Vaticano, le vere incognite del dopo Bergoglio
- Postato il 5 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Vaticano, le vere incognite del dopo Bergoglio
La Chiesa di Francesco è un cantiere aperto e il conclave in Vaticano si apre nel segno di una ricerca di un nuovo Papa che dovrà affrontare le incognite del post Bergoglio
«Alla ricerca del Papa perduto». Se la storia di questi giorni fosse un film, questo potrebbe essere un titolo azzeccato. Il popolo vuole un Pontefice che sia come Francesco, ma sarebbe ingenuo pensare che i cardinali scelgano un confratello che rinunci ad essere se stesso per fare l’imitatore di Bergoglio. Altro, invece, è dire che dovrà, con il suo carattere e la sua personalità, essere un Papa che continui a guardare al mondo e che presti attenzione anche dentro casa sua. Un compito non facile. Francesco ha aperto numerose pratiche durante il suo Pontificato e molte sono rimaste aperte e inevase. Al successore spetterà svilupparle e chiuderle oppure archiviarle.
Dalle Congregazioni dei cardinali sembra venir fuori che, vista la mole di lavoro che sarà sulle spalle del prossimo Pontefice, più che un Francesco II servirà un “Superfrancesco”, un pastore che abbia, allo stesso tempo, la capacità di parlare ai potenti e agli umili e una perizia gestionale non comune per mettere ordine, in primis, nei conti della Santa Sede. Sta diventando sempre più preoccupante e allarmante, infatti, la questione economica: si sta consolidando il passivo da 70 milioni di euro nei conti del Vaticano. Una brutta sorpresa per molti cardinali, in particolare quelli che vengono da lontano e non hanno mai fatto vita di Curia.
Come è possibile – alcuni si chiedono – che il più piccolo Stato del mondo, ma con uno dei più importanti patrimoni artistici, sia a rischio bancarotta? E come vengono impiegati i fondi che arrivano dalle parrocchie e dalle diocesi? Ci si interroga sulla oculatezza di una gestione fatta in dodici anni da Francesco. Essersi circondato di collaboratori poco esperti, costretto a rimuoverli dopo poco tempo. Aver messo nel recente passato a capo della Segreteria per l’Economia un teologo e non un ragioniere di sicuro non ha dato i frutti sperati. Di fatto oggi l’unico settore che porta ossigeno alle casse vaticane è quello dei Musei. L’apertura a diversi laici, inseriti in posti di responsabilità dei dicasteri, ha fatto lievitare il monte stipendi, a scapito dell’utilizzo di risorse umane già presenti, sottovalutate professionalmente ed economicamente.
I cardinali anziani aprono anche altri fronti di dibattito. In una recente intervista il cardinale Camillo Ruini, 94 anni, presidente emerito della Conferenza Episcopale italiana, ha auspicato: «il nuovo Papa deve restituire la Chiesa ai cattolici!». Molti si stanno chiedendo se la Chiesa in uscita, tanto voluta da Papa Francesco, abbia veramente funzionato. I cardinali elettori, i pochi che in questi giorni parlano con i giornalisti, dicono: il successore di Bergoglio dovrà mettere al centro Cristo. Risposta banale, anche se importante, dato che questo è un compito che spetta ad ogni cristiano e che, non volendo, mette in cattiva luce proprio il Pontificato bergogliano, quasi un’accusa tacita: aver favorito il culto della personalità del Pontefice affabile e sorridente, più che del Figlio di Dio.
Sicuramente il Papa argentino è stato chiamato al soglio di Pietro il 13 marzo 2013 per creare una Chiesa diversa, alla portata di tutti, non dei soli virtuosi, accogliente soprattutto nei confronti di chi vive nella lontananza e nell’errore. Francesco lo ha fatto con la sua umanità, rompendo le ferree regole del cerimoniale, anche solo per abbracciare un bambino, un anziano o un disabile. Moti del cuore e spontaneismo che hanno attirato da subito le simpatie soprattutto dei non credenti e degli agnostici, lasciando delusi, col passare del tempo, quei fedeli, che, pur credendo nella misericordia e nel perdono, si sono sentiti messi ai margini, non abbastanza ultimi e poveri da meritare considerazione.
Francesco, a detta dei cattolici intiepiditi, nella sua incessante ricerca di giustizia, misericordia e accoglienza degli ultimi, forse non si è accorto di escludere i penultimi. La Chiesa lasciata da lui è una realtà “work in progress”. Tante le cose da definire meglio: il ruolo della donna, le unioni irregolari tra omosessuali ed etero, la sinodalità, la tutela dell’ambiente, il dare importanza alle periferie, ma anche restituire funzionalità e autorevolezza al centro. Utilizzare, inoltre, per parlare al mondo le strutture vaticane della comunicazione, da lui troppo snobbate.
Guardando alla composizione del Collegio cardinalizio ci si accorge che la Chiesa globalizzata voluta dal Papa dà maggior spazio alle realtà giovani e rampanti dell’Asia e dell’Africa, ma queste sapranno prendere il posto di quella europea? Va da sé che il prossimo Pontefice dovrà avere una solida esperienza ed essere aperto a mettere ordine nelle novità introdotte da Francesco, a volte divisive. Dovrà fare un importante passo avanti: riportare ad unità, sempre su base evangelica, innovazione e tradizione, senza penalizzare alcuna manifestazione della fede, collegandosi in tal senso anche al Pontificato di Benedetto XVI. Prendere atto che una Chiesa per i poveri forse non può essere a sua volta povera.
Il Quotidiano del Sud.
Vaticano, le vere incognite del dopo Bergoglio