Ucraina, senza un accordo diplomatico la guerra continuerà ancora
- Postato il 25 luglio 2025
- Di Panorama
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A meno di un evento improvviso che cambi chi governa la Russia o l’Ucraina è inutile illudersi, l’Europa non ha una capacità per ridurre significativamente e in fretta il livello di minaccia per il Vecchio Continente, ma oggi far continuare la guerra tra Russia e Ucraina è parte della strategia per riuscirci. Tuttavia i vari stati della UE non riescono ancora a coordinare i loro sforzi, lasciando Putin nella situazione di potersi organizzare e di ovviare alle limitazioni imposte dalle sanzioni. Nel momento in cui Washington aveva dichiarato di volersi disimpegnare – salvo poi ribaltare le cose dirottando a Kiev le batterie di missili destinate alla Svizzera – i leader europei sono subito corsi a riaffermare il loro impegno nel sostenere Zelensky (leader di un governo senza alcuna opposizione) e a evidenziare il pericolo per la sicurezza europea, seppure siano consci che senza un appoggio americano possono fare poco.
Risultato: la politica europea si limita a tentare di ritardare il più possibile la sconfitta ucraina tenendo impegnato il Cremlino. Senza neppure nasconderlo, l’idea europea è, infatti, quella di continuare a consumare le risorse russe in Ucraina almeno per un altro anno, in modo da rendere impossibile una loro ricostituzione in tempo utile per minacciare il resto dell’Europa nel prossimo futuro. Con l’idea, mai abbandonata, che il territorio di Kiev continui a essere nei fatti quella zona “cuscinetto” tra la Nato e la Russia. E stanti le perdite, l’esercito di Mosca impiegherà almeno cinque anni per ricostituire le generazioni di ufficiali che ha perso e che perde in battaglia dal febbraio 2022. Un periodo di tempo che consente ai Paesi Ue di completare il processo di riarmo in atto e di sfruttare anche i suoi effetti sull’economia e sull’industria. La domanda che ci si pone è quindi quale sia e quale sarà l’effettiva situazione delle scorte russe di armi e veicoli blindati oggi e tra dodici mesi, quale lo stato del reclutamento che pare al suo massimo storico con l’inquadramento di quasi 45.000 unità al mese, un ritmo impossibile da mantenere per lungo tempo e permesso con l’aiuto di milizie private (contractors) richiamati dalle operazioni africane ma dispendiosi sul piano finanziario. Anche perché il Cremlino ha recentemente dichiarato che non aumenterà la spesa militare e che la fonte di finanziamento principale è il denaro proveniente dal settore energetico, ovvero dalla vendita di petrolio e gas. E con le sanzioni che limitano la capacità della Russia di indebitarsi sul mercato internazionale, il Paese non può permettersi di gestire un deficit di bilancio ancora in crescita. Bisogna ricordare che la maggior parte delle esportazioni di petrolio russo avviene via mare e oltre il 60% di questo traffico passa nel Mar Baltico in acque danesi.
La Danimarca, sebbene non l’abbia mai fatto per mantenere relazioni per quanto possibile distese con Mosca, potrebbe in futuro vietare tale transito e non mancano le pressioni, soprattutto polacche, inglesi e statunitensi, in questo senso. Intanto, la capacità delle forze ucraine di colpire sempre più in profondità nel territorio russo anche grazie ad armi europee rende l’industria militare della Ue più credibile e avanzata, rafforzandola nella deterrenza ma anche nelle esportazioni. La conseguenza è una situazione nella quale conviene mantenere l’attuale posizione guadagnando tempo, cosa possibile soltanto se l’Ucraina riesce a resistere, mentre Francia, Germania, Olanda, Italia e altre nazioni ricostituiscono le forze convenzionali che per vent’anni avevano ridotto fino a disporre soltanto degli assetti di difesa essenziali per le operazioni di controllo dello spazio aereo e per le missioni all’estero, dove però sono stati sempre affrontati soltanto conflitti di tipo asimmetrico.