Troppo caldo? Non solo le insegne si sciolgono: anche qualche cervello
- Postato il 2 luglio 2025
- Di Panorama
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Colpa del caldo, ovvio. Sto parlando del crollo della gigantesca insegna Generali, lassù in cima al grattacielo Hadid di Milano. È chiaro, no? Colpa del caldo. Delle temperature torride. Del cambiamento climatico. Non ci sono dubbi. Non provate a dire il contrario o siete negazionisti. Qui bisogna agire subito. Dunque che aspetta il governo a proclamare lo stato d’emergenza? A dichiarare l’allarme sociale e sanitario? Ripeto: che aspetta? Tra poco crolleranno direttamente i grattacieli, altro che le insegne. Si scioglieranno i palazzi, e se guardate bene i semafori sono già un po’ liquefatti, sarà per quello che sono sempre fermi sul rosso. Avanti, non perdete tempo. Qualcuno si affretti a portare un ventaglio alla Madonnina o troveremo pure lei abbattuta da un colpo di calore.
Non sto scherzando. Il Domani, il quotidiano di De Benedetti, per dire, ieri in edicola era chiarissimo: «L’estate che scioglie le insegne», titolava in prima pagina a grandi caratteri. Dunque ne siamo certi: le insegne non crollano per un cedimento strutturale, per un errore di fabbricazione o per la responsabilità di qualcuno che non ha fatto i lavori come si deve. Macché: crollano perché l’estate «le scioglie». Del resto «tre giorni sopra i 28 gradi sono dieci volte più frequenti di prima», come recita la didascalia. Diamine: con tre giorni sopra i 28 gradi non si sono sempre sciolte tutte le insegne, e fors’anche i palazzi, per non dire dei cervelli di chi scrive certi articoli? Basta leggere l’insistenza sulle formule del terrore: stress da caldo, emergenza caldo, mortalità da caldo. E ovviamente insegne che crollano per il caldo. «Sembrava quasi un’allucinazione da ondata di calore», scrive allarmato il cronista. Sembrava un’allucinazione? Vorremmo rassicurare il collega: non sembrava.
Anche Repubblica, però, è sulla stessa onda, o meglio ondata, ovviamente di allucinante calore. «Cedimento per il caldo» titola infatti il quotidiano in prima pagina, senza dubbio alcuno. A pagina 4, però, i dubbi aumentano e il titolo diventa più morbido: «Tra le cause anche il caldo», recita infatti. Ah, ecco: «Tra le cause». «Anche». In basso l’intervista all’esperto che dice testualmente: «Mi sembra strano che possa essere stato il caldo». Dunque: non è stato il caldo. Però la verità viene ben nascosta, in base all’antica regola che non bisogna mai rovinare una bella storia con la verità. L’intervista all’esperto viene infatti titolata: «Il clima influenza gli edifici». Eccome no: influenza. Ma influenza di più certe penne. Perché come twitta feroce Fabio Dragoni l’acciaio si piega solo a 1.400 gradi, il ferro si piega solo a 1.600 gradi. Ma certi giornalisti si piegano facilmente a 90 gradi.
«Non si esclude che il cedimento sia causato dalle alte temperature», ha titolato a caldo (è il caso di dirlo) il Corriere della Sera. «Non si esclude» è meraviglioso. È la formula magica del terrore perché tiene dentro tutto, soprattutto quando non si sa nulla. «Non si esclude» che il cedimento sia causato dalle alte temperature, certo, così come «non si esclude» che sia causato da un meteorite o da un brucomela che ha sbagliato strada o da un’invasione di termiti o da una scorreggia troppo forte dell’ascensorista. «Non si esclude» nulla, dal momento che non si sa. Anche se pare che la Procura non abbia messo sotto inchiesta il termometro ma un possibile cedimento strutturale. E ieri i vigili del fuoco hanno detto: «Ha ceduto la struttura, mai parlato di temperature alte». A qualcuno potrebbe persino venire il sospetto che il riscaldamento globale sia in realtà usato per coprire le vere responsabilità di chi piazza un’insegna alta 15 metri e lunga 75 metri su un grattacielo di 192 metri, mettendo le ragioni del marketing davanti alle ragioni della sicurezza, oltre che dell’estetica. Diciamo così: «Non si esclude», fra i commentatori del crollo, un’ondata di (caldi) paraculi.
Un’ondata che, ovviamente, i politici più gretini si sono messi subito a cavalcare come surfisti californiani. La notizia del crollo era appena apparsa sui teleschermi degli italiani, infatti, e Laura Boldrini già la commentava in diretta tv attribuendo senza esitazioni la colpa al cambiamento climatico. Il verde Carlo Monguzzi ha assunto addirittura toni mistici parlando di «uno scandalo, un presagio, un avvertimento», rilanciando così il buon Savonarola in salsa green: ricordati che devi morire di caldo. E Angelo Bonelli ne ha approfittato per chiedere al governo lo «stato d’emergenza» perché le alte temperature sono chiaramente «una questione di sicurezza nazionale». Speriamo solo che non lo venga a sapere Ursula von der Truppen altrimenti ne approfitta per dare altri 800 miliardi ai produttori di armi. «Fermiamo i russi e bombardiamo il sole». Già me lo vedo il prossimo piano Ue «Pronti per il 2030».
Certo che ora che sappiamo che il caldo fa crollare le insegne, dobbiamo stare attenti quando andiamo a passeggio in città. Per dire: chi ci assicura che non crolli anche l’insegna della pizzeria Bella Napoli? O quella della merceria Da Silvana? Non saranno forse a rischio, con queste ondate di caldo, tutti i cartelloni pubblicitari, le antenne tv, i lampioni (almeno quelli più alti) e fors’anche le ringhiere di certi balconi? In attesa che l’estate sciolga tutto, ci prepariamo ai prossimi crolli: prima, ovviamente, toccherà alla copia della Madonnina messa sul grattacielo Isozaki (più alto di quello delle Generali), poi alla Madonnina vera, quella sul Duomo. Mentre ci viene il sospetto che la guglia del grattacielo Unicredit, il più alto d’Italia, sia già crollata da un pezzo, anche se i soliti negazionisti nemici del green non lo vogliono ammettere. Del resto è noto che a Dubai dove le temperature sono torride, e non da oggi, i grattacieli sono crollati già da un pezzo. O forse li hanno costruiti direttamente in orizzontale?