“Uffici bonificati dalle cimici della Guardia di Finanza a spese del comune”: le accuse al sindaco di Molfetta

  • Postato il 6 giugno 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La decisione del Gip di Trani Marina Chiddo è arrivata quattro giorni dopo l’interrogatorio preventivo: il sindaco di Molfetta Tommaso Minervini è finito agli arresti domiciliari per corruzione, turbativa, peculato e altre ipotesi di reato descritte in otto capi di imputazione sui dieci contestati. I pm della procura Francesco Aiello, Marco Gambardella e Francesco Tosto avevano chiesto 8 misure cautelari in totale, ne hanno ottenute sei.

Agli arresti domiciliari anche la dirigente comunale Lidia De Leonardis, mentre per un finanziere, Michele Pizzo, è stato disposto il divieto di dimora a Molfetta. Il Gip ha inoltre disposto l’interdizione per un anno per i dirigenti comunali Alessandro Binetti e Domenico Satalino e il divieto a contrarre con la pubblica amministrazione per un anno all’imprenditore portuale barese Vito Leonardo Totorizzo, patron di Istop Stamat srl, società che si occupa prevalentemente di trasporto e stoccaggio merci nei porti marittimi.

Ventuno gli indagati indicati in un’ordinanza di circa 440 pagine che racconta storie di appalti in cambio di voti alle amministrative del 2022 – vinte da Minervini a capo di una coalizione trasversale – incarichi pilotati, rendicontazioni fasulle per non perdere finanziamenti su cantieri interrotti sul più bello, e persino la storia di una bonifica degli uffici dalle cimici messe dalla Guardia di Finanza pagata con le casse comunali, usate quindi per compiere un reato. Costo della rimozione dei microfonini? Poco più di 4000 euro.

A mettere in guardia gli indagati era stato un altro finanziere, Pizzo, che scambiava messaggini affettuosi con la dirigente De Leonardis (“Meravigliosa creatura tu sei”) e per conquistarne le simpatie e incontrarla, avrebbe fatto la soffiata. Ma il cuore delle indagini riguarda la realizzazione del nuovo porto commerciale di Molfetta. Secondo l’ipotesi accusatoria, il sindaco avrebbe promesso la gestione trentennale delle nuove banchine all’imprenditore portuale barese Vito Leonardo Totorizzo in cambio di sostegno elettorale: il figlio di Totorizzo, Giuseppe, si candidò in una lista a suo sostegno.

Le procedure preliminari sarebbero state cucite addosso agli interessi di Totorizzo che – si legge nelle carte – “già nell’aprile 2022 sapeva di essere il beneficiario dell’affidamento e aveva già reperito il cofinanziatore dell’opera”, che comunicava attraverso a Minervini attraverso un vocale del 15 settembre 2022. Si trattava del patron di Msc Gianluigi Aponte (estraneo alle accuse e alle indagini, ndr), che Totorizzo avrebbe incontrato a Ginevra. Servivano 6 milioni di euro privati per completare un intervento da circa 12 milioni e l’armatore sorrentino poteva essere la persona giusta. “Sono stato avantieri a Aponte .. ha detto sì per la banchina .. è disposto a mettere i soldi .. facciamo subito un project financing .. qualsiasi cosa per completare la banchina”.

Circostanze che poi Totorizzo preciserà meglio al sindaco nell’ottobre successivo: “Allora .. il signor Aponte vorrebbe farsela lui quella banchina .. chiede la concessione per 50 anni e se la fa tutta lui”. E Minervini: “Non deve fare altro che partecipare al progetto”. L’ordinanza qualifica come corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio il presunto ‘do ut des’ avvenuto tra Minervini e Totorizzo intorno alla candidatura del figlio Giuseppe, che raccolse 51 preferenze in ‘Insieme per la città’, su 2451 ricevute in totale da tutta la lista civica. Minervini, si legge in un capo di imputazione, avrebbe anche promesso a Totorizzo di pilotare una nomina all’Autorità Portuale di Bari.

Ci aspettavamo un esito diverso, anche all’esito del lungo interrogatorio del 2 maggio, nel quale credevamo di aver spiegato le contestazioni. Prendiamo atto della valutazione del Gip, che non condividiamo e faremo ricorso al Tribunale del Riesame”, dichiara l’avvocato Tommaso Poli, difensore di Tommaso Minervini. “La convinzione è che il sindaco Minervini abbia agito con onestà e nell’esclusivo interesse della città di Molfetta – continua l’avvocato -. Del resto anche la Procura ha dato atto che nessun vantaggio è derivato al sindaco dalle condotte contestate”.

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Il Fatto Quotidiano

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