Trump: la nuova mossa che riscrive la geopolitica eurasiatica
- Postato il 2 settembre 2025
- Di Panorama
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La recente firma dell’accordo di pace tra Azerbaigian e Armenia, mediata dagli Stati Uniti e culminata con l’istituzione della Trump route for international peace and prosperity (Tripp) attraverso l’Armenia meridionale, rappresenta una svolta geopolitica che richiama la teoria classica dell’Heartland di Halford Mackinder, il celebre stratega britannico.
Il lancio della Tripp va oltre la semplice risoluzione di un conflitto regionale, e descrive la volontà americana di inserire un “cuneo” geografico e politico nel cuore dell’Eurasia.
Il controllo americano sull’Eurasia
Il controllo americano tramite questo accordo rompe la continuità geografica tra le zone d’influenza sino-russe, impedendo la formazione di un blocco eurasiatico unificato che Mackinder temeva potesse dominare il mondo.
Il corridoio Tripp, con la sua concessione di 99 anni agli Stati Uniti per lo sviluppo di infrastrutture ferroviarie, energetiche e di telecomunicazioni, incarna perfettamente l’idea secondo cui chi controlla il cuore dell’Eurasia ha gioco facile ad assumere una posizione di primazia globale.
Washington non ha mai dimenticato che dominare i punti di strozzatura geografici tra il Mar Nero e il Caspio significa posizionarsi strategicamente tra Russia e Iran, creando un’alternativa occidentale alle rotte tradizionali controllate da Mosca e Pechino attraverso la Belt and Road Initiative.
L’espansione degli accordi di Abramo
La possibile espansione degli accordi di Abramo verso l’Asia Centrale, con il coinvolgimento di Azerbaigian, Kazakistan e potenzialmente Uzbekistan, creerebbe una “mezzaluna strategica” che si estenderebbe dal Mediterraneo orientale fino ai confini centrasiatici.
La reazione dell’Iran, che ha già dichiarato di voler «impedire la creazione di un corridoio americano nella regione del Caucaso», evidenzia come Teheran percepisca nitidamente la minaccia di un accerchiamento strategico.
Il ruolo cruciale del Pakistan
Il corridoio Tripp, posizionato lungo il confine settentrionale iraniano, potrebbe servire obiettivi di contenimento più ampi nel momento di massima vulnerabilità interna della Repubblica islamica.
In questo contesto, anche Islamabad assume agli occhi di Trump un ruolo fondamentale come snodo naturale tra Asia meridionale, Asia centrale e Medio Oriente.
- La Cina ha investito 65 miliardi di dollari nel China-Pakistan Economic Corridor (Cpec) per penetrare l’Heartland fino al Mare Arabico.
- Parallelamente, il Pakistan è entrato nel Corridoio di trasporto internazionale Nord-Sud (Instc) nel 2024, un percorso multimodale di 7.200 km che collega India e Russia via Iran.
Washington punta a spezzare la dipendenza di Islamabad da Pechino: lo dimostra la visita del generale Asim Munir alla Casa Bianca, primo incontro tra un presidente Usa e il capo dell’esercito pakistano senza alti funzionari civili.
Non va trascurata la cooperazione difensiva trilaterale tra Pakistan, Turchia e Azerbaigian, nota come “Tre fratelli”, che rafforza il ruolo strategico di Islamabad.
I rischi della strategia americana
Alla determinazione americana di scardinare le strategie di iperconnettività cinese fanno da contraltare diversi rischi.
Il primo è legato al ruolo rilevante assegnato a Turchia e Pakistan nell’equazione strategica degli Usa. Se l’accordo di Abramo della prima amministrazione Trump si caratterizzava per l’ostilità verso l’islam politico, oggi il coinvolgimento attivo di Ankara e Islamabad attenua o addirittura contraddice quella logica.
L’India tra illusioni e realtà
Un discorso a parte merita l’India. In ragione della propria centralità sia nel contenimento della Cina sia nel contrasto all’islam politico, Nuova Delhi si credeva fondamentale nell’agenda trumpiana, tanto da continuare a fare affari con Mosca.
Un’illusione infranta dalle tariffe-monstre imposte da Washington, che hanno mostrato quanto i rapporti strategici con l’India possano essere messi in discussione.