Trump e il progetto della Gaza Riviera: “Per ora ci sono solo macerie, ma col passare degli anni sarà molto bella”
- Postato il 13 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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A febbraio si era spinto a pubblicare sui suoi social un video in cui Gaza, già ampiamente devastata, sarebbe stata trasformata in una destinazione turistica di pregio, con passeggiate, grattacieli, hotel di lusso e spiagge meravigliose. Il progetto è quello della Gaza Riviera, da costruire sulle macerie di due anni di raid e bombardamenti dell’esercito israeliano. E ora che la tregua è arrivata, la domanda a Trump l’hanno fatta i giornalisti a bordo dell’Air force One, mentre il presidente Usa era diretto verso Israele. “È devastato, è come un cantiere di demolizione. Bisogna sbarazzarsi di quello che c’è lì”, ha detto riferendosi agli edifici danneggiati e rasi al suolo a Gaza. Alla domanda se il progetto di ricostruzione è ancora in piedi, ha affermato di non sapere se ciò “sarebbe stato possibile per un po’”. Quando gli è stato chiesto come sarebbe stata Gaza tra un anno, Trump ha aggiunto, come riporta Sky News: “Un anno è molto veloce, ma col passare degli anni la situazione sarà molto bella”. La più recente analisi del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) indica che la distruzione o il danneggiamento del 78% circa dei 250 mila edifici stimati nella Striscia ha prodotto un volume di circa 61 milioni di tonnellate di macerie, diciassette volte la somma di tutti i detriti prodotti dai precedenti bombardamenti a Gaza dal 2008. Secondo le fonti più accreditate, rimuovere e processare questa massa enorme richiederà decenni, anche al netto degli imprevisti. Perché Gaza è anche un cimitero dove si stima che almeno 12 mila corpi siano ancora sepolti sotto le macerie. Chi è rimasto dovrà invece fare i conti con suoli e acque contaminate, e con la perdita e la distruzione dei registri di proprietà, sempre che si vogliano davvero riconoscere i diritti.
Se arrivi o meno a destinazione il progetto di Gaza Riviera sarà da vedere. A mettere a punto l’idea teorica insieme al presidente Usa la strana coppia formata dal genero Jared Kushner, già architetto degli accordi di Abramo con affari miliardari nel Golfo, e l’inviato ufficiale Steve Witkoff. Il piano che l’amministrazione Usa immagina per il futuro della Striscia potrebbe avere il volto di Tony Blair, 72enne ex primo ministro britannico e partner fedele di Washington fin dai tempi della sciagurata avventura bellica in Iraq. Blair si è di fatto autocandidato per un ruolo da governatore pro tempore. Capo di un’amministrazione ad interim coperta formalmente dalle insegne dell’Onu, con funzionari arabi e almeno un ‘tecnico’ palestinese fra i suoi ranghi che dovrebbe assumere il controllo futuro di Gaza. Con il benestare di Usa, Israele e alleati musulmani dell’occidente; e il rinvio di “anni” dell’obiettivo dichiarato della restituzione della Striscia all’Autorità nazionale palestinese (Anp). La base di partenza di questa iniziativa è costituita dai piani di ricostruzione discussi di recente sotto traccia dal medesimo Blair con Witkoff e Kushner, introdotto nel Golfo al pari dell’ex leader del New Labour.
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