Ucraina e Gaza, l’ipocrisia della politica

  • Postato il 4 giugno 2025
  • Di Panorama
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Si dice che la politica è l’arte del compromesso, tuttavia più osservo le cose dei nostri giorni e più mi pare che la politica sia l’arte di nascondere la realtà dietro un velo di ipocrisia. A parole, i leader sono pronti a difendere i principi, nei fatti invece lo sono molto meno. Il pensiero in questi giorni va alle due guerre a cui ormai da anni assistiamo impotenti, in Ucraina e a Gaza. Cominciamo proprio con quest’ultima e con le prese di posizione di quello che siamo abituati a considerare il mondo civile, dove alberga il rispetto dei diritti umani. L’Europa e l’America hanno invitato più volte Israele a fermare i bombardamenti nella Striscia, sollecitando Hamas a liberare gli ostaggi rapiti il 7 ottobre di due anni fa e a deporre le armi. L’orrore delle decine di migliaia di morti, tra i quali moltissimi bambini, non ha di certo lasciato indifferente l’opinione pubblica.

Parole, non fatti

«Bisogna porre fine a questo terribile massacro, riconoscendo lo Stato della Palestina», dicono molti esponenti politici occidentali. Peccato che alle dichiarazioni di principio non segua alcun fatto concreto. Infatti, dopo aver invocato una tregua, gli stessi Paesi continuano a consentire l’invio di armi ai belligeranti. Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna, nonostante le prese di posizione a favore di un cessate il fuoco, non hanno mai totalmente interrotto le forniture di sistemi di difesa e offesa. È difficile fermare una guerra inviando cannoni. Soprattutto, pare impossibile conciliare una posizione a favore della pace con la decisione di continuare a vendere munizioni all’esercito a cui si chiede di non sparare.

Allo stesso tempo, si resta sorpresi nello scoprire che alcuni dei Paesi che a parole promettono all’Ucraina di continuare ad appoggiarne la resistenza contro l’invasione russa, poi sono i primi a ridurre le forniture di armamenti. Kiev da tempo lamenta la mancanza non soltanto di militari da impegnare al fronte, ma anche di missili, aerei, carri armati e proiettili. È difficile resistere se gli arsenali sono vuoti. Impossibile respingere il nemico se i colpi da sparare vanno razionati. Eppure, alcuni Paesi che si sono autonominati Volenterosi, proponendosi di sostituire l’America qualora Donald Trump abbandonasse l’Ucraina al proprio destino, hanno tagliato le forniture di armamenti.

L’arte dell’ipocrisia

Dalla Francia, il cui presidente Macron non passa giorno senza ribadire il sostegno a Volodymyr Zelensky, pare che non arrivino munizioni da oltre un anno e mezzo. E pure la Gran Bretagna, alle prese con una crisi economica di non facile soluzione, lesinerebbe gli invii. Quanto alla Germania, a parole il nuovo cancelliere promette di consentire all’Ucraina di colpire in profondità la Russia, ovvero di permettere l’uso di missili a lungo raggio. Nei fatti però, a Kiev i proiettili messi a disposizione delle truppe continuano ad arrivare con il contagocce.

Insomma, la manifesta solidarietà e le dichiarazioni di principio di cui in Europa, ma in generale in quello che siamo abituati a considerare l’Occidente, sono prodighi, si scontrano spesso con la realtà dei fatti, che è assai meno solidale e molto contraddittoria. L’Ue e l’America sono contro la guerra a Gaza, ma non fanno nulla per impedire che il Medioriente sia una polveriera imbottita di armi. Al contrario, Europa e alleati assicurano il sostegno all’Ucraina, ma gli impegni non vanno oltre le generiche rassicurazioni.
Dunque, più che l’arte del compromesso, la politica mi sembra l’arte dell’ipocrisia. Si dice una cosa che piace all’opinione pubblica, ma poi si fa quello che conviene.

Autore
Panorama

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