Un milione di giovani per Papa Leone XIV a Tor Vergata. Nella messa conclusiva Prevost cita Bergoglio: “Siete inquieti? Siete vivi”
- Postato il 3 agosto 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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“La nostra speranza è Gesù. È lui, come diceva san Giovanni Paolo II, ‘che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna’”. Leone XIV è ripartito dal Papa polacco che inventò le Giornate mondiali della gioventù per invitare i giovani, arrivati a Roma da tutto il mondo per vivere il loro Giubileo, a diventare protagonisti di un tempo ricco di contraddizioni. Esattamente venticinque anni dopo la storica Gmg del Grande Giubileo del 2000, sempre nella spianata di Tor Vergata, oltre un milione di giovani ha partecipato alla messa conclusiva dell’evento più importante e atteso dell’Anno Santo 2025 dedicato alla speranza. Un bagno di folla per Prevost a quasi tre mesi dall’inizio del suo pontificato. Un evento fortemente voluto da Bergoglio che, proprio in questa celebrazione, avrebbe voluto canonizzare Pier Giorgio Frassati. Quest’ultimo, insieme a Carlo Acutis, sarà proclamato santo da Leone XIV il 7 settembre 2025.
Dopo la veglia, sempre presieduta da Prevost, i giovani hanno dormito sulla spianata di Tor Vergata in attesa della messa domenicale. Il Papa ha chiesto loro di vivere con intensità la propria fede: “Teniamoci uniti a Gesù, rimaniamo nella sua amicizia, sempre, coltivandola con la preghiera, l’adorazione, la comunione eucaristica, la confessione frequente, la carità generosa, come ci hanno insegnato i beati Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis, che presto saranno proclamati santi. Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno. Allora vedrete crescere ogni giorno, in voi e attorno a voi, la luce del Vangelo. Vi affido a Maria, la Vergine della speranza. Con il suo aiuto, tornando nei prossimi giorni ai vostri Paesi, in tutte le parti del mondo, continuate a camminare con gioia sulle orme del Salvatore, e contagiate chiunque incontrate col vostro entusiasmo e con la testimonianza della vostra fede! Buon cammino!”.
Nell’omelia, Leone XIV ha sottolineato che “la pienezza della nostra esistenza non dipende da ciò che accumuliamo né, come abbiamo sentito nel Vangelo, da ciò che possediamo. È legata piuttosto a ciò che con gioia sappiamo accogliere e condividere. Comprare, ammassare, consumare, non basta. Abbiamo bisogno di alzare gli occhi, di guardare in alto, alle cose di lassù, per renderci conto che tutto ha senso, tra le realtà del mondo, solo nella misura in cui serve a unirci a Dio e ai fratelli nella carità, facendo crescere in noi sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, di perdono, di pace, come quelli di Cristo. E in questo orizzonte comprenderemo sempre meglio cosa significhi che la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”.
Prevost, poi, ha invitato i giovani a non avere paura della “fragilità” che “è parte della meraviglia che siamo. Pensiamo al simbolo dell’erba: non è bellissimo un prato in fiore? Certo, è delicato, fatto di steli esili, vulnerabili, soggetti a seccarsi, piegarsi, spezzarsi, e però al tempo stesso subito rimpiazzati da altri che spuntano dopo di loro, e di cui generosamente i primi si fanno nutrimento e concime, con il loro consumarsi sul terreno. È così che vive il campo, rinnovandosi continuamente, e anche durante i mesi gelidi dell’inverno, quando tutto sembra tacere, la sua energia freme sotto terra e si prepara ad esplodere, a primavera, in mille colori. Noi pure, cari amici, – ha proseguito il Papa – siamo fatti così: siamo fatti per questo. Non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore. E così aspiriamo continuamente a un ‘di più’ che nessuna realtà creata ci può dare; sentiamo una sete grande e bruciante a tal punto, che nessuna bevanda di questo mondo la può estinguere. Di fronte ad essa, non inganniamo il nostro cuore, cercando di spegnerla con surrogati inefficaci! Ascoltiamola, piuttosto! Facciamone uno sgabello su cui salire per affacciarci, come bambini, in punta di piedi, alla finestra dell’incontro con Dio. Ci troveremo di fronte a lui, che ci aspetta, anzi che bussa gentilmente al vetro della nostra anima. Ed è bello, anche a vent’anni, spalancargli il cuore, permettergli di entrare, per poi avventurarci con lui verso gli spazi eterni dell’infinito”.
Immancabile il riferimento a ciò che Bergoglio disse durante la Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, nel 2023: “Ognuno è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a compiere un viaggio, a superare sé stessi, ad andare oltre, a un decollo senza il quale non c’è volo. Non allarmiamoci allora se ci troviamo interiormente assetati, inquieti, incompiuti, desiderosi di senso e di futuro. Non siamo malati, siamo vivi!”.
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