Tudor e gli altri allenatori, l’arte del lamento che diventa alibi
- Postato il 21 settembre 2025
- Di Panorama
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L’arte di lamentarsi è un esercizio pericoloso. Concede una via d’uscita apparentemente facile e sicura da una delusione sportiva, spesso raccoglie applausi dagli amici e un’alzata di spalle dei nemici e, soprattutto, non costa nulla. Solo che, ripetuta all’infinito e moltiplicata per dieci, cento e mille finisce con il far perdere di vista il vero punto centrale delle questioni e alla lunga è dannosa.
Igor Tudor in questo avvio di stagione ha dimostrato di saper dare un’anima alla sua Juventus, ma anche di essere cultore dell’arte del lamento in maniera sospetta. Due volte il campo ha restituito ai bianconeri un risultato non gradito, due volte il tecnico croato ha vestito i panni dell’infuriato: contro gli arbitri, il Var, chi scrive le pagelle sui giornali e chi compila i calendari dei campionati. Tudor contro tutti con sullo sfondo due prestazioni di cui sarebbe stato meglio parlare con maggiore profondità.
Tudor e la rabbia contro l’arbitro di Verona-Juventus
L’ultimo a finire nel mirino di Tudor è stato Antonio Rapuano, arbitro della sfida tra il Verona e la Juventus. Le sue colpe: aver concesso, richiamato al Var da Aureliano, un calcio di rigore certamente non enorme (tocco di braccio di Joao Mario su pallone spiovente in area, schermato da un giocatore dell’Hellas), ma di sicuro facente parte della casistica di quelle decisioni da zona grigia già viste e riviste ovunque.
Per intenderci basta dare un’occhiata a quanto accaduto in Europa ai massimi livelli (Real Madrid) o in Italia nel passato più o meno recente. E poi la seconda macchia, la mancata espulsione del veronese Orban dopo gomitata proditoria a Gatti: immagini chiare per tutti, tranne che per la sala Var. Insomma, non una grande serata della sestina arbitrale ma nemmeno quella della Juventus è stata un granché, visto che il Verona non ha solo strameritato il pareggio ma è tornato a casa con qualche rimpianto mentre a Tudor è rimasta solo la rabbia senza spiegare la controprestazione dei suoi.
Il tecnico, poi, se l’è presa con la Lega Serie A perché ha fatto giocare la Juventus il sabato e il Napoli lunedì, dimenticando di aver svolto il suo compito di Champions League due giorni prima dei partenopei e che in Italia e un po’ ovunque i calendari compressi del calcio moderno sono un sottile gioco di incastri. Noventasei ore di riposo ha avuto la Juve tra un impegno e l’altro e novantasei il Napoli. E pure Inter e Atalanta, in campo mercoledì e domenica. Senso della polemica: zero. O quasi.
Tudor e la furia contro l’arbitro della sfida con il Borussia Dortmund e i giornalisti
Del resto la settimana si era aperta con l’arrabbiatura per un rigore presunto (smentito dalle immagini) non concesso alla Juventus nel rocambolesco pareggio rimediato in extremis contro il Borussia Dortmund e per le polemiche per l’altro penalty, questo dato, ai tedeschi su un’azione in cui la Uefa ritiene che il direttore di gara abbia avuto ragione. Tuoni e fulmini favoriti anche dall’adrenalina di un match eccitante, ma anche pieno di zone d’ombra e rimediato quasi più per caso che per merito.
Poi il muro alzato contro i critici che si sono permessi di discutere una prestazione pessima del suo portiere (“Io non vedo questi sbagli che fa il mio portiere: non faccio nomi, ma se vediamo i portieri di squadre di primissimo livello fanno robe da matti“) e di Kelly, difensore che per mesi ha reso molto meno dei soldi pagati per giudizio unanime di tutti, tifosi juventini per primi (“C’è stata tanta scorrettezza nei giudizi di questo ragazzo, una non obiettività delle sue prestazioni“). Tutto molto esagerato.
Proteste e ricerche di alibi, un’abitudine molto italiana
Tudor ovviamente non è solo nella pratica di coltivare l’arte del lamento. Dai retropensieri gettati sul tavolo del dibattito alla prima decisione controversa subita da un arbitro, alla denuncia di errori o complotti per l’indicazione di scendere in campo in giorni e orari non graditi (il pranzo sullo stomaco del launch match, la penombra delle 18, il freddo serale d’inverno e il caldo di primavera, gioco prima o gioco dopo dell’avversario diretto…) la casistica è ricca e variegata.
Spesso si tratta di argomenti pescati a caso per trovare la via d’uscita più comoda a una situazione che altrimenti andrebbe spiegata discutendo pubblicamente dei propri limiti ed errori, in altri casi di tentativi di condizionare futuri eventi e decisioni. Quasi mai è la lettura della realtà, ma quella che fa più comodo. Che dietro ci sia il lavoro di altri, chi arbitra anche quando sbaglia o di chi compila i famigerati calendari, non importa a nessuno.
Gli artisti del lamento travolgono tutto e tutti e, soprattutto, sono senza memoria: mai uno che si ricordi di essere stato dalla parte del beneficiato e non di quello del, vero o presunto, penalizzato. Anche se è accaduto da poco e il ricordo potrebbe essere fresco. E’ capitato anche all’indignato Tudor, sembra passato un secolo e, invece, non era nemmeno trascorsa una settimana. E anche in quel caso chi si lamentava non aveva perso per colpa di un fischio mancato.