Trump tenta il blitz sull’Intelligenza artificiale e propone dieci anni di “far west” senza regole
- Postato il 15 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Donald Trump regala a Big Tech dieci anni senza regole sull’intelligenza artificiale. O almeno ci prova. La manovra finanziaria in discussione al Congresso stabilisce un divieto per gli Stati federati di fissare degli obblighi a carico delle aziende tecnologiche, dunque, di prevedere delle garanzie a tutela dei consumatori. Ma più di centotrenta associazioni della società civile hanno firmato un appello per chiedere il ritiro del provvedimento. Quaranta procuratori generali, di estrazione bipartisan, si oppongono all’approvazione. E persino alcuni senatori repubblicani, ora che la legge è all’esame della Camera Alta, hanno criticato apertamente la moratoria.
“The Big Beautiful Bill”, la “grande e bella” legge: così l’ha battezzata Donald Trump. Tecnicamente è una legge di riconciliazione del bilancio, che nell’ambito dell’ordinamento statunitense disciplina entrate e uscite. Contiene provvedimenti simbolo per il tycoon e la fazione politica che ne ha sostenuto l’ascesa, come tagli alle politiche sociali o sgravi fiscali. La legge è stata approvata alla Camera, seppur con una maggioranza risicata e l’opposizione unanime dei democratici, ma ora si è arenata in Senato. Anche a causa di una controversa previsione in materia di intelligenza artificiale che getterebbe le basi, lamentano alcune associazioni, per un far west normativo, con Big Tech libera di fare il bello e il cattivo tempo.
La legge, infatti, stabilisce un divieto decennale per gli stati di normare la materia. Quella dell’IA è un’industria di alto rilievo geopolitico: le aziende del settore chiedono mani libere per poter competere ad armi pari con le imprese cinesi. Inoltre, si giustificano i trumpiani, la disposizione serve a evitare che gli stati procedano in ordine sparso su una materia così strategica. Come ha spiegato Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, “un mosaico di regolamentazioni statali sarebbe piuttosto gravoso e comprometterebbe significativamente la nostra capacità di fare ciò che dobbiamo fare”.
Tuttavia, ad oggi, manca una disciplina organica e di marca federale dell’ambito, che preveda, ad esempio, garanzie sull’utilizzo degli “algoritmi ad alto rischio” (un corrispettivo americano dell’IA ACT europeo). E “finché non avremo qualcosa a livello federale”, ha motivato la senatrice repubblicana Marsha Blackburn, “non possiamo chiedere una moratoria”, dopo aver ribadito il fatto che il suo stato, il Tennessee, si è già dotato di una legge (l’Elvis Act) per proteggere i diritti d’immagine dalle imitazioni realizzate con l’IA.
Anche il Colorado ha promulgato una legge sull’IA (ad oggi, la più completa), che entrerà in vigore nel 2026. Ma la moratoria potrebbe bloccare tutto. Quella di Blackburn non è l’unica defezione registrata nel fronte trumpiano: alcuni repubblicani vecchio stampo, come il senatore Josh Hawley, lamentano un’invasione di campo da parte del governo centrale, un tradizionale cavallo di battaglia del Grand Old Party. Il procuratore Alan Wilson (GOP), sulla stessa linea, l’ha descritto come “un abuso di potere federale”. E persino alcuni leader industriali si sono posti il problema: l’amministratore delegato di Antropic, Dario Amodei, ha spiegato che con questa moratoria si rischia “il peggio di entrambi i mondi: nessuna possibilità di azione da parte degli Stati, e nessuna politica nazionale a fare da rete di sicurezza”.
Come se non bastasse, oltre alla crescente opposizione politica, interna ed esterna, di mezzo c’è anche un ostacolo tecnico: la Byrd Rule non consente, al Senato, di inserire nelle “reconciliation bill” previsioni che non sono ascrivibili al bilancio federale. Il rischio principale, per i sostenitori del presidente, è che questa norma venga espunta dalla manovra per ragioni tecniche. Il senatore repubblicano John Cornyn ha ammesso: “non so se supererà la Byrd Rule”. Ma i trumpiani di stretta osservanza hanno escogitato un trucco per aggirarla: prevedere la sospensione dei fondi federali per la banda larga (le infrastrutture di rete) agli stati che regolamentano. In pratica la moratoria verrebbe riformulata come condizionalità fiscale, anzichè costituire un divieto diretto. Ma comunque in linea con gli interessi della Silicon Valley.
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