Sprazzi d’ottimismo: la destra americana guarda a Reagan, non a Trump

  • Postato il 12 dicembre 2025
  • Di Il Foglio
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Sprazzi d’ottimismo: la destra americana guarda a Reagan, non a Trump

Al direttore - Caro Cerasa, che batticuore quando ho sentito cantare i compagni “Bella Ciao” contro la presenza dell’editore Passaggio al Bosco e del suo catalogo nazifascista alla fiera “Più libri più liberi”. E che commozione quando li ho sentiti cantare “Francamente me ne infischio” (di Mogol e Gianni Bella) per la presenza di Sandro Teti Editore – la tipografia italiana del Cremlino – e del suo catalogo nazifascista duginiano. Resistenza à la carte. Prezzi modici e servizio gratis.

Michele Magno

A proposito di resistenza. Ieri sul sito del Corriere, Federico Rampini ha offerto uno sprazzo di ottimismo. Secondo un sondaggio illustrato da Karl Rove, la base repubblicana americana non segue l’isolazionismo trumpiano: gli elettori Maga sostengono la Nato, vogliono un ruolo guida degli Stati Uniti nel mondo e appoggiano l’Ucraina più di quanto dica la dottrina della Casa Bianca. Sintesi del sondaggio: la tradizione reaganiana, non quella di Trump, resta la bussola della destra americana. Stessa tesi del Wsj di tre giorni fa. Editoriale: la nuova Strategia di sicurezza nazionale di Trump appare contraddittoria perché minimizza la minaccia di Cina e Russia, privilegia il continente americano e irrita gli alleati, e il suo documento sulla sicurezza nazionale anziché chiarire la dottrina americana rivela solo incertezze e debolezze. Chissà.

   

   

Al direttore - Sono un assiduo lettore del Foglio, non concordo sempre su tutto, ovviamente, ma mi piace perché lo trovo istruttivo, spesso riesce a far pensare, non poca cosa in un mondo di banalità. L’impulso a scriverle mi è sorto dalla lettura dell’editoriale di giovedì 11 dicembre sul divieto australiano all’uso dei social ai minori. In linea di principio, il suo ragionamento fila, a condizione che si abbia, come lei e l’enorme massa di utilizzatori, un giudizio positivo su questo mezzo moderno. Infatti, lei scrive: “Se uno strumento prezioso genera degli abusi, si interviene per limitare gli abusi, non per limitare lo strumento”. Impeccabile! E quanti altri esempi si potrebbero usare, anche solo dando una sbirciata alla storia dell’evoluzione umana. Ma per la sparuta minoranza, alla quale mi onoro di far parte, che non frequenta i social per scelta, nel mio caso dopo essermi cancellato tempo fa per le ragioni che comprenderà nella lettura, il suo editoriale lascia alquanto perplessi. Io penso che i social siano un acceleratore formidabile di alcuni dei difetti più evidenti della nostra società: individualismo, superficialità, aggressività, svogliatezza verso il dialogo, l’ascolto, la curiosità, e il vero problema, come per l’AI, non è l’abuso dello strumento ma l’uso che ne fa la suddetta massa. Un uso che chiamerei sostitutivo: invece che un rafforzamento delle sane attitudini umane che sono l’opposto dei sostantivi che ho usato sopra, abbiamo via via assistito a una sostituzione massiva di quelle attitudini umane con comportamenti edonistici, frenetici, virtuali, refrattari all’approfondimento e alla conoscenza del diverso. Come vede, non ho scritto che i social sono la causa, ma un acceleratore di quei difetti perché sono consapevole che altrove risiedano le ragioni dell’intristimento dell’umanità contemporanea. Aggiungo però che arrivo a capire il senso del suo editoriale: per alcuni, secondo me non la massa, è uno strumento efficace di lavoro o di svago, e che gli eventuali correttivi vadano indirizzati in altre direzioni. Il punto è, e qui dissento da lei, che non esistono correttivi, men che meno nelle famiglie i cui membri più maturi, sospetto, sono tanto passivamente dipendenti dai social quanto i loro minori. I social sono così, come l’AI, come le grandi rivoluzioni del passato, si prende il pacchetto, con tutto ciò che esso comporta.

Vanio Balzo

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Il Foglio

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