Uccisero e mutilarono il 19enne Mahmoud perché voleva un lavoro migliore: Tito e Bob sperano nello sconto di pena
- Postato il 28 aprile 2025
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- Di Genova24
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Genova. Puntano allo sconto di pena Mohamed Alì Abdelghani Alì, detto Tito, e Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, detto Bob , condannati all’ergastolo dalla Corte d’assise di Genova perché il 23 luglio del 2023 hanno ucciso e poi fatto a pezzi tagliandogli testa e mani il 19enne Mahmoud Abdalla, che voleva lasciare il lavoro e denunciare i titolari del negozio perché veniva sfruttato.
Per i giudici di primo grado il delitto fu premeditato (i due comprarono coltello e mannaia poche ore prima dell’omicidio) ed è aggravato anche dai motivi “abietti”. Per questo hanno disposto la pena massima. Ma i difensori dei due egiziani (Salvatore Calandra, Elisa Traverso, Carlo Manti e Fabio Di Salvo) hanno presentato ricorso in appello chiedendo che le aggravanti non vengano contestate. Se il ricorso fosse accolto i due potrebbero addirittura ottenere lo sconto di pena previsto dal rito abbreviato, cioè fino a un terzo rispetto alla condanna ‘base’ per l’omicidio volontario che parte da 21 anni.
Il processo d’appello è stato fissato per il 15 ottobre davanti alla Corte d’assise d’appello di Genova.
La Corte d’assise di Genova in primo grado non ha avuto alcun dubbio sulle aggravanti del delitto. Nelle 90 pagine di motivazione della sentenza il presidente Massimo Cusatti ha spiegato che è stato premeditato ed è stato compiuto per motivi abietti. “Il delitto – scrive il giudice – è stato commesso in primo luogo per vendicarsi nei confronti di Mahmoud, reo di volersi affrancare dalla situazione di sfruttamento in cui aveva vissuto esercitando il proprio diritto di denunciare le ingiustizie subite: si tratta, quindi, di una vendetta cui, però, s’è accompagnata un ulteriore finalità, quale quella di impedire alla vittima di esercitare un suo giusto diritto”. E aggiunge: “I motivi che hanno animato entrambi gli imputati sono espressione di un sentimento spregevole, vile, ignobile: tale, insomma, da destare un profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità”.
“Le mani mutilate in spregio alle sua abilità di barbiere”
A proposito degli ulteriori reati, quello del vilipendio e della soppressione di cadavere, secondo la Corte devono essere contestati entrambi visto che “per sopprimere il cadavere non era necessario mutilarlo “impedendo così alla famiglia di poter piangere il corpo del 18enne per intero visto che la testa non è mai stata trovata”. E in particolare, conclude il giudice Cusatti il taglio delle mani, “pare evocare in maniera macabra l’abilità che Mahmoud aveva dimostrato in vita nell’attività di barbiere”.
La ricostruzione del delitto
Il macabro delitto era avvenuto il 23 luglio 2023. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del nucleo investigativo di Genova coordinati dal colonnello Michele Lastella Mahmoud voleva lasciare il lavoro alla barberia di Sestri Ponente perché era sottopagato e aveva chiesto di avere i soldi arretrati che gli spettavano. Tito e Bob, che gestivano la barberia per conto di Alì (ma sul suo eventuale ruolo di mandante non sono emersi elementi sufficienti), non erano contenti di questa decisione. Era un pessimo esempio, perché altri giovani come Mahmoud avrebbero potuto a quel punto fare lo stesso e avrebbero così perso il controllo sui loro connazionali.
Ma Mahmoud era deciso. Il giorno precedente all’omicidio aveva fatto le prove di taglio in un altra barberia appena aperta a Pegli. Era contento, aveva anche postato delle foto sui social e aveva chiesto al titolare anche ospitalità per la notte visto che lasciando la Barberia di via Merano non poteva più usufruire del dormitorio di via Vado pagato appunto dai proprietari della barberia di Sestri. E la domenica mattina fino alle 14 aveva nuovamente lavorato in quello che doveva essere il suo nuovo posto di lavoro. Però aveva contattato Tito e Bob per avere i soldi arretrati.
Loro invece lo avevano attirato in una trappola mortale. Avevano comprato poco prima un coltello e una mannaia e proprio nell’appartamento di via Vado lo avevano ucciso. Poi, a bordo di un taxi, con il cadavere del ragazzo in una valigia erano andati a Chiavari (dove gestivano un’altra barberia) e nella notte avevano portato il corpo sulla spiaggia, gli avevano tagliato la testa e le mani gettando i resti in mare. I due sostanzialmente avevano ammesso il delitto seppur scaricandosi addosso a vicenda parte delle responsabilità . Tito in particolare ha sempre detto che era stato il giovane a tirargli un pugno e che poi nella colluttazione sarebbe finito sopra il coltello, ricostruzione incompatibile con le lesioni riportate, Bob invece aveva gettato la responsabilità su Tito.