WanderBuddy: il futuro del travel personalizzato secondo Pierluigi Santoro
- Postato il 14 ottobre 2025
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WanderBuddy: il futuro del travel personalizzato secondo Pierluigi Santoro
WanderBuddy: il futuro del travel personalizzato secondo Pierluigi Santoro. L’imprenditore pugliese racconta come l’intelligenza artificiale possa rendere ogni viaggio un’esperienza davvero su misura.
Immaginate un compagno di viaggio che conosce i vostri gusti, anticipa le vostre emozioni e trasforma ogni itinerario in un’avventura su misura. Non è fantascienza: è WanderBuddy, l’assistente di viaggio intelligente che sta rivoluzionando il modo di esplorare il mondo. Niente più infinite ricerche su siti e app, niente più dubbi su cosa vedere o dove mangiare: basta un “buddy” digitale che sa esattamente cosa vi farà battere il cuore per guidarvi passo dopo passo verso il viaggio perfetto.
Dietro questa idea c’è Pierluigi Santoro, imprenditore pugliese che con Spheral.ai ha dato vita a un ecosistema di app modulari in cui tecnologia, dati e creatività si fondono per migliorare l’esperienza umana. Con un’esperienza manageriale maturata in aziende come Signify/Philips Lighting e Xenon Private Equity Group, e una profonda passione per arte, design e valorizzazione del territorio, Santoro non si limita a sviluppare soluzioni digitali: costruisce ponti tra efficienza e meraviglia del viaggio, portando nel turismo la stessa sensibilità che lo guida in ogni suo progetto. Lo abbiamo intervistato per scoprire come è nata l’idea di WanderBuddy, cosa significa creare un “buddy” digitale capace di comprendere le preferenze dei viaggiatori e quali innovazioni si preparano a ridefinire il futuro del travel.
Pierluigi Santoro, può raccontarci in breve cos’è WanderBuddy? Da dove è nata l’idea di creare questa app? C’è un’esperienza personale dietro il progetto?
«WanderBuddy è un assistente di viaggio intelligente che utilizza l’intelligenza artificiale per creare itinerari su misura, suggerire esperienze autentiche e semplificare ogni fase dell’organizzazione di un viaggio. L’idea nasce da un mio bisogno personale: viaggiando molto per lavoro e per passione, mi trovavo spesso a perdere tempo tra decine di siti, app e recensioni per pianificare i miei spostamenti. Volevo qualcosa che capisse chi sono, quanto tempo ho e cosa mi emoziona davvero. Da lì l’intuizione: costruire un “buddy” virtuale che impari dal viaggiatore e lo accompagni in ogni tappa, come farebbe un amico esperto».
Come descriverebbe l’utente ideale di WanderBuddy?
«Il nostro utente ideale è curioso, dinamico, ama viaggiare ma non vuole perdersi nella burocrazia digitale. È qualcuno che cerca autenticità e semplicità, più che lusso o eccesso di opzioni. WanderBuddy è pensato tanto per chi vuole scoprire una città europea in un weekend, quanto per chi sogna un itinerario di tre settimane in Asia costruito con intelligenza».
Come funziona la creazione automatica degli itinerari?
«L’AI di WanderBuddy analizza tre elementi: il profilo dell’utente (preferenze, interessi, budget, tempo disponibile), i dati contestuali (stagionalità, meteo, eventi locali, flussi turistici) e la geolocalizzazione. In pochi secondi genera un itinerario personalizzato con suggerimenti su voli, hotel, esperienze e ristoranti. L’utente può modificarlo liberamente — l’AI apprende da ogni interazione e affina progressivamente il suo stile di proposta».
Pierluigi Santoro, quali sono state le sfide più grandi nello sviluppo o nel lancio dell’app?
«La sfida più complessa è stata trasformare l’intelligenza artificiale in empatia. Volevamo un algoritmo che non si limitasse a incrociare dati, ma che percepisse il gusto del viaggiatore. Un’altra difficoltà è stata integrare fonti affidabili e aggiornate in tempo reale — dai voli ai musei — mantenendo un’esperienza fluida. E infine, come in ogni startup, trovare l’equilibrio tra innovazione tecnologica e sostenibilità economica».

Come vengono integrate le informazioni su voli, hotel e attrazioni? Collaborate con motori di ricerca o partner turistici?
«Abbiamo stretto partnership tecnologiche con motori di ricerca e fornitori API per voli, hotel e attività, oltre a integrare moduli di prenotazione diretta. Questo ci permette di offrire una user experience completa, dal sogno alla prenotazione. Inoltre, stiamo attivando collaborazioni con realtà locali per proporre esperienze autentiche e non “standardizzate”».
Quali sono le differenze principali tra WanderBuddy e piattaforme come Google Travel, TripIt o Booking.com?
«WanderBuddy non è un aggregatore, è un compagno di viaggio intelligente. Non ti mostra mille alternative, ma ti conosce e sceglie per te quelle più coerenti con il tuo stile. A differenza dei grandi portali, non punta sul volume ma sulla qualità della relazione con l’utente. È come passare da un motore di ricerca a un assistente personale».
Oltre agli algoritmi, c’è un elemento “umano”? Avete veri consulenti di viaggio che aiutano l’utente a rifinire il piano?
«Sì, e questo è un punto a cui teniamo molto. Alcune esperienze o destinazioni vengono curate da travel designer reali, che affiancano l’AI per personalizzare i viaggi più complessi. È un modello ibrido: la tecnologia costruisce la base, l’uomo aggiunge la sensibilità».
Come gestite la parte di consulenza personalizzata? È via chat, videochiamata o attraverso l’app stessa?
«Tutto avviene dentro l’app, in modo naturale. L’utente può chattare con il suo “buddy”, che risponde in linguaggio naturale, ma dietro può esserci anche un consulente umano nei casi più specifici».
Può raccontarci un esempio concreto di viaggio creato da WanderBuddy che rappresenta bene il vostro approccio?
«Un esempio è un viaggio in Andalusia creato da un utente partendo solo da un desiderio: “voglio un’esperienza tra arte, natura e tapas”. L’app ha proposto un percorso da Siviglia a Granada con tappe fuori dai circuiti turistici, come i villaggi bianchi della Sierra e una serata flamenca autentica. Il risultato è stato un viaggio “su misura emotiva”, non solo logistica».
Pierluigi Santoro, state sviluppando funzioni di “viaggio collaborativo” (es. condivisione di itinerari o costi tra utenti)?
«Sì, è un’estensione sociale che permetterà di creare e condividere viaggi di gruppo, dividere costi, e pianificare in tempo reale con amici o community. Sarà disponibile nella prossima release, e crediamo possa cambiare il modo in cui si organizzano i viaggi tra amici o colleghi».
Ha in programma l’integrazione con assistenti vocali o chatbot per creare viaggi via conversazione?
«Assolutamente sì. WanderBuddy è già conversazionale e permette di pianificare un viaggio solo parlando, in stile “chatGPT turistico”. L’obiettivo è arrivare a un’interazione totalmente naturale, dove l’utente dice “organizzami un weekend a Lisbona sotto i 400 euro” e WanderBuddy fa il resto».
Pierluigi Santoro, quali sono state le sfide principali nel combinare tecnologia, turismo e personalizzazione in WanderBuddy?
«Il turismo è uno dei settori più complessi perché unisce emozione e logistica. La sfida è mantenere la magia del viaggio dentro un algoritmo. Abbiamo voluto che WanderBuddy non fosse solo utile, ma anche ispirazione, un ponte tra dati e desideri. La tecnologia è il mezzo, ma al centro resta sempre la persona».
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