Usa, guerra sula riforma dei collegi elettorali in vista del Midterm. I dem texani “scappano” per far saltare il voto e il governatore li fa arrestare
- Postato il 5 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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“Prova a prenderci”. È beffarda e riecheggia un vecchio film di Steven Spielberg la risposta del democratico texano Gene Wu al governatore dello Stato, il repubblicano Greg Abbott. Il governatore ha infatti emesso un ordine di arresto per Wu e per altre decine di deputati democratici dello Stato che hanno lasciato il Texas per non essere costretti a votare una legge che ridisegna i collegi elettorali. Wu si trovaal sicuro a molte miglia di distanza, a Chicago, in un Hyatt di proprietà del governatore dell’Illinois JB Pritzker. Non è dato sapere quando rientrerà a Austin per tornare al suo lavoro di deputato. È però certo che lo scontro in Texas è soltanto l’ultimo esempio della deriva conflittuale, quasi folle, presa dalla politica americana negli anni di Donald Trump. Ed è uno scontro destinato con ogni probabilità ad allargarsi ad altre aree degli Stati Uniti.
Ormai da diversi mesi Trump chiede ad Abbott e ai deputati repubblicani dell’Assemblea legislativa texana di approvare una misura che ridisegni almeno cinque collegi elettorali. Il presidente ritiene che in questo modo i candidati repubblicani potranno più facilmente prevalere alle elezioni di midterm del 2026. In questo modo, ritiene sempre il presidente, sarà più facile mantenere alla Camera quella maggioranza repubblicana di cui ha disperatamente bisogno, se vuole continuare a portare avanti la sua agenda. Non tutti, tra gli stessi repubblicani, sono convinti che sia una buona idea. Modificare la mappa politica – scorporare ad esempio aree a maggioranza afroamericana e unirle ad altre fortemente conservatrici – potrebbe avere effetti indesiderati. Si renderebbero più “rossi”, più repubblicani, alcuni collegi, mettendo però a rischio la maggioranza G.O.P. in altri. Abbott, uno degli alleati più fedeli di Trump, si è comunque messo diligentemente al servizio del presidente. Ha convocato in piena estate una sessione speciale dell’Assemblea statale. In programma una serie di voti importanti: quello per gli aiuti alle popolazioni colpite dalle disastrose inondazioni del 4 luglio; quello contro il traffico di essere umani; quello, appunto, che cambia la mappa elettorale dello Stato.
A questo punto è scattata la fuga dei democratici. Perché si possa tenere un voto alla Camera dello Stato è necessario infatti che siano presenti due terzi dei 150 membri. I deputati democratici sono 62. Quindi è sufficiente che 51 non si presentino per far saltare il quorum. È quanto successo lunedì pomeriggio. Invece di presentarsi all’Assemblea legislativa di Austin, decine di democratici hanno preso un aereo e trovato rifugio a Chicago, Boston, New York, in città e stati saldamente controllati dai democratici stessi. La mossa ha fatto andare su tutte le furie il governatore Abbott che, citando “l’inadempienza ai loro doveri”, ha emesso un ordine di “arresto civile” per i fuggiaschi. La minaccia di arresto è stata ventilata anche dallo speaker repubblicano della Camera, Dustin Burrows, secondo cui, invece di occuparsi di cose importanti come soccorsi ad alluvionati e vittime di traffici sessuali, i democratici “hanno lasciato lo Stato, abbandonando i loro incarichi e voltando le spalle agli elettori che avevano giurato di rappresentare. Si sono sottratti alle loro responsabilità sotto la direzione e la pressione di politici e attivisti provenienti da altri Stati, che non hanno la minima idea di cosa sia giusto per il Texas”.
Della “caccia” ai deputati in fuga per riportarli con la forza ad Austin e farli votare si dovrebbe occupare la Guardia Nazionale. Le truppe texane hanno però giurisdizione solo ed esclusivamente all’interno dei confini dello Stato. I deputati sono appunto volati verso lidi più tranquilli. In particolare a Chicago, accolti dal governatore dell’Illinois, il democratico JB Pritzker che è proprietario dell’Hyatt, le cui camere ha generosamente e gratuitamente messo a disposizione dei colleghi texani. La versione che i fuggiaschi danno della vicenda è ovviamente molto diversa da quella offerta da Abbott e dai repubblicani. Accusano il governatore di essersi “messo in ginocchio di fronte al volere di un pregiudicato di New York”, quindi di Donald Trump, usando la storia degli alluvionati e dei traffici sessuali come scuse per far passare la legge sul ridisegno dei collegi elettorali. “I democratici della Camera del Texas sanno come combattere”, ha spiegato la deputata Jessica González. “Ci siamo rimboccati le maniche e siamo pronti a portare la nostra lotta fino in fondo, perché questo è ciò che le nostre comunità, il nostro Stato e la nostra nazione meritano”. Non è peraltro la prima volta che i democratici texani abbandonano Austin. Era già successo nel 2021 per opporsi a una legge che limitava il diritto di voto. Ed è dal 1870 che nello Stato si usa il quorum come strumento di battaglia politica.
In passato la strategia non ha avuto grande successo. La “sessione speciale” dura infatti trenta giorni. Conclusi i trenta giorni, il governatore può immediatamente convocare una nuova “sessione speciale” e così via, all’infinito. Prima o poi i deputati che hanno abbandonato le loro case e il loro seggio, saranno costretti a rientrare in Texas, finendo sotto custodia della Guardia Nazionale che ha il compito di riportarli ad Austin. Senza contare un’altra cosa. Per ogni giorno di assenza dal luogo di lavoro, quindi dalla Camera, i deputati pagano una multa di 500 dollari. Un’assenza prolungata potrebbe trasformarsi in un notevole esborso di denaro. Rispetto alle “fughe” del passato, questa potrebbe avere però qualche possibilità di successo in più. Perché la nuova mappa elettorale possa essere operativa per le elezioni di midterm del novembre 2026, la legge deve passare entro i primi giorni del dicembre 2025. Non è probabile che i deputati democratici texani se ne restino a Chicago e New York così a lungo. Ma lo scontro si è fatto in questi giorni sempre più duro, e non si sa quando e come potrà concludersi.
Il Texas non è comunque il solo Stato americano dove si combatte la battaglia sui collegi elettorali. I democratici stanno cercando di fare la stessa cosa – e cioè cambiare il disegno dei distretti, in modo da far prevalere i propri candidati – in California e a New York. Riconquistare la Camera nel novembre 2026 è fondamentale, se vogliono opporsi al potere sempre più debordante di Trump. Il loro margine di vittoria, la loro maggioranza alla Camera, deve peraltro essere significativa. Come già nel passato, Trump potrebbe infatti far scattare l’accusa di brogli elettorali e sospendere, o cancellare, un’elezione a lui sfavorevole. Per questo le elezioni di midterm diventano così importanti. Per questo la vittoria democratica deve essere inequivocabile. Per questo i dem si lanciano nello scontro, senza esclusione di colpi, sui collegi elettorali. “Sono stanca di combattere con le mani legate dietro la schiena” ha detto la governatrice di New York, Kathy Hochul. “Siamo in guerra. Togliamoci i guanti. E combattiamo”.
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