Tra finanza e geopolitica. Così Brzezinski Global Strategies legge l’accordo tra Usa e Ucraina
- Postato il 30 maggio 2025
- Esteri
- Di Formiche
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Da circa una settimana è entrato in vigore il Us-Ukraine Reconstruction Investment Fund Agreement, firmato lo scorso 30 aprile da rappresentanti di Washington e Kyiv dopo alcuni mesi di intense trattative. In un report pubblicato pochi giorni fa la Brzezinski Global Strategies, boutique di consulenza geostrategica specializzata, ha esaminato le caratteristiche dell’accordo giunto alla sua versione finale.
Il documento rappresenta un importante passo in avanti per il futuro dell’Ucraina, e in particolare per la ricostruzione del Paese nel periodo post-bellico: esso infatti offre un framework per lo sviluppo di un fondo di investimento bilaterale che regolerà l’afflusso di risorse nel processo di ricostruzione, tutelando gli interessi ucraini ed evitando che quelli responsabili del conflitto (leggasi Russia) possano in qualche modo trarne beneficio.
L’idea di fondo è quella di mobilitare capitali privati, accompagnati da strumenti pubblici di garanzia e mitigazione del rischio, per sostenere la ricostruzione fisica e produttiva dell’Ucraina. Ma si tratta anche di una risposta politica alla lunga durata del conflitto e al rischio di stagnazione della solidarietà occidentale. Il report sottolinea infatti che l’iniziativa americana nasce anche con l’obiettivo di contenere la penetrazione cinese nei settori strategici ucraini, in particolare energia, infrastrutture e manifattura. Il fondo, si legge nel documento, è “uno strumento geoeconomico per ancorare Kyiv alle filiere produttive euro-atlantiche e orientarne lo sviluppo secondo standard di governance occidentali”.
La struttura del fondo riflette questa visione strategica. Operando attraverso la United States International Development Finance Corporation (Dfc), Washington vuole offrire copertura contro i rischi politici, oltre che garanzie finanziarie, strumenti di co-finanziamento e un pacchetto integrato di incentivi pensato per attrarre il settore privato. L’Ucraina, da parte sua, sarà responsabile di selezionare le priorità di investimento, con una particolare attenzione a quei settori ritenuti cruciali per l’interesse nazionale, come l’energia, le infrastrutture critiche, le tecnologie digitali, l’agricoltura e la sanità. Il fondo agisce, in sostanza, come un “veicolo catalitico” che cerca di abbassare la soglia di rischio per l’investitore, iniettando fiducia in un contesto altrimenti percepito come eccessivamente incerto, seguendo la logica di investment-driven recovery che affida alle dinamiche economiche i compiti “politici” di sostenere la stabilizzazione e di accelerare l’integrazione euro-atlantica del Paese.
Ma il report mette in luce anche una serie di rischi strutturali che potrebbero rallentare, o addirittura compromettere, la portata trasformativa dell’iniziativa. Il primo fattore critico resta l’instabilità della situazione bellica poiché, come notato nel documento della Bgs, “qualsiasi escalation del conflitto potrebbe compromettere la sicurezza fisica degli asset e inibire il flusso di capitale privato”. Il secondo rischio riguarda l’effettiva capacità dello Stato ucraino di assorbire gli investimenti: l’afflusso di fondi richiederà infatti un livello di capacità amministrativa, di trasparenza e di governance che in molte aree del paese purtroppo resta ancora limitato, con rischi del verificarsi di colli di bottiglia istituzionali e carenze strutturali nella gestione dei progetti. A questo si aggiunge anche il fattore della corruzione.
C’è poi un rischio di polarizzazione territoriale. Il fondo tende naturalmente a privilegiare le zone relativamente più sicure e le iniziative ad alto valore, come i poli logistici occidentali o le infrastrutture energetiche già collegate all’Europa. Questo però implica il rischio che le aree maggiormente devastate dal conflitto rimangano escluse dal ciclo di ricostruzione e attrazione di capitale. In parallelo, il report avverte che l’assenza di un coordinamento sistemico tra la Dfc e i corrispettivi europei come la Banca Europea per gli Investimenti e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo rischia di portare a dispersione di risorse e a un disallineamento strategico tra i principali attori coinvolti nel progetto.
Sul piano delle opportunità, però, il potenziale è altrettanto evidente. Secondo gli autori del report, il fondo può ridurre significativamente il rischio percepito dagli investitori, rendendo appetibili settori che oggi sembrano fuori portata. Inoltre, esso può funzionare da leva per riequilibrare la presenza cinese nell’economia ucraina e favorire la standardizzazione delle pratiche industriali, fiscali e regolatorie del Paese, avvicinando così il Paese agli standard europei e contribuendo al suo percorso di integrazione. Esso inoltre può favorire lo sviluppo di progetti sostenibili anche sul piano ambientale e della transizione verde.