Un East Shield a difesa dell’Europa. Reportage dal Fianco Orientale

  • Postato il 11 ottobre 2025
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Krynki è un piccolo villaggio della Polonia nord-orientale, a circa tre ore di auto da Varsavia. La strada per arrivarci attraversa la pianura polacca senza incontrare ostacoli naturali, fatta eccezione per la nebbia, a tratti fittissima, che da ottobre a marzo riduce la visibilità ad appena pochi metri e obbliga a procedere a velocità sostenuta. Man mano che ci si avvicina, si può notare come le stazioni di servizio siano sempre meno popolate di civili e sempre più da militari, che si concedono un caffè o uno snack prima di tornare al lavoro nelle basi circostanti. Una volta lasciate le arterie principali, la strada asfaltata lascia il passo a percorsi sterrati che costeggiano foreste, fattorie e piccole abitazioni. Poco oltre ci sono i confini esterni della Nato e dell’Unione europea, dove la Polonia sta approntando le difese per una guerra che spera di non dover mai combattere. 

Prima di giungere alla grande recinzione d’acciaio e filo spinato alta cinque metri che percorre gli oltre 400 chilometri di confine con la Bielorussia, si levano i nugoli di polvere sollevati dai mezzi che scaricano ostacoli in cemento armato e che asfaltano i percorsi per permettere il passaggio dei veicoli pesanti. Qui, le Forze armate polacche stanno costruendo l’East Shield, una linea di fortificazioni stratificate per proteggere il Fianco Orientale dal rischio di un’invasione dell’Europa da Est. Il progetto, dal valore di circa 2,5 miliardi di euro e che dovrebbe essere ultimato entro il 2028, comprende ostacoli fisici come barriere e cavalli di frisia, ma sarà integrato anche anche da sistemi di difesa aerea e da strumentazioni per il jamming anti-drone. 

A dirigere i lavori ci sono i soldati della 1ª Divisione di Fanteria della Legione, un’unità costituita nel 2022 da Varsavia in risposta all’invasione russa dell’Ucraina e che conta circa 30mila uomini tra i suoi ranghi. La formazione è l’erede simbolica della “Divisione di Ferro” che, nel 1939, diede filo da torcere alle truppe della Wehrmacht. Adesso, gli occhi dei soldati che ne fanno parte sono rivolti a Est, verso il confine con la Bielorussia. “Sono nato e cresciuto qui. Probabilmente ci morirò, se sarà necessario”, ci dice il tenente colonnello Piotr (nome fittizio, ndr.), mentre spiega come le barriere in cemento armato siano installate in punti strategici della frontiera per ostacolare i movimenti delle forze corazzate nemiche e per incanalarle verso le postazioni difensive più fortificate. Come confermato dal vice-ministro della Difesa di Varsavia, Paweł Zalewski, lo scudo orientale continuerà ad essere rinforzato e funzionerà in base a livelli di allerta il cui innalzamento corrisponderà all’attivazione di maggiori difese, tra cui il posizionamento di campi minati e denti di drago. Una volta completato, l’East Shield sarà un sistema di difesa stratificato e multilivello, con sistemi di allertamento precoce e risposta rapida alle minacce, siano essere ibride o convenzionali.

Eppure, ancor prima dei militari, i principali guardiani di questo lunghissimo lembo di terra sono le Guardie di Frontiera, le forze di polizia che dal 2021 presidiano massicciamente il confine bielorusso in risposta alla crisi migratoria veicolata dai servizi segreti di Minsk e Mosca. Fino al 2020, questo era a tutti gli effetti un “green border”, dove il passaggio tra Polonia e Bielorussia era contrassegnato da semplici colonnine numerate e da un sentiero di terra battuta. Fino al 2020, il confine veniva attraversato illegalmente da poche dozzine di migranti ma, dal 2021, questi numeri si sono moltiplicati esponenzialmente, e si attestano oggi su una media di 25-30mila tentativi di attraversamento all’anno.

I migranti che tentano il passaggio provengono prevalentemente dall’Africa e dall’Asia centrale, ed entrano in Bielorussia dopo aver ottenuto il visto di passaggio attraverso la Federazione Russa. I tentativi di attraversamento sono giornalieri e vengono coordinati dai servizi segreti bielorussi, i quali portano i migranti verso la recinzione e, dopo avergli fornito armi rudimentali, scale e strumenti per segare le sbarre, filmano il momento in cui i migranti entrano nei confini interni dell’Unione europea.

A inchiodarli sono i filmati delle Guardie di Frontiera, che mostrano uomini vestiti di nero (o anche con l’uniforme bielorussa) che indicano ai gruppi di migranti dove dirigersi. I filmati realizzati dai servizi bielorussi vengono poi sistematicamente diramati sui social e sui canali pro-Russia per diffondere l’idea che il confine sia costantemente attraversato da migliaia di migranti. In realtà, pochi di quelli che attraversano la recinzione fanno molta strada.

Il dispositivo delle Guardie di Frontiera riesce a intervenire in circa 2-3 minuti dall’attraversamento e i migranti irregolari, una volta condotti gli accertamenti medici e gli eventuali ricoveri, vengono espulsi e rispediti in Bielorussia. Da qui, alcuni tornano nei Paesi di provenienza, mentre altri restano come ospiti in strutture gestite da Minsk per tentare nuovamente l’attraversamento in un secondo momento. Si tratta dell’unica crisi migratoria al mondo direttamente veicolata dai servizi segreti di uno Stato (due, con la Russia) e non ha solo l’obiettivo di mettere sotto pressione l’opinione pubblica polacca ed europea, ma anche quello di obbligare Varsavia a impiegare sempre più risorse per contrastare il fenomeno. Oltre alla recinzione (costruita in meno di anno), il dispositivo anti-attraversamento include telecamere, sensori di movimento interrati, torri d’avvistamento e 13 valichi ufficiali da cui passano unicamente i treni merci, rigorosamente passati ai raggi X per rilevare la presenza di passeggeri clandestini o di materiali sospetti. 

“All’epoca (fino al 2020, ndr.) lavoravo nello stesso ufficio insieme a un colonnello bielorusso e ai funzionari di Frontex”, racconta un ufficiale delle Guardie di Frontiera. Una volta, le forze polacche tenevano pranzi e cene insieme ai loro omologhi bielorussi, alle volte proprio sulla linea di confine. Dall’inizio della crisi migratoria, invece, i contatti sono a zero. Pochi minuti dopo essere giunti alla recinzione, sentiamo dei passi tra gli alberi dall’altra parte delle sbarre d’acciaio: è un soldato bielorusso con il volto coperto che ci sta riprendendo con uno smartphone. Poco dietro di lui, la camionetta verde scuro con cui è arrivato e in cui lo aspettano i suoi commilitoni. La repentinità della comparsa del militare lascia intendere che anche la Bielorussia dispone di sistemi di sorveglianza e allertamento avanzati, tanto da poter rilevare l’arrivo di personale non militare sul confine entro pochissimi minuti. Il soldato non parla. Si limita a filmare, concentrandosi sui nostri volti e seguendoci lungo la recinzione, fino a quando le Guardie di Frontiera non iniziano a filmarlo di rimando. Il risultato è un’immagine potente, soldati di eserciti diversi che si scrutano a vicenda dai due lati della nuova, e letterale, Cortina di Ferro. 

Nel frattempo, lungo la barriera, continuano i lavori dei mezzi pesanti, che asfaltano la strada sterrata che costeggia il confine. L’asfalto che, così come i rinforzi in cemento armato per i ponti e i viadotti, consentirà il passaggio dei veicoli militari. Se e quando si renderà necessario.

Autore
Formiche

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