Violente delusioni per anni, e poi all’improvviso lo stupore
- Postato il 4 aprile 2025
- Di Il Foglio
- 1 Visualizzazioni

Violente delusioni per anni, e poi all’improvviso lo stupore
In primavera succedono cose strane: torno a casa e trovo mio figlio che legge un libro. C’è stato un periodo, quando tornavo a casa dopo il lavoro, che mio figlio mi veniva incontro per salutarmi. Ogni sera aprivo la porta e c’era lui, gioioso e festante, che mi guardava dal basso e sorrideva. Gli ero mancata: la sproporzione di quella gioia era anche un dolore, per me che arrivavo solo quando era buio, la giornata era finita e lui aveva già cenato senza di me. Per fortuna, dopo pochi secondi mio figlio non era più felice e anzi scoppiava a piangere disperato. Ma perché piangi? Guarda che bei libri che ti ho portato. Libretti, librini illustrati, libri con qualche parola in stampatello maiuscolo, libri pieni di belle figure. Mio figlio per questo piangeva: perché vedeva i libri. Perché al posto di una pistola gli avevo portato un libro, ma anche perché al posto di niente gli avevo portato un libro. In effetti in quel periodo gli portavo libri quasi ogni sera, causando la sua disperazione. Ostinata, ho continuato a farlo per molto tempo: ogni volta speravo che uno di quei libretti gli piacesse. Invece erano sempre lacrime, così piccolo mi diceva perfino: perché sprechi i soldi? Quindi non solo io tornavo a casa tardi, ma pure carica di violente delusioni. Convinta di essere nel giusto, incredula che quelle bellissime figure di lupi, bambini, boschi, non lo rendessero felice.
Mia figlia un giorno mi ha detto: mamma, per favore smettila di portargli libri, lui li odia. Ho smesso davvero, non sono stata più così presuntuosa e arrogante. A poco a poco lui ha smesso di venirmi incontro sulla porta: sono io che lo inseguo quando torno portandogli magari un paio calze con sopra disegnate delle fette di pizza o dei cocomeri. Adesso torno a casa e mi accoglie uno dei gatti, ma solo perché spera di scappare dalla porta socchiusa e andare a farsi un giro per il palazzo. Io glielo lascio fare e lui è molto contento. Cerco di non pronunciare mai, a casa, la parola: libro. Ma da qualche settimana stanno succedendo cose strane: torno e trovo mio figlio sul divano con un libro in mano. Non lo sta usando per accendere il fuoco. Mi spavento, gli urlo: ma cosa stai facendo? Lui alza gli occhi e dice: dai mamma sto leggendo. Ma come stai leggendo? Ma chi ti ha dato quel libro? Ma perché? Risposta: un mio amico, perché ha detto che è bello. Un suo amico gli ha dato un libro e lui lo legge seduto sul divano. Mi sono dovuta sedere. Gli ho anche fatto una foto di nascosto per essere certa che fosse vero (una mia carissima amica si è convinta di avere ricevuto un messaggio su whatsapp da un uomo che le piace, ma di questo messaggio non esistono tracce e potrebbe essere stata un’allucinazione desiderante). Mio figlio sul divano stava leggendo Il signore delle mosche (io non l’ho mai letto ma con lui ho finto di sì) e dopo qualche giorno l’ha finito, duecentocinquanta pagine di carta, e ha detto tutto d’un fiato: molto bello, scritto molto bene, infatti ha anche vinto l’Oscar.
Sono commossa che hai letto un libro, sei grande, ma i libri non vincono l’Oscar. Però William Goldlind ha vinto il Nobel, volevi dire il Nobel. Lui non voleva dire il Nobel, voleva dire l’Oscar. Ha detto: c’è scritto sul libro, aspetta che vado a prenderlo. Sul libro c’è scritto: Oscar Mondadori e c’è il disegno di un Oscar. Qualche giorno dopo, ancora turbata, ho ricevuto questo messaggio: mamma, hai La metamorfosi di Kafka? Sì, ce l’ho. Lui ha spiegato: l’ho cominciato a scuola, sembra stupendo, voglio leggerlo. Amore, è un libro pazzesco, ha vinto molti Oscar.
Continua a leggere...