Terrorismo, ecco come si finanzia tra criptovalute, ONG e crowdfunding

  • Postato il 5 agosto 2025
  • Di Panorama
  • 3 Visualizzazioni

Il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (GAFI/FATF) ha pubblicato un aggiornamento dettagliato sui rischi legati al finanziamento del terrorismo, delineando un quadro complesso e in rapida evoluzione. Il rapporto mette in evidenza come i gruppi terroristici si stiano adattando alle nuove condizioni geopolitiche e tecnologiche, sfruttando canali alternativi e vulnerabilità sistemiche per raccogliere fondi, movimentare risorse e mantenere operative le loro reti transnazionali.

A fronte del calo dei finanziamenti diretti da parte di Stati sponsor o grandi donatori, le organizzazioni terroristiche si stanno dimostrando resilienti e flessibili, sviluppando nuovi strumenti per sostenere le proprie attività. L’uso crescente delle criptovalute, delle piattaforme di crowdfunding e delle organizzazioni non governative di facciata rappresenta una delle principali criticità segnalate dal GAFI, che invita i Paesi membri a intensificare le contromisure normative e operative.

Reti opache e nuove tecnologie

Uno dei fenomeni più preoccupanti riguarda l’utilizzo delle valute virtuali e dei portafogli digitali non regolamentati. I terroristi, secondo il rapporto, si stanno servendo di exchange decentralizzati e wallet anonimi per trasferire fondi senza essere rilevati dai sistemi tradizionali di controllo. Sebbene le somme coinvolte siano spesso inferiori rispetto ai canali convenzionali, la velocità e la difficoltà di tracciamento rendono questi strumenti particolarmente pericolosi, soprattutto quando associati a donazioni in micro-transazioni distribuite su larga scala. In parallelo, cresce l’uso del crowdfunding illecito: pagine apparentemente legittime su piattaforme social e siti dedicati vengono impiegate per raccogliere denaro destinato a cause ideologiche o “umanitarie” che celano finalità violente. Il GAFI ha identificato numerosi casi in cui fondi raccolti per presunti scopi religiosi o di beneficenza sono stati invece canalizzati verso cellule attive in Medio Oriente, Africa e Asia centrale.

Organizzazioni non profit e zone grigie

Il rapporto pone grande attenzione al ruolo delle ONG, spesso manipolate o infiltrate da soggetti legati a gruppi estremisti. In alcuni casi, si tratta di strutture create ad hoc per aggirare i controlli bancari; in altri, di enti preesistenti usati come copertura. Il settore non profit risulta particolarmente vulnerabile nei Paesi con bassi standard di trasparenza o con debole capacità istituzionale. Il GAFI raccomanda quindi una revisione approfondita dei registri delle associazioni e l’introduzione di criteri stringenti di rendicontazione finanziaria. La situazione è aggravata in aree di conflitto, dove il collasso delle istituzioni consente a milizie jihadiste di controllare interi segmenti dell’economia locale. In Siria, Iraq, Libia, Yemen, ma anche nel Sahel e nel Corno d’Africa, gruppi affiliati ad Al-Qaeda o allo Stato Islamico impongono tasse, ricevono donazioni esterne e sfruttano risorse naturali per auto-finanziarsi. Il traffico di petrolio, oro, carbone e droga resta una fonte primaria di guadagno, accanto al contrabbando di armi e esseri umani.

Il ruolo del settore bancario e dei trasferimenti informali

Un altro punto critico evidenziato dal GAFI riguarda i sistemi informali di trasferimento di denaro, come hawala e altri canali paralleli alla rete bancaria ufficiale. Sebbene culturalmente radicati in molte regioni, questi circuiti sfuggono spesso alla regolamentazione e possono essere impiegati per inviare fondi a cellule terroristiche aggirando le sanzioni internazionali. L’uso combinato di hawala, criptovalute e società di comodo rappresenta una sfida crescente per le autorità antiriciclaggio. Il rapporto segnala anche la persistente esposizione del sistema bancario internazionale ad abusi da parte di individui o entità collegati al terrorismo. In particolare, le banche che operano in giurisdizioni con controlli deboli o scarsa cooperazione internazionale sono più esposte al rischio di essere coinvolte in transazioni sospette. Il GAFI insiste sull’importanza di potenziare i sistemi di monitoraggio automatico, migliorare la condivisione dei dati tra istituzioni finanziarie e intelligence, e adottare approcci di due diligence rafforzata.

Rischi in Europa e nei Paesi occidentali

Anche i Paesi ad alta vigilanza finanziaria non sono immuni. Il GAFI segnala il rischio crescente rappresentato da lupi solitari e piccoli gruppi radicalizzati che, pur operando su scala ridotta, riescono a ricevere fondi tramite canali legali o quasi-legali. In alcuni casi, si tratta di raccolte in contanti tramite moschee o centri culturali; in altri, di trasferimenti mascherati da attività commerciali o micro-imprese. Il finanziamento del terrorismo interno – come dimostrato da numerosi attacchi in Europa negli ultimi anni – richiede strumenti di controllo specifici, che non coincidono necessariamente con quelli usati contro i network internazionali.

Il rapporto sottolinea inoltre l’urgenza di contrastare le campagne di radicalizzazione online che spesso precedono le raccolte fondi. In particolare, alcune piattaforme social e app di messaggistica crittografata sono state usate per diffondere ideologie estremiste e sollecitare donazioni a sostegno di jihadisti attivi all’estero o di famiglie di detenuti radicalizzati.

Raccomandazioni e strategie

In risposta a questo scenario complesso, il GAFI propone una serie di misure concrete. Tra queste: Rafforzamento della legislazione nazionale in materia di criptoasset e obblighi antiriciclaggio, la creazione di unità di intelligence finanziaria specializzate nel tracciamento dei fondi destinati al terrorismo, la collaborazione rafforzata tra banche, fintech e autorità di vigilanza. Inoltre, controlli più severi sul settore non profit e sulle attività di beneficenza in contesti ad alto rischio e l’adozione di iniziative multilaterali per lo scambio automatico di informazioni e la standardizzazione delle blacklist.Il messaggio finale del GAFI è chiaro: il finanziamento del terrorismo non è un fenomeno confinato alle aree di guerra o ai grandi network internazionali. È un problema trasversale, fluido, in continua trasformazione, che richiede risposte altrettanto dinamiche e coordinate.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti