Viviamo nella civiltà dell’odio: come ci siamo arrivati ha dell’incredibile
- Postato il 29 giugno 2025
- Politica
- Di Blitz
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Viviamo nella civiltà dell’odio: come ci siamo arrivati ha dell’incredibile.
Un filosofo di chiara fama, nel corso di un talk show televisivo, ha dichiarato: quale interesse può avere la Russia ad invadere i paesi europei? Perché dobbiamo investire in armamenti se non esiste pericolo di aggressione?
Ho preso sul serio questa esternazione diventata virale, per almeno due ragioni: 1) per l’invidia che nutro verso chi vive decorosamente vendendo “idee astratte”, 2) perché le riflessioni del filosofo contano meno del verbo di un iman, il quale promette settantadue vergini e l’erezione eterna al terrorista che uccide almeno dieci ebrei.
Quanto a Putin mi pare che ci sia un fraintendimento di fondo: è infatti lo zar che si arma fino ai denti da qualche decennio per difendersi dall’Europa, mentre non esiste nazione, dalla Francia, alla Germania, ai Paesi Bassi, che sia in grado di impensierire la Russia.
È Putin che mostra i muscoli, minaccia l’uso dell’atomica e irride i paesi che possiedono un arsenale insignificante.
È Putin che ha invaso l’Ucraina, un paese martoriato che deve diventare un “cuscinetto neutrale” a tutela della “Grande Patria” minacciata dagli europei.
È Putin che finanzia e protegge i regimi più illiberali al mondo e mantiene le truppe mercenarie della Wagner in Africa. È Putin che incoraggia l’immigrazione irregolare.
È Trump che chiede il 5% del Pil per potenziare la Nato che ci deve difendere dai possibili attacchi russi.
Lo scenario europeo

Che l’Europa costituisca un pericolo per la Russia sembra a tutti una barzelletta; a meno di dimostrare che i paesi dell’ex Urss abbiano scelto il sistema occidentale con la forza, anziché con libere elezioni.
Che la Russia possa costituire un pericolo per l’Europa lo hanno creduto tutti i paesi della Nato che hanno approvato l’impegno ad aumentare il budget della Difesa, subendo le dure rampogne di Conte e della Schlein.
Spostando l’orizzonte, chiediamoci quale interesse può avere Israele per annettersi la Palestina. L’idea che tutto dipenda da un pugno di scalmanati religiosi ebrei che vogliono coltivare terre semidesertiche sottraendole ai nativi, appare francamente riduttiva.
È invece plausibile che Israele si sia dotato di un grande esercito allo scopo di difendere lo Stato dagli attacchi ininterrotti dei paesi islamici, che non hanno certo scatenato le guerre per consentire ai palestinesi di recuperare i terreni all’agricoltura stanziale.
Israele non fa parte dei paesi del petrolio e quindi non sono in gioco strategie di tipo economico regionale o globale che ne giustifichino l’annessione.
Tutti sanno che gli ayatollah e le organizzazioni terroristiche da essi finanziate vogliono distruggere Israele, che rappresenta un vulnus per le teocrazie di quell’area, perché nulla è più letale per una autarchia della vicinanza con un sistema di libertà. E tutti sanno che gli attacchi ad Israele si sono verificati anche quando quel paese era guidato da governi che cercavano la convivenza pacifica.
A ben vedere, non entrano in gioco neppure fattori religiosi, perché gli iraniani sono stati gli amici più vicini agli ebrei prima dell’avvento degli ayatollah.
Quando il filosofo afferma che Israele aveva diritto a difendersi ma non doveva esagerare, esprime un teorema condivisibile ma senza prova, perché nessuno può sapere cosa sarebbe successo del popolo israeliano se l’esercito non avesse sparato sulle case e sugli ospedali occupati da Hamas.
Un governo che si affida ai militari, sa come va a finire: i massacri si sono avuti in Vietnam, in Cecenia, in Ucraina, a Gaza. Può capitare che si blocchino gli aiuti alle popolazioni morenti per evitare che cadano in mano ai terroristi.
Odio fattore scatenante
Qual è stato il fattore scatenante della guerra ucraina e israeliana?
Putin ha le sue buone ragioni: voleva entrare nel Club dei paesi occidentali e ne era stato respintonel 2017 dal presidente democratico Obama, il principale responsabile delle guerre e del terrore in medio oriente.
L’ingresso nel G8 di Putin sarebbe stata una benedizione per gli europei che potevano comprare il gas a prezzi contenuti ed esportare i loro prodotti verso un mercato che si stava aprendo. Le critiche rivolte ai leader tedeschi che avevano avviato quei rapporti, sono infondate e capziose, roba da principianti che giudicano con il senno di poi.
È così accaduto che il “despota” Putin ha trovato un nuovo fattore di aggregazione della politica interna: l’odio verso l’occidente.
Allo stesso modo, l’odio verso Israele è il fattore aggregante del regime iraniano.
Il vero problema è che i regimi autarchici e polizieschi possono durare fino a che esista un nemico esterno da combattere.
Dal momento che i sentimenti antagonisti sono essenziali per la sopravvivenza di un regime il cui popolo non ha voce, diventa necessaria la discriminazione continua nei confronti del nemico.
L’idea aggregante della “diversità” consiste nel fatto che se la nazione cui un individuo appartiene ne danneggia un’altra, ciò accade per una giusta causa; quando la stessa nazione viene attaccata da chi utilizza gli stessi metodi, ha subito una violenza ingiusta e bieca. I partigiani di Putin riconoscono la “legittimità” della guerra ucraina e condannano l’azione di Israele in Palestina.
In questi casi, l’unica medicina praticabile è la dimostrazione di forza, come si è deciso a fare quel “pazzo” di Trump, per il momento con successo.
Secondo le dichiarazioni del capo supremo Khamenei, l’Iran avrebbe sconfitto Israele e gli Usa, perché avrebbero salvato dai bombardamenti l’uranio arricchito. Se così fosse non resterebbe che tagliare la testa del “serpente” ed eliminare in radice il regime degli ayatollah.
L’unico problema politico dei leader europei è quello di rassicurare gli elettori che il welfare non sarà intaccato. Cosa ci stanno dicendo i governi che hanno aderito al diktat di Trump?
Infatti, i “popoli” hanno rinunciato ad esprimere “opinioni” in fatto di democrazia, in nome di un effimero benessere. Le stesse élites economiche e culturali sono spesso al servizio di interessi particolari e di breve periodo. L’unico problema dei leader in materia di armamento è quello di rassicurare il popolo che il welfare non sarà intaccato.
Cosa ci stanno dicendo i governi europei che hanno aderito compatti alle richieste di Trump? Che in un periodo di crisi economica bisogna investire nel settore delle armi che garantisce un elevato valore aggiunto e occupazione specializzata. Il cancelliere tedesco lo dichiara apertamente: la Germania deve riconvertire l’industria delle auto nel militare. Trump pretende che gli europei si armino nella prospettiva di essere il fornitore privilegiato.
Lo stesso Putin tiene in piedi l’economia russa producendo armi che vende ai paesi del medio oriente e africani in cambio di petrolio, metalli preziosi e terre rare.
Insomma, il nuovo modello di sviluppo dei paesi che guidano il mondo, si basa sulle armi di distruzioni di massa, che devono essere utilizzate per diventare business economico.
Per incrementare la domanda sarà opportuno che tutti i cittadini del mondo acquistino almeno due mitra a testa, secondo la logica libertà prevista nella Costituzione americana.
La stessa Cina esporta armi ai paesi che gravitano nella sua zona d’influenza e il tiranno della Corea del Nordi rifornisce di uomini e mezzi lo stesso governo russo. Perfino gli iraniani sono specializzati in droni.
Accade così che mentre un tempo l’economia si basava sulle grandi innovazioni che avevano applicazione civile (dal treno all’aeronautica), in grado cioè di produrre beni e servizi per la gente comune, oggi si produce per l’industria della morte che a sua volta sta in piedi se ci sono le guerre.
Si innesca una competizione globale per realizzare le armi più letali che danno la supremazia sul campo, che non è più quello di battaglia tra soldati e soldati ma che è diretta ad annientare le popolazioni civili. Arriveremo a dare il premio Nobel allo scienziato che inventerà l’atomica più micidiale. Intanto i norvegesi stanno pensando ad insignire Trump con il premio Nobel per la pace
Quello che più mi fa arrabbiare, è che non esistano premi ed onorificenze per lo scienziato che sarà in grado di curare il mal di schiena.
Le lobby impazziranno e la faranno da padroni francesi, tedeschi e cinesi, che sono autorizzati a pagare mediazioni fino all’otto per cento. mentre gli Italiani rischiano l’arresto.
La dichiarazione di Trump che ha evocato l’atomica su Hiroshima e Nagasaki come strumento di pace, è stata accolta con naturalezza dai paesi della Nato.
I responsabili politici affermano che l’investimento nella difesa ha ricadute benefiche nel civile e nel commerciale. Quale sarebbe il mixage di vantaggi che porterebbero all’umanità i satelliti-spia di Musk? Semplice: individuare i movimenti degli eserciti ma anche del delinquentericercato dalla polizia nascosto in un anfratto.
A proposito di scoperte avveniristiche, sembra che a Nasa stia perfezionando due erotti rivoluzionari. Il primo cerotto si chiama “Etic” ed è grande quanto un capello. E’ in grado di risolvere in radice i problemi di assenteismo o di scarsa produttività dei lavoratori. Il secondo cerotto, denominato “sceleris” consente d stabilire con certezza se un imputato ha commesso reati. I poliziotti e i burocrati saranno ridotti al minimo e i magistrati avranno un ruolo notarile. Si aprirà tuttavia un novo filone di corruzione, quello dei tecnici in grado di manipolare i risultati. L’eterno problema di chi controlla i controllori, resterà irrisolto.
Intanto, nella totale indifferenza dell’opinione pubblica, il governo Meloni deve chiarire la spy story che coinvolge il Copasir per l’utilizzo illegale del software “Paragon” fornito dagli israeliani.
Su questa strada finisce il liberalismo e prendono vigore le “potenze militari” guidate da tirannimascherati sotto le mentite spoglie della democrazia. Si fa credere che ci si deve armare per restare “liberi” ed è questo lo slogan elettorale più viscido e immondo.
L’altra conseguenza delle autarchie militari è che la loro stessa esistenza trasforma le democrazie che abbandonano i vecchi principi liberali perché devono difendersi. Come sta succedendo negli Usa e in Europa.
Trump è portavoce del “popolo” che l’ha votato e questa è la forma più bassa di democrazia. L’unica democrazia è quella “indiretta” dove le leggi le fanno uomini eletti scelti, per merito,nell’agone politico. Il Presidente che si vanta di obbedire al popolo è un demagogo perché egliha il dovere i decidere nell’interesse della Nazione e non dei propri elettori: deve cioè valutare gli effetti di lungo periodo della sua azione di governo.
La libertà esige un alto grado di capacità politica ed una civiltà stabile. Esige anche un grado ragionevole di pace e di sicurezza, perché i diritti degli individui e la stessa libertà scompaiono in periodi di guerra.
L’America è un grane paese che riconosce di fondarsi sui principi del capitalismo democratico. Se la tradizione liberale, con tutte le conseguenze che essa implica per la libertà e la dignità umana, venisse meno anche in America, dovranno trascorrere molti secoli prima che possa sorgere in qualche altro luogo.
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