Tradizione di famiglia: quando le seconde generazioni trasformano l’eredità in successo

  • Postato il 13 settembre 2025
  • Di Panorama
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«Buona la seconda!» Quanti imprenditori sognerebbero di esclamarlo, rallegrandosi del successo della seconda generazione alla guida della loro amata azienda. Ma non è affatto scontato che ciò accada. Il passaggio di testimone, infatti, si rivela essere una delle sfide più ardue e insidiose per il tessuto economico italiano, dove circa l’85 per cento delle imprese è a conduzione familiare. La ricerca empirica e le analisi settoriali dipingono un quadro di estrema fragilità: solo il 20-30 per cento delle compagini familiari riesce a sopravvivere al primo passaggio generazionale.

La probabilità di successo si riduce ulteriormente per la transizione dalla seconda alla terza schiera di eredi, con solo il 10-15 per cento delle aziende che riescono a superare indenni questa fase. Insomma, di figli, o nipoti, capaci di seguire con efficacia le orme dei padri o nonni imprenditori ce ne sono pochi. E quelli bravi devono mettercela tutta, perché spesso vengono circondati da un alone di sospetto, dando per scontato che difficilmente saranno capaci di eguagliare il geniale fondatore. Senza contare il peso psicologico del costante confronto con lui.

Perciò fanno doppiamente notizia due operazioni internazionali che hanno visto protagonisti gli eredi di due degli ormai pochi, grandi imperi familiari italiani: Pier Silvio Berlusconi, che ha gettato le basi per la creazione del maggiore polo televisivo europeo, e Giovanni Ferrero, artefice dell’acquisizione dei cereali Kellogg’s in America. Ma ci sono altri figli di noti imprenditori che stanno tenendo dritta la barra delle proprie imprese: qui vi raccontiamo chi sono e quali risultati stanno ottenendo.

Pier Silvio Berlusconi e la tv che delude i gufi

Con Silvio Berlusconi impegnato in politica e poi con la sua scomparsa avvenuta nel giugno 2023, sul futuro di Mediaset si allungavano ombre di incertezza.  La figura del fondatore era stata così carismatica e centrale da far temere un indebolimento del gruppo, nonché una sua fragilità negli equilibri di mercato e nella capacità di innovare un settore, quello della tv generalista, percepito come alla deriva nel confronto con i nuovi colossi dello streaming.

Invece, Pier Silvio Berlusconi, 56 anni, secondogenito di Silvio, ha saputo smentire i pessimisti con risultati che hanno stupito gli analisti. Il top manager, amministratore delegato di Mediaset (ora Media For Europe) dal 2015, ha scelto di imprimere una svolta culturale e strategica, puntando su un palinsesto di alta qualità, con programmi di informazione affidabili, intrattenimento familiare e contenuti autoprodotti. Questa linea, rischiosa in una fase di mercato competitiva e in trasformazione, è stata premiata dal pubblico e dagli inserzionisti: la raccolta pubblicitaria di Mediaset nel 2024 è cresciuta del 4,7 per cento, superando di gran lunga la media del settore.

Il portafoglio crossmediale comprende tv tradizionale, tv connesse, digitale, radio e pubblicità su schermi digitali, segmenti in cui Mfe (Media For Europe) ha ottenuto un incremento complessivo del 6,8 per cento in Italia.

A livello finanziario, Mediaset ha chiuso il 2024 con ricavi netti consolidati pari a 2,95 miliardi di euro, in crescita del 4,9 per cento rispetto all’anno precedente, e superiori ai 2,81 miliardi del 2023 e ai 2,6 miliardi di cinque anni fa. In particolare i ricavi delle attività in Italia sono passati da 1,8 a 2,2 miliardi dal 2020 al 2024. Questi numeri rispecchiano una rigenerazione profonda del gruppo, capace di resistere alla fragilità del settore televisivo tradizionale e di costruire una piattaforma paneuropea con la scalata al gruppo tedesco ProSiebenSat1. La sua recentissima acquisizione dopo mesi di trattative rappresenta un segnale di ambizione: costruire un polo televisivo europeo da 6,9 miliardi in grado di competere con Netflix, Amazon Prime e YouTube, sfruttando le identità locali e le sinergie transnazionali. Questa alleanza è una risposta coraggiosa alla pressione del mercato globale, e posiziona Mfe come un attore dominante nel panorama mediatico continentale.

Importante è stato anche il ruolo della sorella Marina Berlusconi, presidente della holding Fininvest e della Mondadori. Per quanto riguarda quest’ultima, la primogenita di Silvio Berlusconi ha contribuito a rafforzare il gruppo editoriale con acquisizioni di rilievo come RCS Libri e De Agostini Scuola, creando un polo culturale ed editoriale all’avanguardia nel panorama italiano. Marina e Pier Silvio hanno saputo unire pragmatismo e innovazione, rispettando il lascito paterno ma senza lasciarsi vincolare dal passato, dimostrando che l’eredità può essere non un peso, ma un trampolino per guardare avanti.

Giovanni Ferrero, il romanziere che ha rifondato l’impero

La storia di Giovanni Ferrero è tra le più avvincenti dell’imprenditoria familiare italiana. Nato nel 1964, cresciuto con una formazione umanistica e una passione letteraria che lo ha portato a pubblicare romanzi, Giovanni sembrava destinato a una vita lontana dal business. La tragica scomparsa del fratello maggiore Pietro nel 2011, e del padre Michele nel 2015, hanno però stravolto il destino del gruppo Ferrero, il colosso dolciario di Alba noto in tutto il mondo per la Nutella, Rocher e Kinder. Michele Ferrero aveva guidato l’azienda per oltre sessant’anni con un principio quasi sacro: la crescita interna, evitando acquisizioni esterne per non «contaminare» il Dna familiare e puntando sempre sulla qualità unica e inimitabile.

Ma Giovanni ha compreso che l’epoca era cambiata. Nel 2015, dal palco di Expo Milano, ha annunciato la necessità di «andare oltre le Colonne d’Ercole», una metafora che indicava la svolta verso una crescita esterna ed espansiva per competere nel mercato globale, in particolare in America, la sfida più ambiziosa. Quella svolta si è tradotta in una serie impressionante di acquisizioni: nel 2018 Ferrero ha comprato il business dolciario statunitense di Nestlé per 2,8 miliardi di dollari, portando a casa Butterfinger, Crunch e BabyRuth; nel 2019 ha acquisito da Kellogg’s un portafoglio di marchi di biscotti e snack, tra cui Keebler e Famous Amos; e quest’anno ha finalizzato l’acquisto della divisione cereali di WK Kellogg Co in Nord America e Caraibi per 3,1 miliardi di dollari, entrando in un settore strategico come quello della colazione con brand come Corn Flakes e Frosted Flakes.

Questa strategia ha fatto di Ferrero un gigante alimentare globale, capace di competere con i colossi mondiali del cibo, con un portafoglio molto più ampio e diversificato rispetto al passato, rompendo con il modello tradizionale e dimostrando una capacità manageriale pragmatica, visionaria e coraggiosa.

Massimo Doris e la banca dal tocco umano

Quando Ennio Doris, fondatore di Banca Mediolanum, è morto nel 2021, molti temevano che il modello innovativo di una banca centrata sul cliente potesse perdere slancio.

Ma Massimo Doris, suo figlio e amministratore delegato dal 2008, ha saputo raccogliere la sfida con una visione equilibrata tra tradizione e innovazione. Il successo di Massimo Doris si basa sulla fedeltà al principio-base seguito dal padre: mettere il cliente al centro, non solo come numero ma come persona con progetti e aspirazioni.

Nato come consulente all’interno della banca, ha fatto propria l’idea di Ennio che la finanza è fatta di persone prima che di numeri. Sotto la sua guida, Banca Mediolanum ha raggiunto risultati impressionanti: l’utile netto ha superato il miliardo di euro nel 2024, a fronte di meno di 40 milioni nel 2008; il numero di clienti è quasi raddoppiato, avvicinandosi a 2 milioni, e le masse gestite hanno toccato quest’anno i 144 miliardi di euro. Massimo Doris ha investito fortemente nella digitalizzazione, ma non per sostituire i consulenti personali, i “Family banker”, ma per potenziarli. Le piattaforme tecnologiche liberano tempo per il dialogo, che resta il cuore del modello di Mediolanum: un binomio virtuoso tra «tocco umano» e innovazione degli strumenti che garantisce un servizio personalizzato, efficiente e affidabile. Questa strategia ha sostenuto la banca anche nelle turbolenze dei mercati finanziari e ha consolidato una relazione di fiducia durevole con i clienti.

Marina Caprotti e la sfida del carrello

Esselunga rappresenta una delle storie di successo più emblematiche nella grande distribuzione italiana. Fondata da Bernardo Caprotti, scomparso nel 2016, è passata sotto la guida della figlia Marina che ha saputo mantenere e rafforzare il primato nel settore. Insieme alla madre Giuliana Albera, Marina ha completato l’acquisizione del 100 per cento delle azioni, rendendo la struttura proprietaria più semplice e affidabile. Questo ha permesso di concentrarsi sulla crescita e l’innovazione. Esselunga ha raggiunto e superato i 9 miliardi di euro di ricavi, mantenendo una redditività solida nonostante il contesto inflattivo e la pressione sui prezzi al consumo. Marina ha investito molto nel potenziamento dell’e-commerce con il servizio Esselunga a casa, che ha accelerato la crescita soprattutto dopo la pandemia, raggiungendo nuovi segmenti di consumatori. Altrettanto strategici sono stati i nuovi investimenti nell’apertura di punti vendita in città chiave come Roma e Genova e il lancio di nuovi format come laEsse, negozi compatti, specializzati e agili, pensati per adattarsi alle esigenze urbane e ai cambiamenti nei comportamenti d’acquisto. Questo approccio ha permesso al gruppo di continuare a innovarsi, restando leader e competitivo in un settore caratterizzato da grande dinamicità e concorrenza.

Ernesto Fürstenberg Fassio, il banchiere agile

La strategia di Ernesto Fürstenberg Fassio come banchiere, alla presidenza di Banca Ifis, creata nel 1983 a Genova dal padre Sebastien Egon Fürstenberg, si articola attorno a un principio cardine: la creazione di valore che trascende il mero profitto economico, per abbracciare una visione a lungo termine fondata su sostenibilità, innovazione digitale e un profondo impatto sociale. Il suo è un doppio binario dove la redditività si affianca e si alimenta della responsabilità verso la comunità e l’ambiente.

Al centro della sua visione vi è una forte spinta verso un modello di banca di “nuova generazione”, agile e in grado di competere sul mercato attraverso l’innovazione e una chiara identità.

Questa filosofia si è concretizzata in maniera emblematica con la recente acquisizione di Illimity Bank, un’operazione strategica volta a consolidare la leadership nel settore dello specialty finance e, in particolare, nella gestione dei crediti deteriorati (Npl), uno degli ambiti di eccellenza di Banca Ifis.

Insuccessi eccellenti

L’Italia è costellata da imprese familiari longeve, alcune addirittura con tradizioni secolari, come Beretta, in attività dal 1526. Ma spesso, come abbiamo accennato all’inizio, il passaggio generazionale è il momento più delicato. Non mancano gli esempi infelici: Carlo De Benedetti ha vissuto conflitti con i figli Rodolfo e Marco, che hanno rifiutato la sua proposta di rilancio del gruppo editoriale Gedi, scegliendo invece di cedere testate storiche al gruppo Exor.

Leonardo Del Vecchio, a differenza di molti colleghi, ha scelto un manager esterno, Francesco Milleri, per la gestione di EssilorLuxottica (con ottimi risultati, vedi l’accordo con Meta e la scalata a Nikon) riducendo il ruolo dei figli, ma ciò non ha evitato tensioni ereditarie tuttora aperte.

Anche in casa Agnelli, nonostante la soluzione della governance affidata a John Elkann, persistono contrasti familiari sulla distribuzione dell’eredità, testimoniando quanto il conflitto generazionale sia una delle principali criticità delle dinastie del business.

La sopravvivenza delle imprese familiari italiane rimane una sfida complessa e delicata, ma coniugando il rispetto per l’eredità paterna con l’audacia di innovare e adattarsi ai mercati globali, le seconde generazioni di successo mostrano che la continuità non è un limite ma può diventare la chiave per crescere e competere nel tempo. Dunque, buona la seconda.

Autore
Panorama

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