Uccisero il padre violento: definitiva la condanna dei fratelli Scalamandré, pronti ad entrare in carcere
- Postato il 21 novembre 2025
- Argomento
- Di Genova24
- 1 Visualizzazioni

Genova. E’ diventata definitiva la condanna per i fratelli Alessio e Simone Scalamandré, condannati nel processo di appello bis a Milano rispettivamente a 12 anni e a sei anni e due mesi per aver ucciso il padre Pasquale il 10 agosto 2020.
La Corte di Cassazione ieri ha rigettato il ricorso degli avvocati, dichiarandolo inammissibile. Un ricorso presentato di fatto per prendere ancora un po’ di tempo prima di un ingresso in carcere scontato per entrambi. Alessio dal giorno successivo all’omicidio è agli arresti domiciliari. Per questo la pena residua da scontare, considerati anche gli sconti per la cosiddetta liberazione anticipata, è di meno della metà. Per questo per lui potrà essere chiesta la semi-libertà subito dopo l’ingresso in carcere. Se fosse accolta potrebbe uscire di giorno e tornare in carcere solo la sera.
Simone invece è sempre stato indagato e poi processato in stato di libertà: ha un lavoro come commesso e ha cercato di andare avanti con la propria vita, pur sapendo che questo momento sarebbe prima o poi arrivato. Dovrà scontare una parte della pena in carcere prima di accedere a misure alternative.
Il nodo dell’esecuzione della pena e l’attesa per costituirsi
Adesso i due ragazzi insieme ai loro avvocati (Luca Rinaldi, Andrea Guido, Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca) attendono che arrivi dalla procura generale presso la Corte d’appello di Milano l’ordine di esecuzione della pena, che potrebbe arrivare oggi stesso oppure nei prossimi giorni. La speranza per entrambi è che possano stare insieme in cella, possibilmente non nel carcere di Marassi, ma a Chiavari, dove le condizioni carcerarie sono più gestibili, ma la situazione non è semplice.
Simone vorrebbe costituirsi proprio nel carcere di Chiavari, ma non può presentarsi davanti all’ingresso della casa circondariale senza un’ordine di esecuzione perché non sarebbe comunque – paradossalmente – ammesso. Per Alessio la situazione è ancora più delicata, visto che essendo ai domiciliari dovrà attendere l’arrivo della polizia per essere portato in carcere.
La lunga battaglia dei legali per ottenere lo sconto di pena
Ci sono volute sette sentenze per arrivare alla fine di questa lunga e dolorosa vicenda giudiziaria ed è solo grazie all’ostinazione degli avvocati dei due ragazzi che si è arrivati allo sconto di pena. Alessio e Simone Scalamandré erano stati condannati infatti entrambi in primo grado ma al fratello minore Simone era stata riconosciuta l’attenuante del ‘contributo minimo al delitto’. In appello Alessio era stato condannato a 21 anni, mentre il fratello minore assolto. Assoluzione che è stata annullata dalla Cassazione. La Suprema Corte aveva ordinato di rifare il processo in corte d’assise d’Appello, non più a Genova, ma a Milano (per la mancanza a Genova di una seconda sezione di corte d’assise d’appello). Con due finalità: motivare meglio la decisione sulla responsabilità di Simone, rideterminare la pena per Alessio valutando in modo diverso l’aggravante della provocazione. La Corte d’appello di Milano invece – senza tener conto dei rilievi degli Ermellini – aveva confermato per Alessio 21 anni di carcere. E aveva condannato Simone a 14 anni. Sentenza annullata nuovamente dalla Cassazione.
Poi la Corte d’appello di Milano aveva ridotto appunto la pena a 12 anni e 6 anni e due mesi spiegando che i due fratelli erano stati provocati dal padre non solo nel momento in cui era entrato in casa violando il divieto di avvicinamento e pretendendo che il figlio maggiore modificasse la denuncia nei suoi confronti, ma con anni di tensioni famigliari e minacce alla madre, tanto che i due fratelli non la volevano più lasciare sola con il marito. Una “provocazione da accumulo” sfociata nel violento delitto, che non fu premeditato, ma fu invece una reazione alla violenza del padre contro di lui che ha scatenato la rabbia “accumulata”.