“Datemi l’ergastolo”, così il femminicida Luigi Morcaldi si è arreso alla polizia dopo aver ucciso Luciana Ronchi
- Postato il 23 ottobre 2025
- Cronaca Nera
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Datemi l’ergastolo”. Le mani alzate davanti agli agenti della Polizia locale che lo stavano cercando da ore. Così con la voce quasi calma, Luigi Morcaldi, 64 anni, che aveva accoltellato a morte l’ex moglie, ha chiuso la sua giornata di sangue. Era tra gli alberi del Parco Nord, dove aveva vagato per ore, sporco di sangue e dove ha gettato il coltello con cui ha massacrato Luciana Ronchi, spirata al Niguarda dove hanno tentato di salvarle la vita. Il femminicida era lì: “Mi stavate cercando, ma io ero sempre qua”. Non si era mai davvero allontanato dal luogo del delitto, da quella casa di via Grossini dove fino a tre anni fa aveva vissuto con l’ex moglie e dove alcuni vicini lo avevano visto appostato come in agguato almeno da una settimana.
La vittima 62 anni, lavorava in una mensa e aveva finalmente ritrovato un po’ di serenità. Aveva ricominciato a sorridere, dicono i vicini. Da settimane però qualcuno la osservava dall’altra parte della strada, fermo sullo scooter, a fissarla in silenzio. L’uomo da cui si era separata nel 2022, dopo litigi, tensioni, e un intervento delle forze dell’ordine mai seguito da una denuncia. Un uomo che non accettava la fine.
Mercoledì mattina, poco dopo le dieci, l’ha aspettata sotto casa. Lei l’ha visto arrivare, casco in testa, mani in tasca. “Te ne devi andare” gli avrebbe detto. Morcaldi ha cominciato a colpire prima al volto, poi al collo, recidendole la giugulare. Luciana Ronchi ha cercato di scappare verso il portone, ma lui l’ha raggiunta gridando: “La casa è mia!”. Si è accasciata sull’asfalto, dove poi la scientifica ha per tutto il resto del giorno eseguito i rilievi..
Morcaldi è scappato in scooter, poi ha lasciato il mezzo e si è rifugiato in un’auto, dove ha abbandonato una giacca insanguinata e una lettera contro di lei e contro il figlio, Andrea, 28 anni, con cui aveva rotto ogni rapporto. Poi ha vagato nel parco, senza più direzione, fino a sera. È stato tradito da un dettaglio: per un istante ha acceso il cellulare. Gli agenti della polizia locale l’hanno trovato tra gli alberi, vicino a un chiosco, a un chilometro e mezzo da quella che era stata la sua casa. Non ha opposto resistenza: “Stanotte dormo in galera”. Luciana Ronchi è morta un’ora dopo, in sala operatoria, all’ospedale Niguarda.
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