Ucraina e Conclave, San Pietro crocevia della Pace: dietro le quinte dei potenti del mondo
- Postato il 28 aprile 2025
- Politica
- Di Blitz
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L’Ucraina, il Conclave. Sembrano due problemi diversi, ma forse non lo sono se diamo uno sguardo al futuro.
Da una parte la pace dopo tre anni di guerra; dall’altra l’incognita di chi succederà a Francesco, il Papa che da sempre ha invocato che le armi cessassero di distruggere uomini e far crollare città intere.
L’obiettivo è uno: un mondo che badi al progresso, alla tranquillità, al benessere di tutti, alla fine della povertà, all’aiuto verso gli umili. Quali sono le speranze? Non molte in verità, ma si sta cercando in tutti i modi di raggiungere un traguardo così importante.
Marco Rubio e l’Ucraina

Marco Rubio, il segreratrio di Stato americano, è perentorio: “Capiremo in questi giorni la serietà di Kiev e di Mosca”. Che vuol dire? Significa che un conto sono le poarole, un altro i fatti. Zelenzky è pronto a cedere la Crimea? La Russia accetterà l’accordo o la sua intenzione è quella di papparsi tutti i territori occupati da quando ha invaso l’Ucraina?
La diplomazia è al lavoro: le riunioni si susseguono, i telefoni diventano rossi, le voci dei protagonisti cambiano di ora in ora.
Già, ma chi sono i protagonisti? L’invasore e l’aggredito o le grandi potenze che vorrebbero arrivare non solo ad una tregua, ma alla fine del conflitto? Un giorno si ed un secondo no, l’ottimismo e il pessimismo si alternano, non si possomo fare previsioni certe quando in ballo ci sono interessi mondiali.
Le incognite del Conclave
Pure il Conclave che avrà inizio la prima decade di maggio parla di pace: è l’insegnamento che viene da Francesco, sono molti i sostenitori che vorrebbero seguire la strada del Papa degli ultimi. Anche stavolta le vie del Signore sono infinite. Un progressista o un conservatore? Difficile dirlo pure se le grandi manovre sono già cominciate.
Non tutte alla luce del sole, però. Pietro Parolin, uno dei candidati favoriti alla successione, parla il giorno dopo dei funerali in quella Chiesa dove Francesco ha voluto essere sepolto. Ci sono ancora migliaia di fedeli che affollano la Basilica di Santa Maria Maggiore. Vorrebbero capire quali sono gli orientamenti dei 135 cardinali che dovranno esprimersi.
Parolin misura le parole, ma ad un tratto si lascia scappare una frase (volutamente o no) assai esplicativa. “Dobbiamo accogliere la sua eredità”, cioè quella di Bergoglio, di cui proprio Parolin è stato uno dei più stretti collaboratori.
Non ci sono dubbi che il segretario di Stato della Santa Sede ha voluto lanciare il sasso aspettando le ripercussioni. La situazione attuale oscilla fra Scilla e Cariddi. I progressisti vorrebbero uno di loro al vertice della Chiesa; i moderati sono di parere contrario e non disdegnerebbero un conservatore più morbido di coloro che sono chiaramente per un ritorno al passato.
Fra i due fronti si inseriscono i pacificatori, quelli che si potrebbero definire i democristiani della compagnia. “In media stat virtus”, insegna un vecchio e saggio detto latino. Ecco perché oggi ogni pronostico potrebbe essere smentito dalla realtà.
Poteva mancare una intromissione della nostra politica? Romano Prodi non si fa pregare, ogni occasione è buona per farsi pubblicità. Dice: “Bergoglio è stato un papa esplosivo, ha messo la dinamite nella roccia”.
Insomma, fa capire con chiarezza quali sono i suoi favoriti: gli eredi veri di Francesco in grado di seguire senza sé e senza ma il cammino del papa semplice. Non mancano le personalità che vogliono far credere che sono stati loro i protagonisti del summit romano. Il cardinale Matteo Zuppi non ha dubbi: “Lo si deve alla diplomazia vaticana se quattrocentomila persone hanno invaso e riempito Piazza San Pietro e le strade limitrofe”.
Poteva mancare Emmanuel Macron, il presidente francese che girava forsennatamente per stringere e salutare affettuosamente i presenti? Una foto lo inquadra mentre Trump e Zelensky vogliono parlare seduti all’interno della chiesa più famosa del mondo. Ma un’altra immagine ci fa capire che Donald gli dica che lui e il presidente ucraino vogliono rimaner da soli.
L’unica a non voler apparire è stata Giorgia Meloni, la vera protagonista del summit romano. Nel suo viaggio a Washington ha gettato le basi dell’incontro che si è poi globalizzato per la morte di Francesco. Gli Stati Uniti e l’Europa sono oggi più vicini e se questo è avvenuto di chi è il merito se non della nostra premier che la sinistra ha indicato come estromessa dai tanti incontri?
Sarà un Conclave senza Milano”, sostengono lamentandosi i lombardi. “E’ la prima volta che avviene dal 1870. Non ci sarà la diocesi più grande d’Europa”. E’ una circostanza che fa dire ai patiti della notorietà: “Si, io c’ero”. Chi mancava ha voluto dire che non rappresentava nessuno. Un pallino nero nel suo curriculum.
Ai curiosi della moda non è potuta sfuggire la mise delle donne più importanti: “la Meloni e la Ursula von der Leyen indossavano i pantaloni: Melania, la first lady degli Stati Uniti, aveva i tacchi”. Sono particolari che non potranno sfuggire ai cardinali chesi chiuderanno presto fra le quattro mura della Cappella Sistina.
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