Tragedia di Orio al Serio: la morte di Andrea Russo e le “falle” della sicurezza aeroportuale
- Postato il 9 luglio 2025
- Di Panorama
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Quanto accaduto ieri all’aeroporto internazionale di Bergamo “Il Caravaggio”, il terzo in Italia per volume di traffico, sarà oggetto di più indagini per comprendere quali siano state, se esistono, le ragioni e le intenzioni di Andrea Russo, classe 1990, morto apparentemente suicida contro il motore acceso di un velivolo in rullaggio. E capire le caratteristiche e le metodologie di sicurezza dell’importante scalo lombardo.
Come sia stato possibile che una persona potesse mollare la sua auto in mezzo alla strada, aprire una porta (chiusa, ma apribile in caso d’uso o emergenza, con una logica precisa), varcare una soglia e arrivare sul piazzale è ciò che occorre scoprire, ma non per porre una colpa, bensì per fare in modo che non possa più accadere. Lo si dice ogni volta che succedono fatti tragici come questo, si migliora sul lungo periodo (lo dicono le statistiche) ma poi l’aviazione ci insegna che non tutte le “norme introdotte” sono prive di conseguenze. Ricordate l’11 settembre 2001? Dopo quella data le cabine di pilotaggio furono blindate e anni dopo un copilota di Germanwings, rimasto solo in cabina dietro quella robusta porta chiusa, decise di suicidarsi uccidendo tutti coloro che erano a bordo.
L’aeroporto, definito “un luogo che vende tempo”, è per definizione un sito aperto, un approdo, la versione aerea del porto, appunto. E nonostante lo shopping serve innanzi tutto per partire e arrivare. Le leggi internazionali che regolano l’aviazione, e in particolare quella commerciale, sono pubblicate dall’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (ICAO) e divise in 19 capitoli chiamati Annessi. Di questi, tre sono quelli che principalmente dettano le regole che ieri Russo ha superato, quelle di sicurezza (parola che in italiano ricomprende quelle anglosassoni safety e security): l’Annesso 14 che definisce come debbano essere costruiti gli aeroporti; il numero 17 che riguarda gli aspetti di sicurezza relativi alla mitigazione di possibili atti fuorilegge e il numero 19 che riguarda la sicurezza intesa come salvaguardia della salute. Esiste poi un piano di sicurezza aeroportuale, una serie di regole che possiamo definire “locali” e che servono per applicare al meglio quelle internazionali a ciascuna realtà.
Certo, si può sbagliare, ma quanto a restrizioni uno scalo internazionale civile non è una base militare e neppure un carcere. Se poi Russo sia riuscito ad aprire una porta che era chiusa, allora tra gli atti deliberati da lui compiuti, forse già con l’intenzione di fare l’estremo gesto, c’è qualcosa che va oltre ciò che ‘l’ICAO e i piani di sicurezza possono e regolare, ma anche qualcosa di irrazionale.
Come in tutte le organizzazioni che pongono attenzione alla sicurezza, in ogni aeroporto esiste anche una scala della gravità degli errori che l’essere umano commette: si va dalle sviste che si verificano quando un individuo intende fare una cosa ma inavvertitamente ne fa un’altra, spesso associati a compiti di routine, come la dimenticanza di un passaggio in una procedura, e ci sono gli errori che si verificano quando il piano previsto è difettoso, il che significa che la linea d’azione scelta è errata, ma ci sono anche quelli che provocano una deviazione dall’accuratezza o dalla correttezza di un operato.
E ci sarà tempo per capire se e come si potrà agire affinché non possa più accadere che la follia prevalga sulla razionalità di un sistema complesso come quello dell’aviazione civile, il più impegnato nelle azioni di mitigazione del difetto peggiore della nostra specie: il fattore umano, materia sempre più importante nel settore del trasporto aereo.
C’è di più: oltre la morte di Andrea c’è da considerare lo shock degli operatori aeroportuali, di chi ha visto, di chi ha tentato di fermare l’azione e di chi l’ha subita, fino all’equipaggio dell’aeroplano che nulla poteva. I motori turbofan non si fermano immediatamente con mezzo giro di chiave, una macchina volante pesante oltre 65 tonnellate non si manovra a terra come fosse un’utilitaria che scansa un animale in mezzo alla strada. E la morte di un uomo non è – e non deve essere – ricondotta a una scocciatura che provoca un ritardo.