Un nuovo libro sulla leggendaria storia degli Oasis. Intervista all’autore
- Postato il 13 dicembre 2025
- Musica
- Di Artribune
- 3 Visualizzazioni

Il 2025 sarà ricordato come l’anno della grandiosa reunion degli Oasis, la storica band britannica che ha entusiasmato fan vecchi e nuovi con un tour planetario spettacolare culminato in un concerto trionfale in Brasile. Dopo sedici anni di silenzio e divisione tra i due fratelli Noel e Liam Gallagher, la notizia del ritorno della band aveva scosso le fondamenta del panorama musicale. L’annuncio della reunion, nell’agosto 2024, aveva fatto sognare i fan di tutto il mondo.
Il grande tour degli Oasis nel 2025
Cinque mesi per quarantuno concerti che si sono svolti in alcuni dei luoghi più iconici del pianeta, da Manchester a Londra da Sidney a Tokyo, passando per Toronto e New York fino San Paolo in Brasile dove migliaia di fan hanno riempito stadi e arene, saltando, piangendo, cantando a squarciagola i brani che hanno segnato un’epoca. Al termine dell’ultimo live, i fratelli Gallagher si sono abbracciati sul palco, un gesto che ha simboleggiato non solo la riconciliazione personale ma anche la forza della musica nel superare le divisioni, simbolo del “conflitto ricomposto”. L’attesa per ulteriori sviluppi è palpabile, mentre il mondo della musica si prepara a scoprire se la band britannica continuerà a scrivere la loro storia o se il capitolo della reunion rimarrà un singolo, splendido artefatto di un’epoca d’oro. Mentre scriviamo, Liam Gallagher riaccende le speranze dei fan degli Oasis sulla prosecuzione del tour della reunion anche nel 2026; lo fa con un “sibillino” tweet condiviso su X: “Grosso annuncio imminente” – scrive lo stesso Liam – facendo impazzire i fan.
Il libro sugli Oasis di Roberto Oliva
Un libro per ripercorrere anni iconici e cambiamenti: la rinascita del rock britannico. Dopo anni di grunge americano (Nirvana su tutti) e musica dance/elettronica (Madchester), gli Oasis su tutti (insieme ad altre band) riaccendono l’interesse per la musica rock chitarristica con radici britanniche. Cool Britannia, il successo degli Oasis, in particolare dopo l’album di esordio Definitely Maybe del 1994 – che aveva catapultato i fratelli Gallagher da Manchester al centro della scena musicale globale – e il secondo album What’s the Story – Morning Glory? del 1995 segnano il culmine di un periodo di ritrovato orgoglio culturale britannico che abbracciava arte, musica, moda, cinema. La band di Manchester divenne un simbolo di questa nuova ondata di fiducia e identità nazionale. Di questo e di tanto altro, abbiamo parlato con Roberto Oliva, autore di due precedenti pubblicazioni sul brit pop e rock, esperto musicale, e ora autore del libro La grande attesa – Storia romanzata degli Oasis, Arcana edizioni. Nel suo libro e in questa intervista, Roberto Oliva ci racconta gli Oasis da semplice band di Manchester a fenomeno culturale globale, cambiando il loro status finanziario e sociale, la loro influenza sulla cultura giovanile e inevitabilmente la natura del loro rapporto personale e professionale. Gli eroi della classe operaia, gli “anti-eroi” che ce l’hanno fatta; l’eredità sociale della band inglese rimane fondamentale oggi come ieri.

Intervista con Roberto Oliva
Sei una firma prestigiosa, in precedenti pubblicazioni hai fatto scoprire varie sfumature e aneddoti del rock e del brit pop. Come nasce l’idea del libro?
Avevo già scritto due libri sulla musica, ma non ero mai riuscito a parlare “direttamente” della mia band preferita. Allo stesso tempo, avevo l’idea di lavorare a un romanzo: quando gli Oasis hanno annunciato la reunion è scattato qualcosa. Ho unito le due idee e mi sono detto: potrei provare a scrivere la storia degli Oasis, dagli esordi alla reunion, ma in modo diverso dal solito, con un impianto più narrativo…insomma, una “storia romanzata”. E poi i Gallagher sono due personaggi perfetti per un romanzo: divertenti fino alle lacrime, scatenati, ma anche capaci di momenti di malinconia, reduci da un’infanzia tormentata… Insomma, la loro è una storia di grandi trionfi e di grandi cadute, sia professionali che personali, e quindi molto interessante dal punto di vista narrativo, a prescindere da quanto ami la loro musica.
Una delle band più amate al mondo, cinque mesi di puro amore ed emozioni nel lungo tour 2025
Come dicevo, ho avuto la fortuna di comprare i biglietti per uno dei concerti estivi in Inghilterra. È stata un’esperienza incredibile: la risposta dei fan era qualcosa che nella musica rock non si vedeva da tempo. Il vero spettacolo erano i fan, l’atmosfera che si respirava. Citando le parole di Noel, “È tutto lì: la chimica tra gli spettatori e la band, il magnetismo che attira il gruppo verso il pubblico e viceversa: se esiste una definizione degli Oasis, è proprio questa.” Mi interessava raccontare tutto questo dando voce anche agli altri personaggi: nel libro ci sono capitoli dal punto di vista di Alan McGee, Bonehead, Guigsy, Alan White… ognuno con un suo modo di guardare i Gallagher, la band e anche il mondo.
Cosa ti ha colpito negli anni del rapporto complesso tra Liam e Noel Gallagher?
Liam e Noel sono personaggi molto più interessanti e complessi della maschera edonista, cinica o “cazzona” che quasi sempre mostrano. Il loro rapporto ha attraversato tutte le fasi più estreme, dall’odio all’amore, passando per invidia e ammirazione, rabbia e fascinazione.
Ecco perché mi sono divertito a ripercorrere, in chiave ironica, il mito di Caino e Abele, per poi concludere che il ruolo di Caino non appartiene a nessuno dei due. O meglio, quel ruolo negli anni è spettato a entrambi a fasi alterne, ma nessuno dei due ha mai davvero vinto, né perso. Lo scrivo nel libro: sono come poli opposti di un magnete che si attraggono, si respingono, ma non si separano mai davvero.
Qual è stata l’esigenza narrativa che ti ha spinto a raccontare la band britannica e i decenni che li ha accompagnati?
La storia della band ne contiene molte altre storie: la parabola dell’Inghilterra negli ultimi cinquant’anni, la durezza del Nord industriale, il disagio della working class tra gli Anni Settanta e Ottanta… E poi: la scena Madchester, le grandi etichette indipendenti come la Creation Records, la durissima gavetta che nell’epoca precedente ai talent show era un passaggio obbligato. Fino ad arrivare alla rinascita degli Anni Novanta, alla Cool Britannia e all’illusione del New Labour, e infine al disincanto degli Anni Duemila.
Cosa hai voluto maggiormente raccontare e mettere in evidenza nel libro?
Volevo restituire il “lato umano” dietro il successo, il cuore emotivo del rapporto tra due uomini che, prima che appartenere alla stessa band, appartengono alla stessa famiglia. E, soprattutto, volevo trasmettere il senso di appartenenza che gli Oasis hanno generato: non solo musica, ma un’identità collettiva.
È soltanto nostalgia degli Anni Novanta o c’è qualcosa di più profondo, più empatico, necessario, in tutto questo? Cosa rappresentano gli Oasis come fenomeno culturale intergenerazionale?
Dietro al successo della reunion c’è qualcosa di più profondo: Liam e Noel sono le ultime vere rockstar, l’ultima incarnazione di un’idea di rock che non c’è più. Imperfetto, pericoloso, viscerale.
Certo, esistono band di maggior successo o di maggior talento: gli U2 o i Rem avranno venduto più dischi, i Radiohead e i Blur fatto cose più difficili. Ma quell’adrenalina che ti prende a un concerto degli Oasis, l’imprevedibilità dei personaggi, la sensazione che sul palco nessuno stia recitando – o, peggio, “lavorando” – permette alla mia generazione di vivere per un attimo gli anni d’oro del rock o del punk.
Insomma, un modo di concepire la musica che sta svanendo. Ma la musica ne ha bisogno: il successo della reunion tra i giovanissimi lo testimonia.
È interessante nella narrazione il rapporto con gli altri componenti della storica band e il ritorno del chitarrista, Paul “Bonehead” Arthurs.
Esclusi i Gallagher, Bonehead è da sempre il preferito dei fan. Come ha detto Noel Gallagher, Bonehead rappresenta l’essenza stessa degli Oasis: un tipo anonimo delle case popolari, di certo non attraente né tantomeno un virtuoso della chitarra, ma un tipo vero, solido, affidabile, casinista e molto leale. Nella mia narrazione il suo ritorno coincide con un ritorno alle origini, a uno spirito che i Gallagher avevano smarrito: una figura che porta stabilità, umanità e un tocco di quella vecchia Manchester che i fan amano.
In un’epoca in cui i cantanti si mostrano pranzo-cena-colazione sui social, “Liam e Noel scelgono il silenzio”, la comunicazione è ridotta all’osso; lo descrivi attentamente.
Questa strategia è stata una delle grandi novità di questa reunion. In un’epoca in cui gli artisti documentano ogni aspetto della vita quotidiana per mostrarsi “vicini” ai loro fan, gli Oasis hanno fatto l’opposto: nessuna intervista, pochissime apparizioni, nessuna foto insieme dal giorno dell’annuncio alla prima data del tour. Questa scelta ha creato un’attesa enorme, perché il rock vive di mistero. Nel libro scherzo dicendo che è difficile immaginare David Bowie o Mick Jagger intenti a postare la foto della colazione su Instagram. Ecco perché i Gallagher sono le ultime vere rockstar.
Nella narrazione, si percepisce che la reunion non sia stata decisa a tavolino ma ha assunto sempre di più una riappacificazione principalmente umana
All’inizio molti hanno pensato “Ok, lo fanno per soldi”. Ma poi, concerto dopo concerto, è stato chiaro che c’era molto di più. Bastava guardare Liam e Noel interagire sul palco o dietro le quinte: erano anni che non sembravano così divertiti, rilassati e spontanei. L’armonia, prima ancora che musicale, era umana: due fratelli che finalmente mettono da parte le ruggini e si ritrovano.
Il 2 agosto scorso eri al concerto di Wembley: quali le tue sensazioni ed emozioni? Il pubblico sembrava appartenere ad un rito collettivo di gioia, empatia, incredulità, amore.
Andare a un concerto degli Oasis è come andare a una partita della tua squadra di calcio, con la differenza che la vittoria è sicura. Sembrava di partecipare a un rito collettivo, non solo a un concerto: un’intera comunità unita da euforia, nostalgia, incredulità. Ragazzine di tredici anni e cinquantenni grandi e grossi, tutti in lacrime, tutti insieme. Nel libro racconto proprio quella sensazione di appartenenza, di catarsi condivisa.
Il lungo tour mondiale 2025 si è chiuso con un ultimo abbraccio tra Liam e Noel sul palco dello stadio di San Paolo: 41 concerti entrati nella storia del rock: possiamo definire questa reunion l’evento di maggior successo di sempre”? Ed ora? Concerti nel 2026, disco nuovo o pausa di riflessione?
Il tour 2025 si è chiuso con quell’abbraccio a San Paolo: un’immagine destinata a rimanere nella storia del rock, proprio come i quarantuno concerti del tour. Poche ore dopo, l’account ufficiale della band ha pubblicato un messaggio bellissimo ai fan, che suonava come un ringraziamento e, allo stesso tempo, anche come un “a presto”. Ma si sa, con i Gallagher l’unica certezza è che niente è prevedibile. Dal canto mio, posso azzardare una doppia previsione che è anche una speranza personale: una data italiana nell’estate 2026 e, poco prima o poco dopo, una tappa a Knebworth…
Alessandra Paparelli
(Grazie all'affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)
L’articolo "Un nuovo libro sulla leggendaria storia degli Oasis. Intervista all’autore " è apparso per la prima volta su Artribune®.