Viaggio nel tempio di Ulsan, dove Hyundai forgia un’auto ogni 9 secondi. E l’ambizione della Corea moderna
- Postato il 25 luglio 2025
- Fatti A Motore
- Di Il Fatto Quotidiano
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In Corea del Sud, l’idea di perfezione non è un semplice ideale: è un imperativo sociale, culturale, estetico. È ciò che spinge milioni di persone a curare ogni dettaglio del proprio aspetto, a sottoporsi a interventi chirurgici per migliorare le probabilità di successo, a studiare per anni pur di entrare in una delle università giuste. È lo stesso spirito che ha reso questo Paese un colosso globale della tecnologia, della cosmetica e, naturalmente, dell’industria automobilistica.
In un contesto dove la collettività vale più dell’individuo, dove l’identità è definita più da chi sei che da cosa fai, lavorare per un grande gruppo industriale significa appartenere a qualcosa che conta. E in Corea del Sud, poche realtà contano quanto Hyundai, terzo produttore al mondo di auto nel 2024 con 7,23 milioni di auto vendute a livello globale. Non si tratta solo un marchio automobilistico: è uno dei cinque grandi chaebol, quei conglomerati che dominano l’economia sudcoreana. Assieme a Samsung, LG, SK e Lotte, Hyundai rappresenta una vera e propria colonna portante del Paese. Se uno di questi giganti vacilla, l’intera economia rischia di cadere: lo dice un detto popolare, “se i chaebol starnutiscono, la Corea si prende il raffreddore”.
A incarnare fisicamente questa forza c’è un luogo preciso: Ulsan, città industriale nel sud-est del Paese, con una popolazione di circa un milione di abitanti che ha un primato importante: è la città con il reddito pro capite più alto del Paese, che si riflette nella qualità della vita: ottimi servizi, una gestione urbana impeccabile e spazi ben organizzati. Qui negli anni ’80 la crescita industriale ha causato gravi problemi ambientali al fiume Taehwa, che attraversa la città. Oggi quel fiume è simbolo di rinascita ecologica, con salmoni e uccelli migratori che lo popolano di nuovo.
A Ulsan sorge la più grande fabbrica di automobili del mondo. Un colosso da 5 milioni di metri quadrati, articolato in cinque impianti di produzione, un porto privato e persino un ospedale interno. Attiva dal 1968, quando la casa Coreana, su licenza di Ford, assemblava la Cortina, la prima vera auto Hyundai è la celebre Pony, lanciata nel 1975. Ogni anno, da Ulsan escono oltre 1,5 milioni di veicoli, destinati a oltre 200 Paesi. Un’auto ogni 9,6 secondi. In fase di ultimazione un sesto stabilimento che dall’anno prossimo aggiungerà altri 200.000 auto elettriche alla produzione attuale. Dai prototipi alle auto del brand premium Genesis, dalla Santa Fe alla Tucson, dalla Kona alla Ioniq 5, dalle elettriche alle auto a idrogeno.
Qui lavorano più di 31.000 persone, in un sistema che unisce automazione e artigianalità, efficienza logistica e coesione sociale. In un Paese dove le distanze sono brevi e gli stili di vita omogenei — da Seoul a Busan che è la seconda città coreana a sud del Paese bastano cinque ore d’auto — anche il concetto di impresa assume un significato particolare. Hyundai a Ulsan non è solo un datore di lavoro: è una struttura che organizza il tempo, la mobilità, persino le generazioni. Un giovane che riesce a farsi assumere qui ha vinto. Ha trovato il suo posto nel mondo. Ha conquistato l’appartenenza. È una logica che riflette valori profondamente radicati nella società sudcoreana, ancora patriarcale, ancora segnata da aspettative severe nei confronti delle donne, e dove il sistema pensionistico poco sviluppato rende i figli quasi obbligati a prendersi cura degli anziani.
In questo equilibrio delicato, le grandi aziende come Hyundai diventano punti fermi. Offrono stabilità, continuità, prestigio. Ulsan è l’emblema della Corea che funziona. La città, una volta villaggio di pescatori, è diventata prova tangibile di cosa possa nascere in un Paese dove tutti remano nella stessa direzione, dove le regole si rispettano senza fare domande, dove la perfezione non è un’aspirazione, ma un dovere.
Ed è proprio questa uniformità – sociale, culturale, estetica – ad aver permesso negli anni ’80 la rinascita economica del Paese: prima nei semiconduttori, poi nella cosmetica, ora nella mobilità. Oggi il mondo guarda alla Corea con occhi affascinati: per il K-pop, per il cinema che vince agli Oscar, per le serie TV prodotte da Netflix, per i cosmetici che invadono le boutique di lusso.
Ma dietro al volto truccato e curato della Corea c’è anche il metallo delle catene di montaggio di Ulsan, il rumore ritmico delle presse, il silenzio disciplinato di migliaia di operai. Un corpo collettivo che, come un idolo del pop perfettamente sincronizzato, muove ogni giorno il Paese verso il futuro. E forse è proprio qui il segreto di Ulsan. Nella sua capacità di tenere insieme modernità e tradizione, collettività e ambizione, acciaio e sogni. In una nazione dove ogni gesto ha un significato, ogni fabbrica è un tempio. E Hyundai, più che una marca, è una promessa: di progresso, di lavoro, di appartenenza.
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