“Teheran non è il Medioevo”, Cecilia Sala attaccata sui social per un video (autentico) sui giovani iraniani

  • Postato il 19 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Chi le dà della “cialtrona”, chi della “farlocca”, chi – e sono la maggioranza – mette in dubbio la veridicità del video con argomentazioni risibili o semplicemente ignorando quel che è evidente a occhio nudo. Chi le rinfaccia addirittura la sua liberazione. E poi, dietro l’angolo, immancabile, il complotto. Come è accaduto con l’invasione russa in Ucraina, la guerra tra Israele e Iran non conosce obiezioni all’assoluto. Bianco, nero. Buoni da un lato, cattivi dall’altro.

Questa volta a farne le spese è stata la giornalista Cecilia Sala, rea di avere pubblicato mercoledì pomeriggio un collage di video in cui si vedono giovani iraniane e iraniani in giro per le strade di Teheran. Con vestiti alla moda o tagli punk, con i capelli sciolti, in atteggiamenti disinvolti. Giovani, in una parola, e quindi intrinsecamente inclini a essere liberi, nonostante tutto. Il testo che accompagna il video, per quanto non esplicito, sembra ricordare ai lettori che il regime e il popolo di un Paese – e varrebbe per tutti i Paesi, tocca aggiungere – sono due cose diverse: “Cosa incontri camminando per le strade di Teheran, per chi in televisione ce la racconta come il “medioevo” rimanendo serio”.

Apriti cielo. Sotto il post su X sono un migliaio i commenti con relativi thread di utenti che non perdonano alla giornalista di Chora media e del Foglio – non certo un facinoroso giornale pro-pal – la garbata obiezione all’ennesima guerra pagata dai cittadini. A iniziare da chi le ricorda il numero di esecuzioni nel paese (2,6 al giorno). E lei che risponde senza cedere: “Corretto”.

C’è chi le ricorda Mahsa Amini. E lei risponde di nuovo: “Dalla protesta del 2022 le iraniane che vanno in giro vestite come vogliono sono semplicemente troppe per sperare di poterle arrestare tutte”.

C’è poi chi le rinfaccia il “prezzo pagato per il suo rapimento”, a riprova della tirannia del regime di Khamenei. E lei ancora una volta risponde: “Le è davvero sfuggito il motivo per cui nel mio caso è finita con me presa in ostaggio?”.

Ma se il tuo avversario replica a tono, l’opzione migliore è sempre screditarlo. Ecco quindi la sequela di commenti sul “video falso”. Peggio che falso: i giovani che parlano sono iraniani, ma le strade in cui si muovono sono quelle di Tel Aviv, non di Teheran. È l’esportazione della democrazia, baby.

Basta poco per capire che l’affermazione è basata su una dozzinale traduzione dall’inglese “they will feel right at home in Tel Aviv” (si sentiranno come a casa a Tel Aviv) e che la frase allude a un futuro vittorioso di Israele. E del resto il video è vero: senza essere debunker di professione si possono chiaramente vedere le targhe iraniane e con un po’ più di sforzo c’è chi si incarica di rintracciarne persino la data di emissione.

Ma questo non basta a fermare la teoria del falso che si propaga tra i commenti, in forme più o meno educate. E che rapidamente va in cerca di un regista, di una Teoria superiore. E puntualmente la trova nella disinformatja russa: una spectre in piena regola che agisce sulle “disinfo-farm sino-russe” (cit) di cui evidentemente Cecilia Sala è vittima o complice.

“Lei non sa di cosa parla” risponde puntualmente la giornalista, argomentando quel che è facilmente ricostruibile con una ricerca per immagini su Google. E cioè che i video sono autentici, sono girati a Teheran e sono opera di un influencer di nome Amir Fazeli: ha 627mila follower su Instagram, si diletta a fermare i giovani iraniani per strada e portarli da qualche parte a mangiare. Ma se il complotto si smonta basta crearne uno più grande:

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Il Fatto Quotidiano

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