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Il Fatto Quotidiano

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