Stop all’asilo dei migranti e carcere per gli irregolari, Atene approva la legge. Ci provò anche l’Italia, Corte Ue disse no

  • Postato il 11 luglio 2025
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Al Parlamento di Atene la Camera dei deputati ha approvato con ampia maggioranza il provvedimento per sospendere l’esame delle domande di asilo di chi arriva via mare dal Nord Africa, annunciato mercoledì dal governo di centrodestra dopo il boom di arrivi sull’isola di Creta per un aumento delle partenze dalla Libia che sta riguardando anche l’Italia. L’esecutivo di Kyriakos Mitsotakis , che ha incassato anche i voti degli ultranazionalisti di Soluzione Greca, ha scelto le maniere forti, prevedendo fino a 5 anni di carcere per gli irregolari che non lasciano il Paese, anche a costo di mettere in discussione le direttive Ue e le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea che hanno già censurato simili provvedimenti, introdotti nel 2009 proprio dall’Italia.

La durata della sospensione per l’esame delle domande d’asilo durerà tre mesi e potrebbe essere ridotta per decisione del Consiglio dei ministri. Alle opposizioni, il ministro dell’Immigrazione greco, Thanos Plevris, ha risposto che sono state seguite “le linee guida pertinenti, introducendo restrizioni sia geografiche che temporali” e che il provvedimento si rifà a una misura del 2020 “approvata dalla Commissione europea e dai tribunali competenti”. Nei giorni scorsi erano state le Nazioni Unite a dire che la sospensione dell’asilo annunciata dalla Grecia “è un passo ingiustificato che mina diritti fondamentali e obblighi internazionali”. Ma c’è dell’altro: la reclusione fino a 5 anni per chiunque decide di rimanere in Grecia dopo che la sua domanda di asilo è stata respinta. “D’ora in poi, la strada per i migranti clandestini sarà la prigione o l’espulsione”, ha dichiarato Plevris, definendo la pressione migratoria dalla Libia “un’operazione di invasione dell’Europa, di sostituzione della popolazione”, e sostenendo che “sulle coste della Libia occidentale si trovano 3 milioni di migranti”. Numeri già sentiti, perfino in Libia, e già smentiti dai censimenti dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni, che nel Paese conta circa 800 mila stranieri, compreso l’80 per cento che lavora, soprattutto nell’edilizia. Mentre l’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) conta circa 90 mila tra richiedenti e rifugiati, col 78% proveniente dal Sudan. Nondimeno, il messaggio di Atene è chiaro: “Restate dove siete. Non siete i benvenuti”.

Messaggi a parte, le pene detentive previste appaiono in aperto contrasto con la normativa europea, secondo le sentenze della Corte di giustizia Ue, titolata all’interpretazione delle leggi comunitarie al fine di armonizzarne l’applicazione in tutti gli Stati membri. Sul tema la Cgue si espresse nel noto caso “El Dridi contro Italia“, con pronuncia del 28 aprile 2011 che censurava il cosiddetto “pacchetto sicurezza” del governo Berlusconi IV, quello che introduceva il reato di immigrazione clandestina con pene fino a 4 anni di reclusione per gli irregolari che non rispettavano un ordine di espulsione (legge 94/2009). La Corte di giustizia dichiarò la pena detentiva incompatibile con la direttiva 2008/115 che, al contrario, prevede sia favorito il rimpatrio volontario, coerentemente con i principi di gradualità e proporzionalità previsti dalla norma e con la finalità non punitiva ma amministrativa del rimpatrio. Già prima dell’approvazione in Parlamento, il governo greco aveva informato Bruxelles e giovedì, rispondendo alla stampa, un portavoce della Commissione ha parlato di “una situazione eccezionale, come sottolineato dal Consiglio europeo nelle sue recenti conclusioni, che hanno affrontato la preoccupante situazione in Libia e le possibili conseguenze, anche in termini di sicurezza europea e di flussi migratori. Qualsiasi misura adottata dalla Grecia deve essere compresa in questo contesto”. “Naturalmente – ha poi puntualizzato –, il diritto dell’Ue deve sempre essere rispettato: questo è scontato”. Da vedere, ora che il provvedimento è stato approvato, quale sarà la posizione della Commissione.

Del resto, la scelta del governo greco non è un fulmine a ciel sereno. L’attuale ministro Plevris ha iniziato la sua carriera politica nel partito di estrema destra Laos e nel 2012 si è unito a Nea Dimokratia, partito attualmente al governo che, affidando a lui il ministero dell’Immigrazione, cerca di recuperare consensi tra i più estremisti dell’ala conservatrice. Oltre al provvedimento approvato, infatti, ha annunciato che “la Grecia adotterà una politica di drastica riduzione degli attuali sussidi” previsti per i richiedenti asilo. “Ho chiesto di rivedere anche il menu dei pasti offerti nelle strutture. Il ministero dell’Immigrazione non è un hotel”. Secondo gli addetti ai lavori, riportano testate come Kathimerini, il cibo arriva una volta al giorno per l’intera giornata ed è di qualità estremamente scadente o addirittura avariato, tanto da dover essere spesso buttato nella spazzatura, da dove però alcuni lo recuperano perché non hanno altra scelta. Dall’ottobre del 2021, dei richiedenti si occupano società di catering al costo di 6,88 euro al giorno a persona. Per una famiglia di quattro persone si spendono così 820 euro al mese. Prima del 2021, una famiglia di quattro persone riceveva un sussidio economico di 420 euro al mese per acquistare gli ingredienti e cucinare. Ma il governo ha ritenuto allora che fosse meglio non lasciare circolare i richiedenti, per evitare problemi, e si è optato per i catering che hanno fatto raddoppiare i costi. Anche il sussidio mensile di 75 euro previsto per ogni richiedente asilo è stato sospeso da luglio dell’anno scorso, ad eccezione di un unico pagamento mensile effettuato lo scorso aprile, riportano i media ellenici.

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