Dai cardinali al “christian nationalism”: la galassia conservatrice Usa che non vuole un nuovo Bergoglio

  • Postato il 25 aprile 2025
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“Al sud, la repressione. Al nord, la depressione“. Quarantasette caratteri sono bastati a Eduardo Galeano per offrire un’istantanea di due mondi: il primo, dove fame e violenza contrappongono la libertà delle élites alla sete di giustizia degli ultimi. Il primo ingordo di benessere e annoiato della democrazia. Ne sapeva qualcosa Jorge Mario Bergoglio nato nel 1936 e cresciuto a Buenos Aires. Al punto di conoscerne l’inghippo: la vernice d’Occidente, che tuttora nasconde desaparecidos ed emarginati. E questa sua caratteristica lo rese un ponte tra centro e periferie, nord e sud, gruppi dominanti e subalterni.

Il nemico naturale: il fronte anti-Bergoglio – Fratture ben presenti al nemico naturale, l’ultradestra cattolica statunitense che, forte del ritorno di Donald J. Trump alla Casa Bianca, ha disposto un vero e proprio arsenale propagandistico per impedire il ritorno di un altro Bergoglio a Roma. Tra questi vi sono i think tank conservatori che si oppongono alla svolta di Francesco come Heartland Institute, the Action Institute, Heritage Foundation, il Napa Institute, El Yunque del Messico e l’ormai estinto Dignitatis Humanae Institute. Quest’ultimo è stato guidato dal cardinale statunitense Raymond Leo Burke, conservatore al punto di aver attaccato Benedetto XVI e contrario alle riforme di papa Francesco. A questo elenco si uniscono i cardinali Robert Sarah e Gerhard Ludwig Müller – che ha parlato a Repubblica della chiusura di un «capitolo della storia della Chiesa» – e l’ex-nunzio Carlo Maria Viganò. Tra le fila del fronte anti-Bergoglio ci sono anche mezzi di comunicazione tradizionali come Ewtn e non convenzionali, più impegnati a infangare il nome di Francesco sui social.

Verso il Conclave – Tuttavia il vero obiettivo dell’Internazionale reazionaria è il Conclave, con l’ambizione di influenzarne l’esito anche prima dell’annuncio della morte del Pontefice. Al punto di creare piattaforme ad hoc, come College of Cardinal Reports (CCR) sostenuto da Sophia Institute Press (casa editrice conservatrice, fondata nel 1983 e diretta da Brady Adams). Il CCR è in realtà un volgare catalogo che distingue i cardinali tra papabili e no, classificandoli a seconda dei temi ritenuti più preoccupanti per il futuro della Chiesa: il cambiamento climatico, la via sinodale tedesca, il diaconato femminile, il memorandum Santa Sede – Cina e altri argomenti. Il portale propone quindi la conoscenza delle qualità richieste per l’elezione del nuovo Papa con tanto di mappa interattiva. Ma questi gruppi sono usciti anche dalla sfera digitale, con incontri presenziali organizzati da Acton alla presenza di alcuni porporati. Uno dei più recenti si è svolto nella località lusitana di Sintra.

Una Chiesa a stelle e strisce? – Lo storico Massimo Faggioli, docente alla Villanova University in Pennsylvania, ha addirittura parlato all’Ansa dell’esistenza di «un progetto politico, anche intellettuale, per ricostruire un cattolicesimo “all’americana”». La religione come strumento della politica estera di Washington, insomma, sulla falsariga di quel protestantesimo post 9/11 con pulpiti animati da sermoni a sostegno del Patriot Act e dell’invasione Usa in Iraq. È il Christian nationalism, che secondo la giornalista Katherine Stewart riunisce «evangelici bianchi, cattolici conservatori, pentecostali e neo-carismatici». Stewart ne parla nel volume “Money, lies and God – Inside the movement to destroy American democracy”, sottolineando a msmagazine.com che questi ultimi «rappresentano la fetta più numerosa e affidabile degli elettori di Trump».

Le ragioni dell’odio – I perché dell’odio sono diversi: in dodici anni di Pontificato, Francesco ha combattuto disuguaglianze e ingiustizie mantenendo «l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via», come si legge in Evangelii Gaudium (n.195). Bergoglio ha anche restituito senso di universalità alla Chiesa, ricordando che essa è «molto più grande di Roma». Gli ambienti conservatori di Washington non gli perdoneranno mai il memorandum d’intesa con la Cina: ricordiamo l’allora segretario di Stato Mike Pompeo recatosi a Roma per impedire che l’accordo andasse in porto. Non vanno giù neppure le posizioni sulla guerra a Gaza – con l’aperta ostilità di Tel Aviv -, le denunce contro «un’economia che uccide» e l’attenzione data ai cambiamenti climatici.

Contro ogni privilegio – Altra spina nel fianco è la sua opposizione ai privilegi: l’abbassamento dei salari e la fine degli appartamenti gratis per cardinali e dirigenti della Santa Sede applicati nel corso del 2023, così come la Riforma economica avviata già dalla sua elezione. «Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri», aveva detto in un’intervista rilasciata poco dopo la sua elezione ricordando che «non si possono servire due padroni, Dio e il denaro, nello stesso tempo». E lo ha fatto lui per primo, rinunciando ai simboli del potere papale. L’ultimo gesto: la donazione di 200mila euro al pastificio del carcere minorile di Casal del Marmo. Tali gesti gli sono valsi le etichette di populista, comunista e anti-Papa. Chissà quanto ci vorrà per interiorizzare Francesco, che non odiava l’Occidente ma amava la Chiesa. E con lei l’umanità tutta.

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Il Fatto Quotidiano

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