Strage Mottarone, un altro gup contesta i capi di imputazione. La madre di una vittima: “Paura della prescrizione”

  • Postato il 19 giugno 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Ci risiamo, come poco meno di un anno fa il giudice per l’udienza preliminare di Verbania ha chiesto alla procura di intervenire sui capi di imputazione. Sono ancora i reati formulati dalla procura di Verbania a tenere banco nel corso dell’udienza preliminare del processo per l’incidente della funivia del Mottarone, costato la vita a 14 passeggeri nel maggio di quattro anni fa. Il gup Gianni Macchioni ha ordinato alla procura di riformularli, in particolare per il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti, contestato dai pm sia in forma dolosa, sia colposa. Il rinvio a giudizio, il secondo, era stato chiesto lo scorso aprile.

La madre di una vittima – “La paura della prescrizione è la paura maggiore, ma la paura è anche che vengano tolti i capi d’imputazione, vedere (gli imputati, ndr) fuori, come sono stati fuori quattro anni, tranquilli a vivere la loro vita mentre noi siamo stati qui ad aspettare, aspettare e aspettare” dice Vincenza Minutella, mamma di Silvia Malnati, una delle 14 vittime. “Mi aspettavo qualcosa di più veloce – ha aggiunto la donna, rispondendo a una domanda su quanto accaduto finora nel procedimento penale, con una udienza preliminare durata nove mesi e poi conclusa con la restituzione del fascicolo alla procura -. Il giudice che ha preceduto questo mi è sembrato molto blando, sembrava quasi che non volesse prendersi le responsabilità delle decisioni. Sembrava andasse bene qualsiasi cosa dicessero le difese. Sono passati quattro anni senza avere risposte, ora mi aspetto qualche certezza, senza andare troppo in là”. “Non è che avere giustizia cambi la vita – ha concluso -. Certo, significherà non vedere più (gli imputati, ndr), perché anche solo vederli ti smuove tutto dentro. Ma perdere una figlia a 26 anni, tre mesi dopo che si è laureata, non è bello. Stava mettendo su casa con il compagno, era prossima a iniziare un lavoro nuovo. Nonostante io abbia un altro figlio, la vita non ha più senso, il futuro, tutto quello che ti aspettavi dalla vita, va in fumo”.

Gli imputati – Il gup ha ammesso tutte le parti civili. Complessivamente si tratta di una trentina di parti, le stesse che erano già state ammesse nel corso dell’udienza preliminare dello scorso anno. Si tratta, oltre che di Regione Piemonte e Comune di Stresa, di alcuni parenti di Serena Cosentino, costituiti nei confronti di tutti gli imputati. Un gruppo di famigliari del bimbo israeliano unico sopravvissuto allo schianto, sia del lato materno sia paterno, si sono costituiti solo nei confronti del titolare di Ferrovie del Mottarone, Luigi Nerini, e di Gabriele Tadini, caposervizio dell’impianto. Cinque gli imputati, tra cui Gabriele Tadini capo servizio dell’impianto, Luigi Nerini amministratore unico dell’impianto Ferrovie del Mottarone ed Enrico Perocchio quale direttore di esercizio dell’impianto e dipendente di Leitner, Martin Leitner e Peter Rabanser. Sono uscite di scena, invece, le società Leitner e Ferrovie del Mottarone essendo venuti meno i riferimenti alla normativa sulla sicurezza del lavoro.

I reati – La Procura contesta, in concorso, agli indagati Nerini, Perocchio e Tadini il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti. In particolare, in più occasioni (tra l’8 e il 22 maggio 2021) Tadini (difeso dall’avvocato Marcello Perillo) “inseriva materialmente i forchettoni” – che impediscono al freno di emergenza di attivarsi – mentre la funivia era in funzione. Nerini e Perocchio (il primo difeso da Pasquale Pantano, l’altro da Andrea Da Prato e Salvatore Pino) non avrebbero vigilato e al contrario avrebbero “avallato” la condotta del capo servizio così “rafforzando” la decisione di Tadini di apporre i forchettoni, “consentendo che il servizio di pubblico trasporto fosse esercitato con il freno di emergenza disattivato”, vale a dire “in una situazione di pericolo grave e immediato per la sicurezza del pubblico trasporto, in violazione dei poteri-doveri di vigilanza e controllo a tutela”.

Quella scelta, ripetuta, porta i tre a dover rispondere del disastro colposo. La rottura della fune traente della cabina numero 3 – prossima all’arrivo alla stazione del Mottarone -, trascina la cabina verso valle e dopo una corsa di oltre 400 metri, sbatte contro un pilone, precipita da circa 17 metri e finisce la sua corsa contro un albero.

Di attentato alla sicurezza dei trasporti, aggravato dal disastro che ne è conseguito, devono rispondere anche Martin Leitner quale vicepresidente del Consiglio di gestione della società Leitner e consigliere delegato nel settore del trasporto a fune, e Peter Rabanser, quale dirigente del settore Assistenza clienti di Leitner e procuratore speciale per la sicurezza relativa agli impianti a fune. Tadini deve rispondere di falso perché tra il febbraio e il maggio 2021 non scrisse nel registro giornale “le anomalie, i problemi e gli incidenti” all’impianto ad esempio – si legge nell’avviso di conclusione indagini firmato dal sostituto procuratore Laura Carrera – non riportò “i ripetuti episodi di perdita di pressione del circuito idraulico della cabina numero 3”. Di falso risponde anche Perocchio perché quale direttore di esercizio dell’impianto Stresa-Alpino-Mottarone – è tenuto a controfirmare il registro giornale e anche lui ha attestato l’assenza di problemi sulla cabina poi precipitata.

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Il Fatto Quotidiano

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