“Ti sto salvando il c**o… dimmi quanto vale non pubblicare tutta quella roba”: ecco i messaggi del ricatto a Raoul Bova
- Postato il 28 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Non solo un gossip estivo a base di “occhi spaccanti” e tradimenti presunti, ma un vero e proprio caso giudiziario con le ipotesi di reato di tentata estorsione, ricettazione e violazione della privacy. La vicenda delle chat e degli audio privati tra Raoul Bova e la modella 23enne Martina Ceretti, resi pubblici il 21 luglio da Fabrizio Corona, è approdata sul tavolo della Procura di Roma che ha aperto un’inchiesta. Al centro dell’indagine c’è Federico Monzino, 29enne imprenditore milanese, erede della famiglia che ha fondato il colosso Standa e oggi attiva nella nautica con il marchio Cranchi Yachts. Monzino, figura conosciuta negli ambienti vip milanesi e appassionato di auto sportive e cavalli, è persona informata dei fatti, non formalmente indagata. Secondo le prime ipotesi investigative, sarebbe stato proprio Monzino a girare a Fabrizio Corona gli audio privati tra Bova e Martina Ceretti, modella romana e influencer da 100mila follower, milanese d’adozione. Quelle conversazioni, diffuse il 21 luglio nel podcast Falsissimo, riguarderebbero una relazione ormai conclusa tra l’attore e la giovane.
Come si è arrivati all’inchiesta
Tutto è iniziato con una serie di messaggi anonimi, almeno una decina dice il Corriere, ricevuti da Bova da un’utenza intestata a un presunto prestanome straniero. Nei messaggi, pubblicati dal Corriere della Sera, il mittente faceva riferimento agli audio privati: “Non è il caso che venga fuori uno scandalo sui giornali, no? Per il tuo matrimonio, per la tua immagine, per il tuo presente e futuro lavoro. Altro che don Matteo… ho dei contenuti fra te e Martina cerretti (con la minuscola e due erre, ndr) che ti farebbero molto male. Capisci tutto questo che diventa di dominio pubblico”.
In un altro messaggio, dell’11 luglio, si leggeva: “Comunque lunedì esce su falsissimo, arriva a Corona, ma io posso non fare accadere tutto ciò… se mi vieni incontro blocchiamo tutto e rimane privato. Se poi vuoi essere così gentile e farmi un regalo, dato che ti sto salvando il culo, sta a te. Ti evito una cosa pesantissima, dimmi quanto vale non pubblicare tutta quella roba… nelle mani di Fabrizio diventa una puntata di falsissimo… sono in contatto con lui”. Bova, rimasto sempre in silenzio senza rispondere, si è rivolto all’avvocato David Lecci dello studio Tognozzi e ha poi sporto denuncia alla polizia postale di Roma, facendo così scattare l’inchiesta coordinata dalla pm Eliana Dolce, ancora prima che Corona divulgasse i file.
Sequestrati i cellulari
Gli inquirenti hanno sequestrato i telefoni di Monzino, Corona e della stessa Ceretti. Il cellulare della modella è considerato il primo destinatario dei file privati, motivo per cui è in corso una minuziosa analisi dei tabulati per chiarire se la giovane fosse a conoscenza della successiva divulgazione. La 23enne, dopo lo scandalo, è sparita dai social.
Le dichiarazioni di Corona
Corona ha pubblicato nelle sue Instagram Story alcune chat con Monzino e ha dichiarato: “I file mi sono stati consegnati volontariamente da Federico Monzino e Martina Ceretti, inviati direttamente sul mio cellulare dal loro computer. Non c’è stata alcuna acquisizione fraudolenta del materiale. Dovevano servire a far diventare famosa Martina, solo che poi hanno contattato Bova per chiedergli soldi in cambio della mancata pubblicazione. Il tutto avvenuto totalmente a nostra insaputa”. Nonostante queste parole, è stato lo stesso Corona a pubblicare gli audio nel suo podcast e a rilanciarli sui social.
Le ipotesi investigative
La Procura sta verificando se gli audio siano stati inviati spontaneamente da Ceretti a Monzino, se le siano stati sottratti o se vi siano altri intermediari. Nel capo d’imputazione, diffuso dallo stesso Corona, non indagato ma persona informata sui fatti, a Monzino viene contestato di aver tentato “di costringere l’attore a corrispondere una somma imprecisata, sì da procurarsi l’ingiusto profitto patrimoniale con pari danno per la parte offesa, non riuscendo nel proposito criminoso per cause indipendenti dalla sua volontà” (Corriere). Resta ora da chiarire chi abbia effettivamente organizzato il presunto tentativo di ricatto, e se le responsabilità vadano attribuite a Monzino, a Ceretti o a terzi soggetti che avrebbero fatto da tramite. L’analisi dei tabulati e dei dispositivi sequestrati sarà decisiva.
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