Sport, il disastro del governo è completo: nel decreto approvato resta solo l’occupazione meloniana delle Atp Finals
- Postato il 5 agosto 2025
- Sport
- Di Il Fatto Quotidiano
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Prima una, poi due, alla fine addirittura tre modifiche, già fuori tempo massimo, per accogliere in extremis i rilievi avanzati dal Quirinale ed evitare lo scontro. Col paradosso, però, che il Decreto Sport che esce dal Senato e sarà approvato in via definitiva in giornata, è persino peggiore di quello che ci era entrato: ovvero, di fatto, una legge ad hoc per l’occupazione politica delle Atp Finals di tennis, senza la norma che estendeva un principio tutto sommato di buon senso (il controllo governativo in presenza di contributi pubblici) anche alle altre manifestazioni sportive. È il risultato del cortocircuito istituzionale tra Palazzo Chigi e Quirinale che ha portato a una giornata convulsa a Palazzo Madama, dove la maggioranza ha ripetutamente cambiato idea sul da farsi, e il ministro Abodi ha perso il controllo del suo Decreto (lui stesso ha ammesso di aver fatto un “passo di lato” rispetto ai lavori in commissione, annunciando che si sarebbe andati “rispettosamente” avanti sulla presenza di Sport e Salute nei grandi eventi, dichiarazione che ha fatto ulteriormente irrigidire il Quirinale ed è stata poi smentita dai fatti).
Negli scorsi giorni, infatti, la Presidenza della Repubblica aveva posto delle obiezioni a due articoli in particolare: alcuni commi dell’articolo 11, sull’ormai imminente Commissione di controllo governativa sui bilanci delle squadre di calcio (annunciata più di un anno fa, vedrà finalmente la luce nei prossimi mesi con presidente Massimiliano Atelli, ex magistrato della Corte dei Conti, capo di gabinetto di Abodi, e segretario generale Mario Morelli, avvocato e grande esperto di diritti tv e fidato consulente di Giorgetti); e poi in maniera più strutturale sull’articolo 9-quater, quello appunto sulla presenza di Sport e Salute negli eventi con contributo pubblico superiore a 5 milioni.
Inizialmente, il governo sembrava intenzionato a scendere a compromesso soltanto sul primo, e a tenere il punto sul secondo, particolarmente caro a Fratelli d’Italia, che ha piazzato i suoi luogotenenti meloniani al vertice della società governativa. Gli emendamenti approvati tolgono il ricorso al giudice ordinario in caso di controverse sui contributi che i club dovranno versare alla Commissione (rimane la competenza del giudice amministrativo) e poi la possibilità di tener conto del servizio svolto dal personale “federale” in prestito alla Commissione, in caso di partecipazione a concorso pubblico. Parliamo davvero di tecnicismi. In serata, però, il colpo di scena: la decisione di stralciare anche il 9-quater, in blocco, per timore che le prime due modifiche non fossero sufficienti a ottenere la firma del Colle.
Il governo ha dovuto cedere al Quirinale, la cui ostinazione non si può spiegare solo con la fondatezza dei rilievi mossi, né la mancata urgenza (che si potrebbe contestare a tante norme di tanti altri decreti). Probabilmente si tratta di un messaggio politico, su una materia tutto sommato minore, per le cui modifiche dalla premier Meloni in giù non si strapperanno i capelli. Il 9-quater, poi, non aveva seccato solo il Colle ma una parte dello stesso movimento sportivo, sempre geloso della sua autonomia: avrebbe toccato gli interessi di altri eventi, non menzionati nel decreto che pure ricevono più di cinque milioni pubblici di contributo. Come – tanto per fare un esempio – il Gran Premio di Monza organizzato dal potente Aci, appena passato sotto le mani di Geronimo La Russa, figlio del presidente del Senato Ignazio. Avrebbe potuto dar fastidio anche a Rcs e Urbano Cairo, per l’organizzazione del Giro d’Italia. Oppure agli Europei di volley. Vedremo se sarà ripresentato in un altro veicolo normativo, cioè un disegno di legge.
Sta di fatto, però, che il risultato è abbastanza paradossale. Il 9-quater era proprio l’articolo che abbelliva un decreto piuttosto autoritario, dando carattere generale all’ingresso della società Sport e Salute nella gestione degli eventi sporti, inizialmente previsto per le Atp Finals. Non è un caso che in origine l’emendamento era stato proposto dall’opposizione (dal responsabile Sport Pd, Mauro Berruto), e seppur assorbito con alcuni stravolgimenti dalla maggioranza, aveva introdotto un principio tutto sommato condivisibile: dove c’è un contributo pubblico (nello specifico, superiore a 5 milioni di euro), c’è anche un controllo governativo. Per altro, il testo lasciava libertà di scelta all’organizzatore tra la condivisione con Sport e Salute e l’adesione alle procedure a evidenza pubblica. Saltato questo articolo per volere del Colle (che ne ha contestato la mancata urgenza ma anche la disparità di trattamento: per come era scritto, sarebbe valso per tutti gli eventi tranne le Finals di Torino, e questa formula tradiva le reali intenzioni dell’esecutivo), rimane davvero solo l’occupazione politica del tennis, per cui adesso il presidente Binaghi sarà costretto a scegliere tra l’autonomia e 100 milioni di finanziamenti. Un decreto ad eventum. Quando la pezza è peggiore del buco.
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