Una terapia genica sperimentale è riuscita a rallentare per la prima volta la progressione della malattia di Huntington, una malattia neurologica rara, ereditaria e degenerativa. Anche se lo studio, su un numero molto ridotto di pazienti, non è stato ancora pubblicato su una rivista scientifica, i risultati preliminari di un trial clinico, anticipati in un comunicato stampa, mostrano una riduzione del 75% della velocità di avanzamento dei sintomi nel'arco di 3 anni.. Malattia di Huntington: sintomi e cause. La malattia di Huntington è una malattia ereditaria con esordio tipicamente tra i 30 e i 50 anni che interessa in Italia circa 6-7000 persone. Prende il nome dal medico statunitense che per primo la descrisse, nel 1872 ed è caratterizzata da sintomi iniziali come irritabilità, disturbi dell'umore e della coordinazione motoria, con movimenti simili a scatti, casuali e incontrollati, chiamati "corea". Quando la malattia progredisce, corea e disturbi cognitivi (come perdita di memoria e difficoltà nel manifestare o riconoscere le emozioni) peggiorano, e il controllo muscolare diminuisce, con difficoltà a parlare, masticare e deglutire. La malattia ha un decorso fatale in genere in 15-20 anni.. La malattia di Huntington è legata a una mutazione del gene HTT, che codifica per una proteina vitale per la salute dei neuroni, la huntingtina. La mutazione non disabilita la proteina, ma fa sì che se ne produca una forma tossica, che forma accumuli appiccicosi all'interno dei neuroni, finendo per distruggerli. Basta ereditare una copia soltanto del gene difettoso per sviluppare la malattia. . Micro molecole contro le proteine mutanti. La terapia genica sperimentale messa a punto dall'azienda di biotecnologie farmaceutiche olandese uniQure si chiama AMT-130 e prende di mira le proteine anomale e neurotossiche, delle quali rallenta la produzione. Attraverso un virus reso innocuo viene consegnato al cervello un pacchetto di materiale genetico che dice alle cellule di produrre un segnale di "stop" molecolare, chiamato microRNA. Questo micro filamento ha il compito di disattivare le istruzioni per la produzione della proteina tossica.. Il trattamento viene erogato attraverso un catetere direttamente nel cervello dei pazienti e nelle due regioni profonde più interessate dalla malattia di Huntington, il nucleo caudato e il putamen: l'intervento può richiedere dalle 12 alle 18 ore perché i medici devono utilizzare scansioni cerebrali in tempo reale per guidare il catetere, ma una sola iniezione del farmaco sembra sufficiente. In passato un analogo tentativo di bloccare la produzione di huntingtina diffettosa passando attraverso il liquido cerebrospinale, con una procedura un po' meno invasiva, era fallito, forse perché l'RNA era stato troppo diluito o eliminato dall'azione di enzimi.. Progressione al rallentatore. Nello studio clinico sono state arruolate 29 persone con sintomi di malattia di Huntington avanzati che hanno ricevuto un dosaggio più o meno alto del farmaco. La progressione dei loro sintomi è stata confrontata con quella osservata in quasi 1.600 pazienti non trattati e in uno stadio di malattia simile.
I 12 pazienti trattati con la dose elevata, nel corso dei tre anni successivi hanno avuto un rallentamento di circa il 75% nella progressione della malattia: significa che i cali cognitivi e motori che normalmente si osserverebbero in un anno si sono verificati in media nell'arco di quattro anni, come ha spiegato a BBC Sarah Tabrizi, Direttrice del Centro per la malattia di Huntington dell'University College di Londra, che ha definito i risultati "spettacolari".. Prospettive. Nessuno dei pazienti coinvolti è stato identificato, ma la BBC racconta che uno è un professionista in campo medico che è riuscito a tornare al lavoro e che altri riescono ancora a camminare, in uno stadio della malattia in cui avrebbero altrimenti usato una sedia a rotelle.
Il trattamento, che per il momento non sembra causare effetti collaterali degni di nota, ha comunque alcuni limiti: va somministrato con una procedura chirurgica invasiva e sarà probabilmente molto caro (i prezzi di alcune terapie geniche arrivano a 2 milioni di dollari, 1,7 milioni di euro, o più). Inoltre, i livelli di neurofilamenti (proteine presenti nell'impalcatura dei neuroni) nel liquido cerebrospinale dei pazienti, seppur diminuiti, suggerivano che queste persone stessero ancora perdendo neuroni a causa della malattia, benché più lentamente.. Occorrerà attendere la pubblicazione scientifica dello studio per maggiori informazioni. Intanto, l'azienda ha comunicato che prevede di presentare una domanda di approvazione alla Food and Drug Administration statunitense all'inizio del 2026 e che il trattamento potrebbe essere disponibile nel 2027.
Prendendo di mira aggregati di proteine tossiche, la terapia, opportunamente modificata, potrebbe trovare applicazioni di ricerca anche contro altre malattie neurodegenerative, come il Parkinson o l'Alzheimer..