Detassazione della tredicesima: ecco di quanto aumenta lo stipendio

  • Postato il 9 ottobre 2025
  • Di Panorama
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Meno tasse sulla tredicesima. Il governo sta valutando di inserire nella Legge di Bilancio (in arrivo la prossima settimana) la detassazione della mensilità che arriva a dicembre a dipendenti e pensionati. L’idea, spinta da Forza Italia e accolta con prudenza dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, rientra nell’obiettivo di alleggerire la pressione fiscale sul lavoro, restituendo potere d’acquisto alle famiglie e spingere i consumi di fine anno. Tredicesima detassata vorrebbe dire più soldi per i lavoratori. Ma la tredicesima, oggi, genera circa 14,5 miliardi di gettito fiscale per lo Stato. Una sua esenzione, anche solo parziale, avrebbe dunque un impatto significativo sui conti pubblici.

Tredicesima: come funziona oggi e come potrebbe cambiare con la Manovra

La tredicesima è una mensilità in più che spetta ai lavoratori dipendenti (pubblici e privati) e ai pensionati. Fiscalmente è trattata come un normale stipendio: subisce il prelievo contributivo (mediamente il 9,19%) e l’Irpef secondo i tre scaglioni in vigore (oggi 23%, 35% e 43%). A differenza delle altre mensilità, però, sulla tredicesima non si applicano le detrazioni per lavoro dipendente o per carichi familiari. Il risultato è che, a dicembre, la gratifica risulta più “leggera” del previsto. Sul tavolo tecnico del Ministero dell’Economia e delle Finanze circolano due ipotesi principali per cambiare la situazione.
La prima ipotesi è l’esenzione totale dall’Irpef sulla tredicesima. Sarebbero applicati solo i contributi previdenziali. Secondo le simulazioni della Fondazione nazionale dei commercialisti, un lavoratore con un reddito annuo lordo di 30 mila euro guadagnerebbe circa 500 euro netti; con un reddito di 50 mila euro, l’aumento arriverebbe a 1.222 euro. Ipotesi salata per lo Stato: fino a 14,5 miliardi di euro di gettito Irpef da compensare con nuove coperture.
La seconda ipotesi è l’imposta sostitutiva agevolata al 10%. Un cambiamento più prudente, che prevede una tassazione fissa al 10%, simile a quella già applicata ai premi di produttività. In questo caso per un lavoratore da 30 mila euro il guadagno sarebbe di 272 euro netti, mentre per chi guadagna 50 mila euro arriverebbe a 873 euro. Il costo per lo Stato, in questo caso, sarebbe stimato in 6-7 miliardi, un onere dimezzato rispetto all’esenzione totale ma comunque rilevante. Alla detassazione della tredicesima si potrebbe aggiungere anche la riduzione dal 35% al 33% dell’aliquota del secondo scaglione Irpef (28-50 mila euro) l’effetto sarebbe rafforzato sui redditi medi. Guardando alla prima ipotesi il guadagno sarebbe da 885 fino a 2242 euro a seconda del reddito annuo (da 35mila a 60mila) e nella seconda ipotesi da 638 euro a 1823 euro.

Detassazione della tredicesima: gli effetti sui conti pubblici

Secondo la Cgia di Mestre, le tredicesime corrisposte nel 2024 hanno raggiunto un valore complessivo di 59,3 miliardi di euro lordi, generando circa 14,5 miliardi di entrate fiscali per l’Erario. Un’esenzione totale cancellerebbe di colpo questa entrata, mentre un’aliquota sostitutiva al 10% ridurrebbe il gettito di circa 8-9 miliardi. Senza risorse aggiuntive o compensazioni strutturali, una detassazione piena rischierebbe di entrare in conflitto con gli obiettivi di deficit e con i vincoli europei in materia di bilancio. Non si esclude, dunque, una versione sperimentale della misura, limitata ai redditi fino a 35 mila euro, per contenerne l’impatto e testarne gli effetti sul sistema fiscale e sui consumi.

Autore
Panorama

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