Yossi Cohen, dal Mossad alla politica: l’uomo che Israele ama e teme

  • Postato il 2 settembre 2025
  • Di Panorama
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L’annuncio della sua candidatura a Primo Ministro non è stato una sorpresa per chi conosce i suoi trascorsi, ma ha comunque avuto l’effetto di scuotere la politica israeliana: Yossi Cohen, ex direttore del Mossad, è pronto a fare il grande salto dalla guida della più temuta agenzia di intelligence del Medio Oriente al palcoscenico della politica nazionale. Figura amatissima dall’opinione pubblica, Cohen rappresenta per molti israeliani l’uomo forte capace di garantire sicurezza, visione strategica e prestigio internazionale in una fase di profonda instabilità.

Nato a Gerusalemme nel 1961 in una famiglia religiosa, Cohen ha costruito la sua carriera all’interno del Mossad fino a diventarne il direttore nel 2016, incarico che ha ricoperto fino al 2021. Fin dai primi anni si è distinto per le sue doti operative e per la capacità di tessere reti di relazioni internazionali, qualità che gli hanno valso il soprannome di «Modello», per il suo portamento elegante, ma anche di «James Bond israeliano» per la sua abilità nelle missioni sotto copertura.Prima di guidare il Mossad, Cohen è stato Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Benjamin Netanyahu, ruolo che lo ha proiettato al centro della diplomazia segreta israeliana. Da lì ha consolidato rapporti chiave con gli Stati del Golfo, gettando le basi per gli Accordi di Abramo che avrebbero cambiato il volto del Medio Oriente.

Le operazioni che hanno fatto la storia

Il nome di Cohen è legato ad alcune delle operazioni più spettacolari mai attribuite al Mossad. La più celebre resta l’operazione del 2018 a Teheran, quando un commando riuscì a trafugare dall’archivio segreto del regime iraniano oltre 50.000 documenti sul programma nucleare clandestino. Quella missione, condotta in una notte e portata a termine con un’uscita rocambolesca dall’Iran, fu presentata come prova definitiva delle ambizioni atomiche di Teheran. Sotto la sua direzione, l’agenzia ha intensificato la “guerra tra le ombre” contro le reti di Hezbollah e Hamas, colpendo infrastrutture strategiche, reti finanziarie e figure chiave. Anche la lunga campagna di sabotaggi informatici e fisici contro il programma nucleare iraniano porta la sua impronta: diverse esplosioni sospette nei siti di arricchimento dell’uranio, come quella di Natanz, sono state attribuite a operazioni condotte durante la sua leadership. Cohen ha inoltre guidato il Mossad in una fase di espansione del suo raggio d’azione, rendendo Israele protagonista non solo sul fronte operativo, ma anche su quello diplomatico. Fu lui, ad esempio, a stringere rapporti riservati con i vertici sauditi ed emiratini, contribuendo a preparare il terreno per la storica normalizzazione con parte del mondo arabo.

L’uomo che piace agli israeliani

Diversamente da altri direttori dei servizi segreti, Cohen ha sempre mostrato un lato pubblico e comunicativo. Carismatico, elegante, abile oratore, ha saputo costruire un’immagine di leader pragmatico e rassicurante. La sua popolarità non si fonda soltanto sui successi operativi, ma anche sulla percezione diffusa che sia un uomo capace di muoversi con autorevolezza nei salotti internazionali e di difendere Israele su tutti i fronti.Non a caso, i sondaggi lo hanno spesso collocato tra le figure più apprezzate dagli israeliani. In un Paese attraversato da crisi politiche croniche e da governi di breve durata, Cohen appare come un outsider dotato della credibilità necessaria per ricompattare l’opinione pubblica. «Se deve esserci un vero cambiamento, devo diventare Primo Ministro», ha dichiarato di recente, aggiungendo che «anche il popolo lo ha detto chiaramente». Parole che riflettono un consenso raro nella società israeliana, solitamente frammentata e divisa.

Le difficoltà che dovrà superare

Il passaggio dalla guida dei servizi segreti al ruolo di candidato premier non è però scontato. La politica israeliana è dominata da partiti, rivalità personali e giochi di coalizione che spesso lasciano poco spazio a figure nuove. Cohen dovrà decidere se creare un suo movimento o se inserirsi all’interno di uno degli schieramenti esistenti, affrontando inevitabilmente la figura ingombrante di Benjamin Netanyahu, suo ex alleato e mentore. Gli analisti ritengono che Cohen possa rappresentare una minaccia proprio per Netanyahu: entrambi condividono una visione di sicurezza ferrea e un approccio pragmatico ai rapporti internazionali, ma Cohen offre un’immagine meno logorata, più fresca e in sintonia con le nuove generazioni. Il suo profilo da uomo di intelligence, capace di risolvere problemi con decisione e rapidità, affascina molti israeliani, ma la politica richiede compromessi, mediazioni e capacità di governare una società complessa. Sarà questa la vera sfida di Yossi Cohen: dimostrare di poter essere non solo il maestro delle operazioni segrete, ma anche un leader capace di guidare Israele nel labirinto delle sfide economiche, sociali e diplomatiche.Quel che è certo è che la sua popolarità resta altissima. Per gran parte degli israeliani, Cohen è l’uomo che ha difeso il Paese nelle ore più buie, il volto rassicurante di un Mossad capace di colpire lontano e proteggere vicino. Ora vuole trasformare quel capitale di fiducia in una leadership politica. E la sua candidatura segna l’inizio di una nuova stagione in cui il confine tra intelligence e politica, in Israele, appare più sottile che mai.

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Panorama

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