Usa, Trump schiera i marines dopo i disordini contro il suo governo

  • Postato il 11 giugno 2025
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Usa, Trump schiera i marines dopo i disordini contro il suo governo

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La scelta dopo i disordini in California contro il suo governo Usa, Trump schiera i Marines. Il tycoon forza la mano e mobilita i militari. Newsom: «È un abuso di potere».


I militari schierati in armi per le strade. È la scena che si è parata di fronte ai cittadini di Los Angeles, dopo la controversa decisione del presidente Donald Trump di ricorrere alle forze armate per contenere le proteste che da venerdì scorso scuotono la città californiana. Inizialmente, l’ordine presidenziale ha riguardato circa 2.000 uomini della Guardia nazionale, uno speciale corpo militare che tradizionalmente ubbidisce ai singoli governatori locali ma che Trump ha federalizzato per decreto ponendola sotto il proprio controllo. Poi, il passo più controverso: la decisione, nella notte di ieri, di schierare anche 700 marine appartenenti al secondo battaglione del settimo reggimento dei Marines, di stanza nella vicina contea di San Bernardino, in California.

USA, TRUMP SCHIERA I MARINES: LA REAZIONE DELLE AUTORITÀ LOCALI E LA QUESTIONE LEGALE

La decisione è stata immediatamente contestata dalle autorità locali guidate dal governatore Gavin Newsom, che hanno immediatamente citato in giudizio l’amministrazione Trump contestando ambedue le decisioni. Secondo i ricorrenti, la scelta della Casa Bianca sarebbe illegittima perché non sussisterebbero i presupposti a livello di ordine pubblico per l’intervento dell’esercito. Secondo la legge americana, le forze armate non possono essere utilizzate per compiti di ordine pubblico, a meno che il governo federale non dichiari un’emergenza ai sensi dell’Insurrection Act.

Questa vecchissima legge – del 1807 – conferisce infatti un non meglio definito potere di impiegare soldati per gestire l’ordine pubblico ma solo in caso di una grave emergenza che si riveli ingestibile per le forze dell’ordine locali. Anzi, storicamente sono proprio queste ultime a richiedere l’appoggio federale in caso di rivolte troppo vaste da gestire. Per esempio, l’ultima volta che l’Insurrection Act è stato invocato, nel 1992, dopo lo scoppio di una pesante rivolta razziale seguita al brutale pestaggio di un afroamericano di nome Rodney King, fu proprio la stessa California a chiedere all’allora presidente George H.W. Bush di intervenire manu militari.

UN NUOVO BRACCIO DI FERRO E L’ATROFIA DEI CONTRO-POTERI

Da allora nessuna amministrazione ha più osato ricorrere a tanto, sebbene Trump avesse minacciato il dispiegamento dei soldati nelle strade durante le proteste seguite all’uccisione di George Floyd nel 2020. Anche allora, nonostante una situazione molto più deteriorata, il presidente non osò scavalcare le amministrazioni locali e si limitò a impiegare le singole guardie nazionali in congiunzione con i vari governatori. Il fatto che oggi Trump si senta abbastanza sicuro da non solo schierare truppe per le strade ma da farlo senza nemmeno invocare l’Insurrection Act (nessuna dichiarazione in tal senso infatti è stata presentata dalla Casa Bianca o da qualcuno dei suoi rappresentanti) indica chiaramente che ci troviamo di fronte a una nuova prova di forza.

Che ancora una volta il tycoon stia cercando di forzare la mano e spostare un’altra volta i limiti di cosa sia consentito a un presidente. Se può permettersi di farlo è soprattutto grazie all’evidente atrofia dei contro-poteri che in teoria dovrebbero limitare l’azione presidenziale ma che in realtà la stanno agevolando. A cominciare dalla Corte suprema, che l’anno scorso – con una controversa sentenza riferita ai procedimenti giudiziari contro lo stesso Trump in relazione al suo famigerato tentativo di sovvertire le elezioni del 2020 – ha stabilito che un presidente non possa essere processato o incriminato per nessun atto commesso nelle sue funzioni di capo di Stato. Un precedente molto pericoloso, che di fatto garantisce l’immunità giudiziaria completa all’inquilino della Casa Bianca.

IL RUOLO DEL CONGRESSO E LA FIGURA DI NEWSOM

Alla luce di ciò l’unico contrappeso rimasto sarebbe il Congresso, ma con il Partito Repubblicano ormai trumpizzato saldamente al potere in entrambi i suoi rami, il parlamento americano sembra deciso a giocare il ruolo di sostenitore ancillare del mandato presidenziale piuttosto che quello di contro-potere (come invece, in parte, fece durante il suo primo mandato). A titolo esemplificativo, lo Speaker dalla Camera Mike Johnson si è augurato ieri che il governatore Newsom potesse essere ricoperto di pece e piume ed esposto al pubblico ludibrio per la sua opposizione a Trump, il quale in precedenza aveva affermato apertamente di desiderare l’arresto del leader californiano.

Non a caso, Newsom ha definito l’atto presidenziale «un abuso di potere», il procuratore generale della California Xavier Becerra ha parlato di un gesto «illegale» e toni simili sono stati adoperati anche dalla sindaca di Los Angeles Karen Bass. Ma è il governatore a essere diventato il simbolo della protesta: 57 anni, cattolico, ex sindaco di San Francisco, abile operatore politico che ha scalato le gerarchie della California fino a diventarne governatore, pur con risultati discutibili (lo stato vede da anni un serio peggioramento dei suoi standard di vita), Newsom non ha mai nascosto le sue ambizioni presidenziali ed è considerato un candidato di punta del campo progressista in vista del voto del 2028. Lo scontro potrebbe adesso lanciarlo direttamente nell’arena politica, anche grazie al suo stile diretto e senza fronzoli.

Nella sua prima intervista rilasciata dopo le parole di Trump, per esempio, il governatore non ha esitato a incoraggiare il presidente ad arrestarlo, se ne aveva il coraggio.

PRIMA SCHIERA I MARINES POI PROSSIMI SCENARI USA E GLI AVVISI DI TRUMP

Per il momento comunque il braccio di ferro continua, in attesa che i tribunali locali battano un colpo e si pronuncino sulle decisioni del presidente. Ma un nuovo banco di prova potrebbe già essere all’orizzonte: il prossimo 14 giugno, in occasione del compleanno del tycoon, a Washington si terrà una grande parata militare, la prima dal 1990, fortemente voluta dallo stesso presidente. Un’occasione troppo ghiotta per i suoi oppositori, per non provare a protestare contro la sua amministrazione. Trump ha già messo in guardia: chi proverà a interferire, sarà punito «con grande forza». Gli americani sono avvisati.

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