Stile Alberto, il documentario di Michele Masneri sullo scrittore e giornalista è sfizioso, piacevole e intrigante

  • Postato il 19 ottobre 2025
  • Cinema
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Stile Alberto e “stile Michele”. Una premessa a lettere cubitali: il documentario dello scrittore e giornalista Michele Masneri su Alberto Arbasino, Stile Alberto appunto, in queste ore in anteprima alla Festa di Roma 2025, è finalmente un documentario di quelli sfiziosi, piacevoli, intriganti. Uno di quei lavori apparentemente convenzionali, modello detection su una celebrità (perché Arbasino è stato, fino all’ultimo giorno di vita a 90 anni nel 2020 una vera celebrità), ma che mescola testimonianze argute e mai banali, aggiunge materiali inediti (le riprese con lo smartphone di sbieco, nascosto in auto, con Arbasino sono assolutamente rapaci) e che soprattutto si costruisce attorno ad un serio, aggraziato, cinematografico percorso visivo per dare soddisfazione allo spettatore in chiave storica come estetica. Una nuca ogni tanto si dirà, ma anche le istantanee sequenze delle angherie della contessa Federici sui domestici, lo stacco su un marciapiede che si riempie di acqua piovana, la celere necessità di aggiungere punti macchina avvolgenti nella stessa intervista, il gusto naturale per la spigolatura, l’uso disinvolto del materiale d’archivio, il “vedere quel che vedeva Alberto” dal terrazzone romano.

Un free style totalmente arbasianiano che oltre a far scorgere il tessuto narrativo (la co-regia è di Antongiulio Panizzi) potrebbe germinare in spin off seriali per ogni intervistato. Già perché, tra gli altri, Adriana Sartogo, Giovanni Agosti, Alvar-Gonzalez Palacios, potrebbero reggere un episodio ciascuno di uno “stile Michele”, ricalcando addirittura le pagine di Fratelli d’Italia, allungandone la proverbiale mancanza di un testo definitivo. Così tra cartoline spedite a profusione dal nostro, cenni di personalità “provinciale” attratte dalla novità di persone colte, una sfregola singolare per la mondanità, Stile Alberto si apre a la recherche della versatilità di Arbasino e una volta lanciato a mille potrebbe non chiudersi mai. Poi certo Masneri il suo documentario lo chiude, come fosse l’ultimo appuntamento di un feuilleton, con una grazia sepolcrale del ricordo, là sotto nei sotterranei del camposanto dove giace Arbasino.

Intanto, come ha fatto luccicare lui Arbasino in scena, nemmeno Arbasino nella vita e nella professione reale. Prendete Match, trasmissione del 1977 diretta dallo scrittore lombardo che riguarderemmo di continuo in loop. Beh, Masneri la taglia e la ricuce come fosse una puntata adrenalinica di ER. C’è pure il salto all’indietro sulla poltrona, con Arbasino elettrizzato da una chiosa spettacolare e probabilmente improvvisata sul mondo del teatro dell’epoca. Stile Alberto però non è un documentario per tutti. Certo, lo è per gli appassionati della letteratura del nostro, perché nella passione letteraria di Masneri per i testi di Arbasino c’è anche una chiara codifica di molti esercizi linguistici e semantici viepiù generalmente ostici. Oppure c’è una tenera mimesi con la filosofia omosessuale arbasiniana da L’anonimo lombardo ai filmati del Luce sui marinai. Tutto in Stile Alberto possiede giocosità e profondità, leggerezza e acume. Tutto si dischiude di fronte a quella lucina che l’amico Agosti accende per recuperare un testo prezioso nascosto di Arbasino nella sua casa museo archivio set epocale per una mezza dozzina di cinema che è stato e sarà. Ne esce, alla fine, perché poi è il risultato spiccio che conta al cinema, il ritratto di Arbasino finanche timido, riservato, casuale testimone del mondo che cambia (“il boom dell’Italia è coinciso con la fine della mia adolescenza protratta”), osservatore sociale festoso e spericolato, inventore arguto e sagace di neologismi. Insomma Stile Alberto è un gran bel documentario. E forse non ci sono parole per spiegarlo. Va visto possibilmente in una bella sala con un grande schermo. Co-produce Luca Guadagnino.

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Il Fatto Quotidiano

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