“The Sustance”: un corpo in due

  • Postato il 25 luglio 2025
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Il Quotidiano del Sud
“The Sustance”: un corpo in due

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Un film horror può dare realmente una lezione di vita? Si, e “The Substance” ne è la prova, trasformando l’orrore in riflessione.


Ambientato nella Hollywood dei giorni nostri, “The Substnce” ci catapulta nel cuore del mondo dello spettacolo con una sorprendete interpretazione di Demi Moore nei panni di Elisabeth Sparkle, un’attrice da Oscar che, a cinquant’anni, continua a cavalcare l’onda della sua carriera in un ambiente che considera la sua età sinonimo di pensionamento.

Elisabeth è disposta a tutto, persino a sacrificare la sua persona (nel vero senso della parola), pur di riconquistare la ribalta. Accetta infatti di utilizzare “la sostanza”, da cui nasce Sue, generata direttamente dalla sua schiena. Ma ci sono delle regole fondamentali da seguire: le due devono alternarsi, una settimana ciascuna, senza mai incontrarsi, per permettere ad entrambe di rigenerarsi.

Tuttavia, Sue non si accontenta: le ruba le energie, il tempo, anche la casa, fin quando Elisabeth non si sente una sconosciuta nella sua stessa vita. Elisabeth si sente derubata nel suo stesso terreno, sente che tutto le sta scivolando di dosso, che nulla le appartiene, la sua euforia si sta spegnendo. Ormai è schiava di quella sostanza e del bisogno tossico di essere “perfetta”.

Sue cavalca il sogno del successo, ma ad un prezzo altissimo. Elisabeth, privata del suo tempo, invecchia rapidamente. Dopo un violento scontro isterico e animalesco, Sue uccide la propria creatice, firmando così la sua condanna a morte: il corpo le si sgretola, letteralmente. Denti, orecchie, unghie…tutto cade a pezzi.

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Lezione horror di “The Substance”: il prezzo della perfezione

“The Substance” è una denuncia sociale, che svela con cinismo il dietro le quinte del cinema di Hollywood. E quale scelta migliore se non un genere horror, che ti fa vedere quanto una persona possa autodistruggersi per raggiungere il successo? Il film è volutamente disturbante, visivamente scioccante, vuole farti provare un senso di orrido, per far capire l’assurdità, ma anche l’ipocrisia di cosa l’essere umano è disposto a fare per mere e frivole motivazioni.

I dialoghi sono ridotti al minimo, ma, nonostante ciò, ogni scena è realizzata con una cura tale (dalla fotografia, ai colori, dai suoni alla colonna sonora) da rendere impossibile non lasciarsi coinvolgere. Alla fine della visione, potresti sentirti stordito, svuotato, e profondamente colpito.

I personaggi sono costruiti in modo da farci osservare il loro punto di vista, diventiamo i loro occhi e le loro orecchie.

Durante alcune scene, come quando Sue sta male, perché costretta a ricaricarsi, sentiamo insieme a lei la depersonalizzazione: tutto è distaccato e sfocato.

“The Substance”, riesce a intrattenerti anche con i colori, scelti ad hoc. Elisabeth indossa sempre abiti in armocromia, come a simboleggiare la sua luce interiore. Ma quando inizia a spegnersi anche quei colori iniziano a perdere luce.

La fotografia richiama quella di capolavori come “The Shining”, basti pensare alla scena in cui Elisabeth cammina in un corridoio apparentemente infinito, circondata da trofei, eppure completamente sola. Si avverte un senso di inquietudine e alienazione crescente.

Vale la pena rinunciare a sé stessi, perdersi e persino annullarsi per raggiungere la fantomatica perfezione, al fine di voler impressionare non più nemmeno noi stessi, ma la società?

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