Vittima del bullismo dei compagni, Paolo suicida a 14 anni: grave colpa e omertà della scuola
- Postato il 2 novembre 2025
- Cronaca
- Di Blitz
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Vittima del bullismo dei compagni di scuola, Paolo è morto suicida a 14 anni a Santi Cosma e Damiano in provincia di Latina.
Paolo aveva quattordici anni. La sua giovane vita si è spezzata a Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina, l’11 settembre. Un giorno che avrebbe dovuto segnare il ritorno a scuola, all’incontro con i compagni, con i professori, con il futuro. E invece, per lui, è stato l’ultimo giorno. Un suicidio, il gesto estremo di un adolescente che, da troppo tempo, viveva in trincea: bersaglio di bullismo, di derisione, di isolamento.
La sua storia ci parla con crudezza. Ci dice che Paolo era “diverso”, e dunque vulnerabile. Ci racconta che matite spezzate, quaderni strappati, insulti feroci (“femminuccia”, “Nino D’Angelo” per i capelli lunghi) erano diventati parte della sua quotidianità. Ci ricorda che lui e la sua famiglia avevano chiesto aiuto: alla scuola, ai carabinieri, persino ai genitori dei ragazzi che lo tormentavano. Ma la risposta è stata il silenzio, l’indifferenza, o un’attesa burocratica che in realtà equivale a un’assenza.
Lo sdegno di una psicologa
Non possiamo permetterci di restare muti davanti a questa tragedia. Paolo non è un caso isolato: è il volto, il nome, la voce spezzata di tanti adolescenti che non trovano accoglienza né alleanza. È la prova che le nostre istituzioni educative, a volte, non vedono, non ascoltano, non proteggono. È la denuncia vivente (anzi, ormai, purtroppo, morta) del fatto che quando i ragazzi chiedono aiuto, troppo spesso restano soli.
Come psicopedagogista, da anni affermo che la scuola non è soltanto un luogo di istruzione, ma una comunità di cura, di crescita, di difesa della vita. La scuola ,di ogni ordine e grado,d eve essere presidio contro la solitudine, scudo contro la violenza, laboratorio di empatia. Deve contenere, come Centro Culturale Polivalente, un’equipe antro psicosociopedagogica a servizio – e quale ponte”- del rapporto tra genitori, allievi, insegnanti, ambiente sociale e nuove forme di comunicazione. Anche pe prevenire violenza e abusi da cyberbullismo. Le responsabilità non possono essere diluite.
La famiglia aveva lanciato segnali chiari, aveva chiesto ascolto e protezione. Le istituzioni non hanno saputo – o voluto – attivare i protocolli. La comunità dei pari ha tradito, scegliendo l’omertà e il disimpegno. Persino al funerale di Paolo, come ha denunciato la madre, c’era solo un compagno di scuola. Nessun altro. Questo è lo specchio più feroce di quanto fosse rimasto solo. Di fronte a Paolo, dobbiamo avere il coraggio di dire basta. Basta con il bullismo normalizzato come “ragazzate”.
Basta con le scuole che si difendono dietro carte e procedure invece di guardare negli occhi i ragazzi e intercettarne la sofferenza. Basta con famiglie che non assumono la responsabilità educativa verso i propri figli quando sono loro a ferire e umiliare.
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