25 Luglio 1943. Fu realmente la caduta del Fascismo? O fu l’inizio di una strategia mondiale?
- Postato il 25 luglio 2025
- Editoriale
- Di Paese Italia Press
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PIERFRANCO BRUNI
Cosa è stata realmente la Notte del Gran Consiglio del 25 Luglio del 1943? Perché si giunse al Gran Consiglio? Chi volle realmente la diaspora tra antichi Triumviri e Gerarchi? Il Duce del Fascismo cadde nel tranello o accettò ciò che da mesi si stava consumando? Le domande sono numerose e non si possono liquidare con delle battute.
Anche a distanza di anni e di ricerche sui documenti le letture le testimonianze o le interpretazioni i tagli in ciò che usiamo definire soltanto storia, restano. Fu una implosione del Regime o una stanchezza del Fascismo nato con la Marcia su Roma? I dettagli offrono possibilità di verifiche intorno ad almeno tre aspetti che riguardano: la Monarchia il Vaticano il mondo ebraico.
Perché non metterli insieme questi aspetti? Siamo convinti che nel Luglio del 1943 la guerra per l’Asse era già persa? O si perse nel momento in cui il Re si arrese a ciò che stava dietro al maresciallo d’Italia Badoglio? Chi ci stava dietro? Il legame tra i Savoia e le Nazioni anglosassoni era forte. Si pensi come sui Borbone presero il sopravvento in un Regno di Napoli potente economicamente, che si arrese a Cavour Crispi e Giolitti successivamente e, non a Garibaldi.
Un legame cosi forte che gli americani usarono lo strumento di un Referendum, quasi farlocco, per impedire loro di continuare a governare e cacciarli dal suolo italiano imponendo quanto loro stessi hanno definito “democrazia”.
Ma veniamo al punto della questione. Ho analizzato attentamente nel corso degli anni passati il problema, soprattutto quando scrissi il libro su Giuseppe Caradonna (1995) e ancor prima circa la corrispondenza di Claretta Petacci a Mussolini e lo studio su Giuseppe Bottai e Italo Balbo. Ebbene.
Nella corrispondenza e nelle ultime telefonate tra Clara e Ben non ci sono soltanto scambi amorosi. Si va oltre. Perché Claretta, famiglia Petacci, attenzione al nome e al rapporto del padre di Claretta con il Vaticano, scongiurò Mussolini di non andare dal Re dopo lo sfaldamento del Gran Consiglio?
Perché prima del Consiglio scongiurò lo stesso Mussolini di andare armato alla riunione e in una telefonata invocò il suo Ben di fare arrestare tutti i “traditori”? Perché il Duce degli Italiani accolse la proposta di presentarsi in abiti civili a Casa Reale?
Resta un dilemma? Direi di no. Chi aveva previsto tutto furono Giuseppe Caradonna che aveva ricoperto la carica di Vice presidente del “collegio” della Camera e più volte sottosegretario e addirittura profeticamente Italo Balbo ucciso nei cieli di Toubrouk tre anni prima.
Caradonna conosceva molto bene, lo dico in quel mio libro, la collocazione del mondo ebraico nella scacchiera internazionale. Quando si parla di scacchiera ebraica, la stessa non appare esattamente quella che Primo Levi seppur devastato dalla infame deportazione, ha inteso fornire. Ma molto più. Dopotutto Levi di identità ebraica citando Manzoni richiama a una Nazione condivisa. Ovvero all’idea di potenza ebraica. Lo si sta d’altronde vivendo in questi giorni il clima avviato dal 1945.
Caradonna aveva compreso bene che il Fascismo o è identitario o non può essere una “rivoluzione” all’interno di quel socialismo che Mussolini esprimeva sia su “l’Avanti” che sul “Popolo d’Italia”. Ma Caradonna fu messo da parte. Costrinsero a metterlo da parte.
Con Balbo accadde una situazione similare. E fu uomo e politico che con attenzione analizzava comprendendo i dinamismi della politica estera. Altro che Dino Grandi che non capì mai la situazione. Come d’altra parte Mussolini, dimostrò quanto poco si intendesse di politica internazionale. Balbo prima emarginato e poi spedito in Libia dove aveva creato collegamenti con le grandi Potenze compresa l’ Unione Sovietica consapevole della forza attrattiva di Balbo. L’unico che avrebbe potuto salvare la “notte dei lunghi coltelli” era Giuseppe Bottai il quale aveva creato un gruppo di pensiero importante con “Primato”, rivista che uscì, guarda un po’, sino alla prima metà di Luglio del 1943 iniziando la pubblicazione nel 1940.
In sintesi.
Mussolini sapeva o no cosa sarebbe accaduto il 25 Luglio? Come faceva a non saperlo se Claretta era a conoscenza, se sua moglie Rachele quasi gli impedì di uscire da casa, se Margherita Sarfatti ebrea era stata intima di Benito. Se la figlia Edda era la moglie di Galeazzo Ciano che da tempo preparava l’attentato? L’altra figura scomodissima in quel contesto fu Giovanni Gentile, ma non poteva dare fastidio perché si occupava di Vico e della Treccani, però sapeva. Infatti viene ucciso quasi un anno dopo.
Molto semplice oggi parlare di un dittatore, Mussolini, e di un folle criminale quale fu Hitler. In gioco c’era l’Europa. Non quella sognata dai Ventotene, in un circo di prestigiatori e acrobati, ma quella che avrebbe avuto al centro due Imperi e trasversalmente il pianeta ebraico. Più che un dittatore Mussolini era un rassegnato. Ma è possibile realmente pensare che Ciano tradì il suocero? O fu anche lui ingannato? O lo fece per ritrovata volontà monarchico liberale?
Due donne avevano percepito tutto, Clara e Rachele, e il Dux non aveva percepito nulla? Ma sono storielle che servono ancora agli antifascisti di ieri e a quelli di oggi che non sanno di cosa parlano.
L’ultimo atto venne compiuto, pensate un po’, da Palmiro Togliatti. Ministro di Grazia e Giustizia e uomo di Stalin, uomo potentissimo, in un tempo di cosiddetta pre democrazia. La grazia per i fascisti. Qui è tutto. Ci fu in altri termini una strategia a maglie. Si doveva cambiare la scacchiera del mondo e della geografia dei confini e soprattutto quella economica.
Infine. Perché Mussolini accettò di riunire il Gran Consiglio nonostante tutto? Lo dico nel mio libro su Caradonna, su Claretta Petacci su Luisa Ferida su Osvaldo Valenti. Edda Mussolini fu una testimone scomoda. Ma non parlò dopo il Processo di Verona.
Comunque. Anglo Americani. Vaticano. Monarchia. Scacchiera ebraica. Accettazione sovietica. Quattro pilastri di una strategia abnorme. Oggi facciamo uscire la Monarchia o meglio i Savoia da questo discorso e mettiamo agli angoli il Vaticano. Osserviamo la geopolitica nello specchio attuale e cerchiamo di riflettere su ciò che è accaduto nel 1943. Lo specchio rifletterebbe ciò che letterariamente e tragicamente visse Oscar Wilde non vivendo da Alice.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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