UNICAL VOICE – DCA: Quando uscire fa più paura dello specchio
- Postato il 11 agosto 2025
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Il Quotidiano del Sud
UNICAL VOICE – DCA: Quando uscire fa più paura dello specchio
Con l’arrivo dell’estate, per chi convive con un disturbo del comportamento alimentare, ogni spiaggia può diventare un campo minato. E per chi sta accanto, spesso il silenzio è figlio dell’incertezza.
C’è un momento, ogni anno, in cui tutto sembra più leggero: le giornate si allungano, le scuole finiscono, le persone parlano di mare, viaggi, vacanze. Le città rallentano, le spiagge si riempiono. È l’estate, e per molti è il tempo del sollievo. Ma non per tutti. Per chi convive con un disturbo del comportamento alimentare, l’estate può essere un peso insostenibile.
Mentre il mondo si spoglia, chi lotta con il proprio corpo sente che tutto si fa più esposto, più visibile, più giudicabile. I vestiti diventano corti, le foto aumentano, le tavolate all’aperto si moltiplicano. E con esse, le paure. Ci sono ragazzi e ragazze che si allenano in silenzio non per piacere, ma per colpa. Che saltano un pasto e sorridono, che temono la prova costume più di un esame. Che guardano gli altri mangiare un gelato e si sentono sbagliati. Perché i DCA non sono stagionali, ma l’estate li mette sotto una lente. Una lente feroce, fatta di corpi esibiti, di “quanto sei dimagrita!” usati come complimenti, di confronto costante, anche involontario.
E poi c’è chi sta attorno. Chi ama, chi osserva, chi intuisce che qualcosa non va. Ma non sa cosa fare. Dice “dai, oggi stai bene”, oppure “perché non ne assaggi solo un po’?”, oppure non dice nulla. Per paura di sbagliare, o di peggiorare le cose. Eppure, basterebbe poco. Basterebbe chiedere “come ti senti?” invece di “quanto pesi? Sei così magra!”. Basterebbe non giudicare, non commentare i corpi altrui, non trasformare ogni tavolata in un esame da superare. A volte l’ansia arriva già al momento dell’invito. Perché chi ha un DCA deve valutare in anticipo se ci sarà cibo e che tipo. E se magari ha fatto dei progressi, l’estate rischia di farli vacillare. Perché tutto ruota intorno al corpo, e lui non è ancora un posto sicuro in cui abitare.
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NON CONVINCERMI, DAMMI TEMPO. ASCOLTAMI.
Nessuno guarisce da solo, ma nemmeno sotto pressione. Eppure, l’estate chiede di mostrarsi, di sorridere, di “godersela”. Anche quando dentro si lotta. Anche quando quel costume rappresenta un mostro più grande della malattia stessa. Allora ci si chiude, si inventano scuse, si scattano foto strategiche, si finge un mal di pancia. Tutto per evitare l’unica cosa che davvero fa paura: sentirsi fuori posto nel proprio corpo.
E mentre chi soffre cerca di sopravvivere in silenzio, chi ama cerca un varco. Ma a volte è proprio il silenzio la risposta. Non il silenzio che ignora, ma quello che accoglie. Il silenzio che sta, che ascolta, che non forza. Che c’è, senza pretendere. Perché chi convive con un DCA non ha bisogno di essere “convinto a mangiare” o “convinto a godersi l’estate”. Ha bisogno di tempo, di ascolto, di professionisti, di fiducia. E di qualcuno che lo veda oltre il corpo, oltre il peso, oltre le calorie.
Ci sono estati che fanno male, ma anche estati che segnano l’inizio di una risalita. A volte il primo passo è dire: “non mi sento bene”, altre è accettare un invito oppure rifiutarlo senza sentirsi in colpa. Altre volte è solo riuscire a dire: “il mio corpo non è affar tuo”.
Chi guarda da fuori non può capire tutto, ma può smettere di aggiungere pressione. Può essere presenza silenziosa e amore che non chiede prestazioni. Perché anche d’estate, chi ha un DCA non ha bisogno di una vacanza: ha bisogno di uno spazio sicuro in cui non dover fingere. E quel posto, a volte, può iniziare con un abbraccio che non pesa, con uno sguardo che non misura. Con una voce che non giudica, ma dice, semplicemente: “ci sono”.
A chi lotta ogni giorno con un disturbo del comportamento alimentare, anche se nessuno lo vede, a chi affronta l’estate come una salita ripida, a chi si guarda allo specchio con dolore, a chi cerca di mangiare senza sentirsi in colpa. A te che resisti, che ci provi, che magari oggi non ce l’hai fatta ma domani ci riproverai. Non sei sbagliatə, non sei solə, non sei il tuo corpo. E a te che conosci qualcuno che ne soffre, e ti senti impotente, che cerchi le parole giuste e a volte non le trovi. Il tuo esserci conta. Il tuo sguardo gentile è un rifugio. A entrambi: continuate a camminare, anche piano. Anche tremando. Perché ogni passo, anche piccolo, è un atto di coraggio. E un giorno, anche il sole d’estate smetterà di bruciare e tornerà a scaldare. Promesso.
Il Quotidiano del Sud.
UNICAL VOICE – DCA: Quando uscire fa più paura dello specchio