Dollaro debole, Cina in agguato. La mossa della Pboc
- Postato il 10 luglio 2025
- Economia
- Di Formiche
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L’occhio della Cina. Gli Stati Uniti hanno più di un motivo per guardarsi le spalle dal Dragone. Non c’è solo la battaglia dei dazi, l’avanzata delle stablecoin e il rullo compressore dell’auto elettrica. C’è anche la moneta. Da quando Donald Trump ha rimesso piede alla Casa Bianca, il verdone ha cominciato a perdere, lentamente, terreno. Due conti, per capire. Dall’inizio dell’anno il biglietto verde ha perso il 13,5% nel cambio con l’euro. Ciò significa, in termini reali, che per un europeo comprare prodotti americani costa di meno ma, nella stessa misura in senso opposto, i beni europei sono più costosi per i consumatori statunitensi. Senza distinzione alcuna di tipologia di prodotti, per di più, l’indebolimento della moneta si spalma su tutto.
Fatta questa premessa, c’è chi può approfittare di tale situazione. Ed è proprio la Cina. Attenzione, bisogna sempre ricordare che il dollaro rimane la valuta su cui poggia il sistema monetario globale e questo ordine di cose rimarrà tale per almeno qualche decennio. Ma alla Banca centrale cinese sono convinti che una spallata al verdone e agli Stati Uniti la si possa dare. Altrimenti come si spiegherebbe il fatto che la Pboc, la Banca centrale cinese per l’appunto, abbia contattato alcune tra le principali istituzioni finanziarie per valutare il sentiment del mercato in merito all’attuale debolezza del dollaro statunitense.
Secondo fonti vicine alla questione citate da Reuters, la Pboc ha inviato la scorsa settimana un sondaggio informale per sondare le opinioni sui motivi per cui il dollaro è in calo, sulla durata prevista di questa tendenza e sulle sue possibili implicazioni per lo yuan cinese. Non è certo un mistero che, nei sogni di Pechino, ci sia lo spostamento del baricentro monetario verso est, con lo yuan pronto a fungere da fulcro alternativo. Uno scenario che, almeno nella logica cinese, potrebbe rafforzarsi alla luce dell’indebolimento del dollaro. Il quale dall’inizio di aprile, quando Trump ha annunciato il congelamento dei dazi, il ha perso il 6,6% poiché i mercati hanno iniziato a scontare politiche commerciali e fiscali più accomodanti da parte degli Stati Uniti.
Al contrario, lo yuan cinese è rimasto relativamente stabile, guadagnando circa l’1,3% nello stesso periodo. Questa è una buona notizia per consumatori e importatori, ma non altrettanto per gli esportatori cinesi che improvvisamente si ritrovano con i loro beni più cari sul mercato globale. Questo però al partito importa fino a un certo punto. E infatti, la stessa Pboc preferisce da tempo la stabilità dello yuan alle brusche variazioni e il suo governatore, Pan Gongsheng, ha affermato all’inizio di quest’anno che mantenere lo yuan “ragionevolmente stabile” è essenziale per la fiducia sia interna che globale.
Lo stesso Gongsheng ha annunciato l’istituzione di un centro operativo internazionale lo yuan digitale a Shanghai, ribadendo l’ambizione della Cina di far diventare lo yuan una valuta globale. Alla metà del giugno appena trascorso, sei banche straniere – Standard Bank, African Export-Import Bank, First Abu Dhabi Bank, Eldik Bank, United Overseas Bank e Bangkok Bank – si sono unite al sistema di pagamento interbancario transfrontaliero cinese. Basato sullo yuan. Appunto.