Va al pronto soccorso e minaccia di suicidarsi ma i medici non gli credono, lui si toglie la vita. Indagata una dottoressa
- Postato il 22 novembre 2025
- Cronaca
- Di Blitz
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Svolta nella vicenda del sessantenne della Destra Piave che si è tolto la vita dopo essere stato visitato al Pronto soccorso dell’ospedale San Martino di Belluno. La Procura ha iscritto nel registro degli indagati una dottoressa quarantenne in servizio quella notte, contestandole l’ipotesi di omicidio colposo. Al centro dell’accusa c’è il presunto mancato avvio delle procedure previste per il trattamento sanitario obbligatorio, nonostante l’uomo avesse manifestato chiari segnali di grave sofferenza psichica.
Gli inquirenti ritengono infatti che l’attivazione del TSO, con informazione al Comune e firma del sindaco o di un assessore, avrebbe potuto condurre a un ricovero protetto in Psichiatria, potenzialmente in grado di evitargli il rientro a casa e il tragico gesto successivo.
La ricostruzione degli inquirenti e l’esame autoptico
Secondo quanto ricostruito, l’uomo si era presentato in stato di forte agitazione, con precedenti TSO e con ripetute dichiarazioni di voler uccidersi. Nonostante questo, non sarebbe stato attivato il percorso previsto per i casi ad alto rischio suicidario. Dopo essere tornato nella propria abitazione, è stato trovato senza vita da un vicino.
Sul posto sono intervenuti il Suem 118 e i carabinieri, ma per lui non c’era più nulla da fare. Il pubblico ministero Claudio Fabris ha disposto l’autopsia, affidandola all’anatomopatologo Antonello Cirnelli. L’esame, svolto il 21 novembre, ha confermato senza dubbi la natura suicidaria del decesso e ora il referto verrà allegato al fascicolo investigativo come atto irripetibile.
Le verifiche interne e gli scenari giudiziari
Parallelamente, l’Ulss 1 Dolomiti ha avviato un’indagine interna per accertare se le procedure di valutazione psichiatrica siano state applicate correttamente e perché non sia stato richiesto il TSO, nonostante le esplicite intenzioni autolesionistiche.
La dottoressa indagata, assistita dall’avvocato Massimo Moretti, ha ricevuto l’avviso di garanzia e potrà nominare un consulente. La madre del sessantenne, unica familiare rimasta, è parte offesa nel procedimento e si è affidata al legale Carlo Vigna. L’esito della relazione autoptica, insieme agli accertamenti clinici e documentali, sarà decisivo per la scelta della Procura: archiviazione oppure richiesta di rinvio a giudizio.
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