Trump rivendica la nave affondata coi narcos venezuelani: le accuse di deepfake di Caracas e l’obiettivo Usa nei Caraibi
- Postato il 3 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Il South Command statunitense ha rivendicato un raid aereo nel Mar dei Caraibi, in acque internazionali, contro un’imbarcazione proveniente dalle coste venezuelane e – secondo la versione della Casa Bianca – carica di droga e riconducibile al Tren de Aragua, la gang transnazionale inserita nell’elenco federale delle organizzazioni terroristiche, accusata di “omicidi di massa”, “tratta di persone”, “narcotraffico” e altri reati. L’attacco ha provocato undici vittime e rientra nella crociata lanciata da Washington contro i cartelli della droga, che vede almeno otto navi statunitensi dispiegate nel Mar dei Caraibi e conta sull’appoggio logistico in Paesi sotto l’orbita Usa tra cui Guyana, Panama, Porto Rico, Trinidad e Tobago. “L’attacco è stato eseguito mentre i terroristi si trovavano nel mare, in acque internazionali, trasportando narcotici illegali verso gli Stati Uniti“, ha rivendicato il presidente Usa Donald Trump, in un video postato sulla piattaforma social Truth, rompendo il silenzio sull’operazione militare nei Caraibi per poi incolpare il Tren de Aragua, “un’organizzazione terroristica che opera sotto il controllo di Nicolas Maduro”, il presidente venezuelano su pende taglia da 50 milioni di dollari. “Dal Congresso degli Stati Uniti posso confermare che abbiamo affondato una nave del Cartel de Los Soles”, ha invece affermato il congressista repubblicano del Florida Carlos Giménez, smentendo involontariamente le accuse di Trump contro il TdA. L’ironia vuole che la voce più prudente sia quella di Rubio, che si è limitato a ribadire l'”attacco letale nel sud dei Caraibi” contro un’imbarcazione pilotata da “un’organizzazione terrorista designata”, senza fare nomi.
Guardando a Caracas, il ministro delle Comunicazioni venezuelano, Freddy Núñez, ha reagito bollando come deepfake il video postato da Trump, definendolo “un’animazione semplificata, da cartoni animati”. La linea di discorso di Palazzo Miraflores è univoca: evitare lo scontro diretto con Donald Trump, che Maduro ha definito “un potenziale alleato” nel Continente, screditando invece il segretario di Stato Marco Rubio, intento a “macchiare di sangue innocente le mani del presidente” statunitense. E lo fa provando a smascherare la “mafia di Miami“, cioè il bacino di voti di Rubio, che “ha preso in ostaggio la politica estera statunitense verso l’America Latina e i Caraibi”.
Infatti, il segretario di Stato sta provando a convincere alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, in una coalizione internazionale nei Caraibi per prendere parte ad operazioni antidroga. Il gruppo di volenterosi che conterebbe su Argentina, Ecuador – che visiterà a breve -, Paraguay e altri Paesi che, su indicazione Usa, hanno dichiarato il Cartel de los Soles come “organizzazione terrorista”. Ma c’è chi si oppone: a partire dal presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, per il quale lo schieramento di navi da guerra Usa nei Caraibi sono una “messinscena” volta a “rovesciare i governi latinoamericani”. L’azione Usa rafforza anche l’alleanza tra Caracas e Pechino, che acquista già il 90% del greggio venezuelano, e Mosca, pronta a condannare l’ingerenza di Washington. Sulle operazioni Usa interviene anche il presidente colombiano Gustavo Petro per il quale il “Cartel de los soles” è solo propaganda “volta a giustificare l’invasione di uno Stato latinoamericano”, replicando errori compiuti in Iraq e Siria. Secondo Petro il traffico di droga che lacera il Venezuela e la regione è gestito dalla “Junta del narcotrafico”, organizzazione operativa dagli anni Novanta e con quartier generale a Dubai, ma finora poco contrastata per omissioni europee e statunitensi. L’esistenza del “Cartel de los Soles” è stata poi smentita da altre personalità come l’ex-presidente boliviano Evo Morales e dall’ex-collaboratore della Commissione narcotici dell’Onu Pino Arlacchi.
A questo quadro, si aggiunge la decisione di una Corte d’appello federale degli Stati Uniti rispetto all’Alien Enemies Act del 1978 – usato solo nel 1812 e nelle due guerre mondiale – e che Trump ha rispolverato per giustificare le espulsioni sommarie di migranti venezuelani, proprio per mettere nel mirino il Tren de Aragua. Per la Corte federale non ci sono prove di alcuna “invasione o incursione predatoria” negli Usa e l’Alien Enemies Act sarebbe stato “invocato indebitamente” dalla Casa Bianca. Pur dicendosi pronto a rispondere a un’eventuale aggressione, il governo venezuelano sembra aver colto le inconsistenze del piano Usa. “Ci attaccano solo dopo aver liberato i loro prigionieri, e questo la dice lunga”, sostiene una fonte di Caracas a Ilfattoquotidiano.it, per la quale il dispiegamento Usa “rischia di essere soltanto fumo, laddove le operazioni Chevron e i rimpatri a Caracas proseguono senza interruzioni”. L’Italia però ha ancora dei prigionieri dentro il Paese, oltre a 200mila concittadini, ed è tenuta a mantenere gli equilibri con il Venezuela, dove nelle ultime ore si stanno verificando spostamenti di prigionieri dall’Helicoide, dov’è tenuto Biagio Pilieri, a El Rodeo I, dove rimane recluso Alberto Trentini.
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