«Troppi uomini». Se il femminismo va alle crociate

  • Postato il 28 giugno 2025
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«Troppi uomini». Se il femminismo va alle crociate

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Buongiorno, sono Claudia Arletti, del Venerdì di Repubblica. Possiamo sentirci un attimo?

Certo, mi dica pure.

Direttore, c’è una foto sconcertante che sta girando sul web, lei l’ha vista?

Non so di che parla.

Ma il suo giornale ha organizzato un convegno la settimana scorsa al MAXXI?

Sì, un convegno sull’urbanistica intitolato «Quo Vadis, Roma?».

E non ha visto la foto sconcertante che gira sul convegno?

Proprio no. Che è successo?

Direttore, c’è la foto di una tavola rotonda dove siete tutti uomini.

Adesso capisco. Mi dispiace, ma vede, la foto fotografa la geografia di genere dell’urbanistica a Roma.

Ma Direttore, ho contato le presenze dal programma e ho visto che c’erano solo 7 donne e 39 uomini.

Me ne rammarico, ma non è colpa mia se i protagonisti dell’urbanistica degli ultimi quarant’anni a Roma sono in prevalenza uomini. Parlo di amministratori pubblici, di architetti, di politici di settore.

Quindi lei lo sapeva e non ha pensato di riequilibrare il rapporto.

Sì, mi sono premurato di invitare più donne possibile coinvolte nei processi dell’urbanistica. Qualcuna ha rifiutato. Ma in ogni caso, non le pare che esibire una presenza nominale di donne fosse una foglia di fico per nascondere la realtà che è dispari?

Direttore, riporterò queste sue spiegazioni. L’articolo uscirà il 27.

Lei è libera di scrivere ciò che vuole. La invito però a considerare che la parità di genere non si risolve invitando nei convegni un numero uguale di donne e uomini, ma facendo sì che nei ruoli di vertice delle istituzioni e delle professioni le donne abbiano lo stesso peso.


Detto, fatto. Ieri, 27 giugno, il Venerdì di Repubblica la racconta così: «Un lettore indispettito scrive a Bioritmi che il patriarcato è finito e che ormai ovunque le donne sono al comando. Forse confonde Roma con Helsinki, gli abbiamo risposto pazientemente, mentre l’amica Teresa ci mandava su whatsapp questa foto, che aveva ricevuto dalla sorella, cui l’aveva inviata un’amica… È la conferenza Quo Vadis Roma…».

L’articolo procede segnalando la contabilità di genere sbilanciata a favore degli uomini, riportando le spiegazioni del direttore, cioè del sottoscritto, ma chiosandole con il mea culpa di uno scrittore, Paolo Di Paolo: «Errore mio forse non aver letto il programma prima – si giustifica -. Arrivato lì, mi sono detto: che brutto colpo d’occhio! Possibile che non ci sia neanche una donna?, ho chiesto pubblicamente. È sceso il gelo». Caro lettore – chiosa la redattrice di Repubblica – da Roma è tutto».

Ma è davvero tutto? O forse c’è, nelle pieghe di questa censura, qualcos’altro? Mi ritorna alla mente l’esordio al telefono della giornalista di Repubblica e l’aggettivo usato per raccontare l’asimmetria di genere del convegno: «Sconcertante». Se c’è una cosa sconcertante in vicende come questa, è l’aria pesante che si respira nelle relazioni tra i sessi, da quando una moraleggiante pedagogia di genere spira come un pensiero intollerante.

Se ne coglie il fumo proprio nell’atteggiamento contrito di chi si difende come uno scrittore organico scoperto con il dito nella marmellata. Di Paolo si mostra pentito per aver aderito al convegno senza aver verificato il rispetto della parità di genere. Ci tengo a rassicurarlo. Il prossimo invito per lui sarà accompagnato da una dettagliata schedatura dei partecipanti con le loro identità di genere e, magari, di orientamento ideologico.
Fuor di ironia, di cui pure c’è tanto bisogno, davvero si può promuovere la parità bacchettando il bersaglio di turno – un mese fa era toccato ai commercialisti – dal pulpito di una rubrica di costume?

Sinceramente penso di no. E auguro a Repubblica di disarmare quanto prima queste anguste periferie dello spirito, dove il pensiero progressista forse ristagna da troppo tempo. Quanto all’autrice, se proprio non sono riuscito a indurla al dubbio con questi argomenti, le suggerisco di censire il femminile nell’organigramma di vertice del suo giornale: quanti direttrici e vicedirettrici ha avuto Repubblica nei suoi cinquanta anni di vita? E quanti sono adesso? Nella gerenza di ieri contiamo sei uomini e una donna. Sei sta a una, come 39 sta a 7. Siamo lì, allora. Dai…

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