Traffico influenze, chiesto processo per l’ex segretario di Pittella

  • Postato il 11 giugno 2025
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Traffico influenze, chiesto processo per l’ex segretario di Pittella

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Chiesto il rinvio a giudizio, 6 anni dopo l’arresto, del 52enne lauriota Biagio Di Lascio, ex segretario dell’ex governatore, e attuale presidente del Consiglio regionale, Marcello Pittella (Azione). I pm scongelano l’accusa di traffico di influenze. Ma incombe la prescrizione.


POTENZA – A ottobre del 2019 era finito agli arresti domiciliari. Eppure l’udienza preliminare è iniziata soltanto ieri, 6 anni dopo.
E un processo a scoppio ritardato quello per Biagio Di Lascio, ex segretario dell’ex governatore, e attuale presidente del Consiglio regionale, Marcello Pittella (Azione).

LE ACCUSE DI TRAFFICO DI INFLUENZE A DI LASCIO


Per il 52enne di Lagonegro l’accusa resta quella di traffico d’influenze illecite per i 25mila euro intascati dall’imprenditore pugliese Vito Barozzi, tra marzo e giugno 2019, per agevolare lo sblocco dei pagamenti da parte della Regione Basilicata alla Cobar spa di Barozzi. Per alcune varianti sull’appalto da 100 milioni per la realizzazione dello “Schema idrico Basento – Tronco di Acerenza”.
Inizialmente i pm di Potenza avevano iscritto sul registro degli indagati, come suoi concorrenti, anche lo stesso Pittella e l’avvocato potentino Raffaele De Bonis, che curava gli interessi di Barozzi e avrebbe consegnato materialmente a Di Lascio i 25mila euro in questione per finanziare la campagna elettorale di Pittella.

DI LASCIO DAVANTI AL GUP


Da allora, però, le posizioni di entrambi sarebbero state archiviate. Anche perché a Pittella quei 25mila euro non sarebbero mai arrivati.
Ieri mattina, martedì 10 giugno, quindi, di fronte al gup Antonello Amodeo erano attesi i difensori del solo Di Lascio.
L’udienza è stata rinviata, a causa di un vizio di notifica, alla prossima settimana.

UDIENZA RINVIATA


Tra le questioni che il gup dovrà valutare ci sarà senz’altro il decorso dei termini di prescrizioni, dato il tempo trascorso dai fatti. Una questione destinata a riproporsi anche nell’eventualità di un rinvio a giudizio e che rischia di compromettere, in partenza, il dibattimento.
Le accuse a Di Lascio erano state stralciate da quelle per cui a ottobre del 2019 era stato arrestato l’avvocato De Bonis, poi condannato dal Tribunale a 3 anni di reclusione – non ancora definitivi – per corruzione e accesso abusivo alla banca dati riservata delle Fiamme gialle.

TRAFFICO DI INFLUENZE, IL RIESAME


Un mese più tardi, infatti, lo stesso Riesame aveva escluso la configurabilità dell’accusa contestata dalla procura, quella del traffico illecito di influenze, suggerendo agli inquirenti a riqualificare il tutto come un episodio, più grave, di vera e propria corruzione.
La conseguenza di questa diversa valutazione dei fatti, tuttavia, era stata di segno opposto, con l’immediata liberazione di Di Lascio.

IL RICORSO IN CASSAZIONE


Ne era seguito anche un ricorso in Cassazione della procura che si era vista dare ragione, quindi ha recuperato l’originaria incolpazione di traffico d’influenze.
Nei giorni scorsi il nome di Di Lascio era tornata alla ribalta delle cronache grazie alle rivelazioni del Quotidiano su un altro filone d’indagine avviato dai pm di Potenza, nel 2019.
Intercettando Di Lascio, infatti, i militari avevano scoperto i suoi rapporti con l’imprenditore potentino Antonio Colangelo, che avrebbe pagato all’ex segretario del governatore 128mila euro tra gennaio 2018 e settembre 2019.


Corrispettivi per remunerare i servizi resi dal geometra Di Lascio a una delle imprese di Colangelo, sulla carta. Ma gli inquirenti, colpiti dal fatto che nelle conversazioni intercettate non si facesse mai riferimento a «lavori e/o incarichi», si erano convinti che in realtà si trattasse di altro. Salvo poi ricredersi e chiedere l’archiviazione anche per questa ipotesi d’accusa.

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