“Una violenza impressionante contro i civili”: il racconto dell’ong Coopi dal Sudan devastato dalla guerra

  • Postato il 1 novembre 2025
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“Una violenza devastante e impressionante portata avanti casa per casa”. Chiara Zaccone, capomissione dell’ong Coopi in Sudan, descrive così ciò che sta subendo in queste ore la popolazione civile di El Fasher, nel nord Darfur. Da quando i militari della Rsf, le Forze di supporto rapido, hanno stretto la morsa sulla città sono stati documentati massacri e uccisioni di massa. “Dal 25 ottobre l’assedio è peggiorato e la violenza è arrivata fino al centro della città, dove abbiamo l’ufficio” racconta Zaccone in questa testimonianza video che ha inviato al Fattoquotidiano.it da Port Sudan. L’ultimo operatore Coopi rimasto è riuscito a mettersi in salvo scappando a piedi. “Dopo diversi giorni senza notizie abbiamo saputo che è riuscito a lasciare la città ed è fuggito insieme ad altre persone verso il nord”.

Il Sudan è attraversato dalla primavera del 2023 da una sanguinosa guerra civile che vede contrapposti i paramilitari delle Rsf, formate principalmente dalle milizie Janjawid, e le Saf, le Forze armate sudanesi. Oltre due anni che hanno generato una catastrofe umanitaria, con 12 milioni di sfollati verso le aree interne o nei paesi limitrofi. Negli ultimi giorni, dopo un assedio durato 500 giorni, i paramilitari sono entrati a El Fasher, nel Sudan occidentale, l’ultima grande città della regione del Darfur che ancora non controllavano. Da allora si sono moltiplicate testimonianze, racconti e video (quasi sempre girati dalle stesse milizie e postati sui social) di esecuzioni sommarie, massacri di civili, violenze e stupri. Un repertorio dell’orrore che giorno dopo giorno si arricchisce di nuovi dettagli delle atrocità commesse. “I numeri ancora non sono chiari – spiega Zaccone – ma si parla di 1500-2000 civili uccisi nell’ultima settimana a causa dell’inasprirsi del conflitto. Arrivano immagini orribili, anche di uccisioni perpetrate all’interno dell’ultimo ospedale funzionante nella città del Darfur”. Ci sono poi migliaia di profughi. L’organizzazione fa sapere che in questo momento è in corso una vera e propria fuga disperata da El Fasher: moltissime persone sono costrette ad affrontare giorni di cammino per mettersi in salvo. “Anche le vie per scappare ovviamente non sono sicure: donne e bambini sperimentano una violenza indicibile. I nostri colleghi che si trovano a Mellit, a nord di El Fasher, ci dicono che sono arrivate circa 100 famiglie. Le stiamo supportando con assistenza psicosociale, accesso all’acqua potabile e soprattutto alle cure”. Inoltre, nelle ultime settimane a El Fasher l’accesso al cibo era diventato quasi impossibile. “C’è un enorme numero di bambini in stato di malnutrizione, in alcuni casi anche acuta e grave”.

Coopi lavora in Sudan da oltre vent’anni e ha portato assistenza a oltre 4 milioni di persone. Nella zona di El Fasher era impegnata in un progetto di sostegno alla popolazione attraverso la distribuzione di acqua potabile agli sfollati, aumentati rapidamente dopo l’attacco dello scorso aprile ai danni del campo di Zamzam. In queste ore, insieme ad altre ong come Emergency e Medici senza frontiere, ha lanciato un appello alla comunità internazionale perché venga garantita protezione ai civili, creati corridoi umanitari e fornita assistenza per chi è bloccato nella città sotto assedio.

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Il Fatto Quotidiano

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