Vacherot trionfa a Shanghai: segnale di un tennis maschile sempre più livellato (verso il basso)
- Postato il 13 ottobre 2025
- Di Panorama
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Esiste un’immagine che spiega meglio di qualsiasi tabellone ciò che è accaduto al Masters 1000 di Shanghai: quella della gara di pattinaggio alle Olimpiadi invernali del 2002, quando Steven Bradbury vinse l’oro dopo che tutti gli avversari, davanti a lui, caddero all’ultima curva.
Anche Valentin Vacherot, monegasco numero 204 del mondo, ha trionfato restando sostanzialmente “l’unico in piedi” mentre attorno a lui il resto del circuito crollava. Diversi infatti sono stati i ritiri o le performance sottotono dei grandi favoriti nei giorni scorsi – Sinner prima, Djokovic e Medvedev poi.
Torneo a eliminazione naturale e tennis maschile livellato
Durante il torneo si sono susseguiti ritiri per infortuni, crampi e problemi fisici legati alla fatica di una stagione lunga e logorante. E soprattutto, a un caldo afoso e soffocante che ha influito negativamente sullo spettacolo in campo. Sì, il vero protagonista è stato il caldo, non il campo.
Il numero uno del mondo e fresco vincitore dello Us Open Carlos Alcaraz, aveva saggiamente deciso di non partecipare dopo un anno ricco di soddisfazioni ma stremante. Il rivale Jannik Sinner, invece, ha preso parte al torneo, ma si è ritirato per crampi al terzo turno.
La favola dei cugini: Vacherot e Rinderknech
E proprio quando la vittoria sembrava arridere a Novak Djokovic e Daniil Medvedev, unici due big a raggiungere la semifinale, arriva una sorpresa più che inaspettata. Anzi, due sorprese. Il serbo, condizionato da vomito e malessere, sconfitto proprio da Vacherot, numero 204 del mondo e pressoché sconosciuto fino a quel momento. Il russo si fa rimontare dal francese Arthur Rinderknech, cugino dello stesso Vacherot, e perde prendendosela con il giudice di sedia.
In questo contesto, la corsa dei cugini e la vittoria finale dello sfavorito fra i due (numero 204 contro numero 54) appare la chiosa perfetta di un miracolo sportivo memorabile. Eppure, questo trionfo meraviglioso contro ogni pronostico non deve occultare il momento negativo che il tennis sta vivendo. Non il tennis italiano, naturalmente, al vertice storico grazie a campioni in top 10 come Sinner e Musetti.
Un campanello d’allarme
Il successo di Vacherot è una favola sportiva, sì, ma è soprattutto il sintomo di un fenomeno più profondo.
Il tennis maschile, infatti, dopo il tramonto dei Big Three, sta vivendo una fase di transizione in cui la qualità media sembra essersi abbassata. Djokovic, unico dei Big Three ancora attivo nel circuito, a 38 anni ha raggiunto tutte e quattro le semifinali dei Grandi Slam. Non è più in grado di battere i primi due, non è più scattante come una volta, ma è l’unico a raggiungere costantemente le fasi finali dei tornei. È costante, a differenza degli altri nella top 10. E questo dimostra quanto sia basso il livello del tennis maschile, al di là dei fenomeni Sinner e Alcaraz. Un venerando (sempre campionissimo) Djokovic che si dimostra ancora superiore alle nuove leve.
Carlos Alcaraz e Jannik Sinner dominano per freschezza, intensità e solidità tecnica, ma alle loro spalle il vuoto si allarga. Alexander Zverev, terzo nel ranking, è più vicino come punteggio al numero 50 Altmaier che al numero due Sinner. Un dato sconcertante.
Il rischio “WTAizzazione”
Facciamo un’analisi più approfondita dell’élite del tennis maschile attuale. Rune e Auger-Aliassime sono la discontinuità per antonomasia. Tsitsipas, Medvedev e Ruud sembrano aver smarrito la scintilla. Zverev naviga tra alti e bassi, alla vana ricerca del primo Slam.
I giovani emergenti non trovano stabilità, i veterani resistono per esperienza e mancanza di competizione.
Così, in assenza di Alcaraz e Sinner, ogni torneo diventa terreno fertile per sorprese che, più che meritocratiche, sembrano frutto di un livellamento verso il basso.
Il paragone con il circuito femminile è inevitabile: nel WTA, dopo il ritiro di Serena Williams, “chiunque può vincere”. Questa imprevedibilità ha un prezzo, quello della perdita di qualità e identità tecnica. Qualcosa che gli spettatori, reduci da rivalità straordinarie tra Federer, Nadal e Djokovic, con tanti ottimi giocatori nella top 10 come Del Potro, Murray e Wawrinka, non sono disposti a pagare.
Il presente e il futuro del tennis
Vacherot ha meritato il suo titolo, certo, ma la sua vittoria somiglia più a quella delle Olimpiadi invernali del 2002 di pattinaggio che all’impresa di Goran Ivanisevic a Wimbledon nel 2001. Ha vinto l’ultimo a rimanere in piedi in una corsa a caduta libera.
Il tennis maschile, oggi, è come quella pista di ghiaccio nel 2002: pieno di scivoloni.
E mentre Alcaraz e Sinner si contendono il presente e il futuro, attorno a loro il resto del gruppo fatica anche solo a restare in equilibrio.